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Un “leave” che viene da molto lontano

di Sibilio Francesco

Il 23 Giugno 2016 passerà alla storia come il giorno in cui uno dei Paesi più rappresentativi, con la capitale Londra espressione universale della città “cosmopolita”, decide di dire basta a questo modello di Unione Europea e decide, attraverso un referendum, di abbandonarla definitivamente.

In questo articolo non analizzeremo le conseguenze di tale scelta da un punto di vista economico (anche perché gli stessi analisti non sono concordi tra di loro), quanto piuttosto, quello che a noi risulta fondamentale analizzare: le scelte politiche dell’attuale governance dell’Ue stanno portando la stessa ad un disfacimento.

Negli ultimi anni, con l’acuirsi della crisi, è stato fuor di dubbio che l’Ue ha viaggiato a due velocità diverse: una elevata, rappresentata dalla Germania e i Paesi del Nord Europa, i quali, dall’entrata dell’euro, hanno visto una crescita economica e sociale elevatissima.
E l’altra, molto più lenta, rappresentata dai Paesi del Mediterraneo (Italia, Grecia, Spagna), che hanno visto il loro sviluppo nel corso degli anni, passando addirittura in recessione.

Bene, la politica dei vertici dell’Ue (i vari Tusk, Juncker, Schulz), al posto di cercare di mitigare tale fenomeno, è stata quella di incrementare tale disparità, adottando misure rigide come la “Troika” e una severa austerità, creando nello Stato più in difficoltà, la Grecia, un sentimento anti europeo che si è espresso in un “No” ad un referendum sull’accettazione delle misure imposte da Bruxelles.
Ed è questo il punto: nel corso di questi anni, in tutti gli Stati dell’Ue, i partiti euroscettici ed aspramente critici nei confronti della comunità europea hanno visto le loro preferenze accrescersi sempre di più: basti pensare alla Le Pen in Francia, il partito “Alba Dorata” in Grecia, la “Lega” in Italia e soprattutto, l’Ukip nel Regno Unito, guidato da Farage.

Lui, insieme al conservatore Johnson, sono stati gli artefici della campagna del “Leave” puntando tutto sull’annoso problema dell’immigrazione, vero tasto dolente dell’Unione Europea, la quale non è stata in grado di prendere delle decisioni drastiche e ben precise.

Si è assistito, soprattutto nel corso degli ultimi due anni, a costruzioni di barriere poi ritirate, muri di separazione al confine, che per una comunità europea è inammissibile: dove è andato a finire il concetto di “comunità solidale e europea”, uno dei capisaldi della stessa Unione?

Oggi tutti ci rammarichiamo della scelta inglese, ma se ben osserviamo, i segnali affinchè avvenisse ciò già ci erano stati e siamo stati ciechi a non vederli.

Napoli, 28 giugno 2016

 

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