La fontana Fonseca
La fontana Fonseca
di Pio Gargano*
Nella storia della città di Napoli, le fontane hanno da sempre avuto un ruolo di grande importanza non soltanto decorativo ed architettonico, ma anche e soprattutto di tipo mistico-culturale.
Ancora oggi sono considerate in parte, come un simbolo di celebrazione del potere, della grandezza, della magnificenza della città.
In passato, i sovrani che negli anni si sono succeduti sul trono di Napoli, uno dopo l’altro, furono sovente favorevoli alla costruzione e realizzazione di elementi architettonici ed alla creazione di monumenti anche a scopo puramente decorativo, come appunto una fontana.
In Largo Sermoneta si erge, imponente, la fontana Fonseca, meglio conosciuta come fontana del Sebeto. Essa fu costruita nel 1635 per volere del vicerè Manuel Zuñiga y Fonseca conte di Monterrey che incaricò del progetto Cosimo Fanzago, il quale si avvalse della collaborazione del figlio Carlo e di Salomone Rapi.
La sua iniziale collocazione era alla fine della strada Gusmana, detta in seguito salita del Gigante (odierna via Cesario Console), addossata ad un muraglione che affacciava sul sottostante arsenale e posizionata di fronte a via Santa Lucia.
Nell’anno 1900 la fontana fu però smontata e portata nei depositi comunali. Solo nel 1939 fu ricomposta nell’attuale collocazione, dopo che negli anni trenta fu realizzata la colmata del tratto finale di via Caracciolo.
“Questa fontana risorge in riva al mare di Posillipo” .
Non essendo più addossata ad un muro, una volta collocata in Largo Sermoneta fu necessario progettarne una facciata posteriore, lasciata liscia, sulla quale venne sistemata un’epigrafe.
La base della fontana è tutta in piperno. La parte superiore è composta da tre vasche in marmo, di cui la centrale è quella più grande e sporgente. Su di questa si elevano due mostri marini dalle cui bocche riversa l’acqua.
La scultura di rilievo è posta al centro ed è rappresentata da un anziano barbuto, simboleggiante il fiume Sebeto, l’antico corso d’acqua che scorreva nel cuore dell’antica Neapolis.
I due tritoni ai lati della fontana hanno sulle proprie spalle delle buccine che riversano l’acqua nelle vasche laterali. In aggiunta alla fontana vi è una lapide, sormontata dai tre stemmi del viceré, del Re di Spagna e della città di Napoli.
Si presume che, quando Cosimo Fanzago progettò la fontana, il Sebeto era già del tutto scomparso, anche se viene citato nella storia di Masaniello scritta da Tommaso de Santis. Sembra infatti che il cadavere del rivoluzionario, morto nel 1647, sia stato immerso proprio nelle sue acque: “Quivi lo rizzarono, e lavato che l’ebbero al Sebeto, lo portarono a Port’Alba”.
Il ricordo del fiume ormai scomparso, che un tempo era parte integrante e vitale della nostra città, rimane in vita attraverso opere come queste.
Al di là del trasporto emozionale che suscita la scultura, la fontana si presenta, allo stato attuale, in un notevole stato di abbandono.
Facendo delle ricerche, si scopre l’esistenza di Art bonus:
un’iniziativa nazionale inquadrata nelle “Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo”.
Il Comune di Napoli, con la Delibera di Giunta comunale n. 768 del 19/11/2015 proposta dall’Assessore Carmine Piscopo, ha aderito a tale iniziativa attivando la raccolta fondi per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, e restauro dei beni culturali pubblici.
Per info:
http://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/28919
http://artbonus.gov.it/fontana-del-sebeto.html
*foto di Pio Gargano
Napoli, 29 marzo 2018