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La discendente di Eva e il richiamo della roba

di Martina Tafuro

Mia madre è diventata
persona adulta senza il
cellulare, di cui però
oggi non si riesce a
fare a meno.
Non vi sorge il
dubbio che ci abbiano
addomesticato?

Sono completamente immersa nel periodo dell’anno in cui tutti siamo impegnati (o obbligati?) in prime comunioni, matrimoni ecc. ecc. perché non mi sento a mio agio?

Questa è l’epoca della tecno-tristezza, dove il vocabolo attendere è diventato sinonimo di screanzato. Le anime degli uomini e delle donne, ormai digitalizzati, hanno innestato il correttore automatico e gli è stato imposto di sostituirle con l’aggettivo istantaneo.

Felicità, ricchezza, lusso, sono anelli di un’unica catena, se se ne spezza uno crolla l’intera costruzione fatta di mattoni a base di disillusioni.

Che cos’è dunque questa insopprimibile forza che ci spinge a ricercare fasti e agiatezza?

Il lusso e la ricchezza è un diritto che contempla il godimento di feste, gioielli, ville, vivere negli eccessi e ancora di più. Il solito buonista mi fa: “Cos’è il lusso, il piacere che ti dà una cosa o il fatto di possederla?”. Di rimando, io… la cattiva, rispondo: “È puntare al massimo, è volere sempre di più, non essere soddisfatti. Mai. È avidità e invidia”. Il buono: “Tu non sai di cosa parli. A volte il vero lusso sta nelle cose più semplici”. La cattiva: “Sei solo un sognatore”.

L’1% più ricco della popolazione mondiale possiede quando il restante 99%. Inoltre, il divario tra i due gruppi continua a crescere, pensate che l’82% dell’incremento di ricchezza netta registrato nel mondo, tra marzo 2016 e marzo 2017, è andato in tasca a questi super ricchi, mentre al 50% più povero, costituito da 3,7 miliardi di persone, non è arrivato nulla.

L’attuale bizzarra comunità sociopatica, vi seduce continuamente con il suo liturgico totem del desiderio di possedere delle cose, la presunzione e la certezza che vi fa respirare è che il valore della persona si possa calcolare in base a ciò che ha portato in dote, anche nelle semplici relazioni.

Rimestando nel mio passato da liceale, mi è ritornata in mente “La roba”, celebre novella di Giovanni Verga.

Racconta di Mazzarò, un fittavolo, che lavorando sodo è riuscito a strappare i beni al suo aristocratico padrone, inetto a causa di una vita trascorsa nella sazietà e nella decadenza.

Mazzarò, non si procura le cose disonestamente, ma questo non basta a rendere le sue risorse un bene, poiché egli con il passare del tempo si procura le cose semplicemente per il desiderio di possederle.

Giunto alla fine dei suoi giorni e sapendo che la morte sta per arrivare, decide di distruggere ciò che ha accumulato nel folle tentativo di portarsi tutto nella tomba.

Il contadino finisce i suoi giorni “ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini” e gridando: “Roba mia, vientene con me!”.

Verga era ateo, forse massone ed è paradossale che il Comandamento“Non desiderare la roba d’altri”, sia tra i valori di un ateo e per giunta in odore di anticlericalismo.

Ecco il punto: la roba.

Romando Guardini, prete e teologo, afferma che la roba ci addomestica.

Può sembrare vero il contrario perchè le cose ci servono, siamo cioè noi a utilizzarle, non l’inverso.

Ma, come nel racconto del Verga la roba rimanda al possesso, di contro il possesso teme essenzialmente l’espropriazione, quindi introduce l’essere umano avido in una dinamica di incremento continuo, nel quale è difficile riconoscere la differenza tra legittima aspirazione a crescere e la nociva avidità ad accumulare.

È come se il possedere, lontano dal saziare la nostra fame di beni, continuasse a incoraggiarla, facendo del desiderio una spirale autoreferenziale che guarda agli altri essenzialmente come a dei concorrenti.

Alla fine di questa corsa c’è la follia di Mazzarò che non è altro che l’effetto di una follia precedente, quella dell’accumulo per il gusto di farlo che lo ha annegato nel suo egoismo, addirittura rendendolo incapace di guardare la morte come la fine della vita materiale.

La logica della mia…difettosa… fede è differente, certo non respinge i beni, ma li inserisce in una classifica di precedenza, vale a dire li struttura e li asservisce alla vita invisibile, quella che supera la barriera della morte, poichè l’amore si accresce suddividendolo.

Io dico che il Comandamento è la solida garanzia della mia libertà.

Napoli, 21 maggio 2019