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Della vendita di chat in chat

di Giulia Di Nola

Di certo Wanna Marchi non è stata la prima, né la sola, né l’ultima, nel settore delle televendite, a truffare migliaia di telespettatori grazie alle sue spiccate capacità comunicative.

A distanza di anni dall’ arresto della Marchi e di sua figlia Stefania Nobile, il vendere, l’approcciare e l’imbonire gli utenti sono cambiati anche se non di molto.

Dall’urlo stordente, adescante, unito a una gestualità suadente, caratteristici della conduttrice di successo, si è passati al silenzio capzioso ma logorroico della virtualità; a quello, cioè, delle immagini incisive a essa annesse che ricordano la televisione spazzatura degli andati anni ‘90.

Con una semplice richiesta d’amicizia e con un altrettanto semplice tag, ci si ritrova a far parte d’una lunga catena di etere-compravendite inerenti prodotti “vegani”, intrugli casarecci e rustici che nel giro di poche ore e senza sacrificio alcuno, si ripromettono di farci dimagrire e avere un corpo perfetto così come, oggi, la società c’impone.

Non si tratta, quindi, di enciclopedie da piazzare porta a porta, né di set di coltelli da cucina, né di batterie di pentole da smerciare: si tratta di sostanze di dubbia provenienza e arrangiate alla meglio dietro le quinte di finti e utopici altari domestici dove il tempo viaggia liscio e la pace regna indisturbata.

L’inesistenza di leggi che regolamentino il variopinto universo delle reti, l’ingenuità nostra e la mancanza d’una solida attività lavorativa incentivano questo tipo di contatti a scapito, naturalmente, della nostra, a volte, già precaria salute fisica.

Così, al dimagramento mentale del “tutto scorre sul web e nulla resta”, s’aggiunge, purtroppo, anche quello ipotetico e insano del dimagramento corporale.

Napoli, 9 settembre 2017