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Auguri Terra. Ti proteggerò perché ti voglio bene!

di Martina Tafuro

Sul finire di quest’anno mi risuonano in mente, più forti che mai, le parole di Don Tonino Bello:

“Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame”.

La provocazione di questo scomodo e amato prete, mi invita a riflettere sul concetto/forza di libertà, intesa come strumento per realizzare la felicità.

Il mio concetto di libertà, è quello sancito nella rivendicazione dei diritti naturali con cui si apre la Dichiarazione di Indipendenza americana del 4 luglio 1776.

Nel documento è scritto che a tutti gli uomini vanno riconosciuti il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità. L’impulso, proprio dell’uomo, a realizzare la pienezza della libertà è un fenomeno che ha sempre destato meraviglia nei pensatori.

Non voglio tediarvi descrivendovi la filosofia di Kant, ma non si può negare che gli uomini desiderano la libertà e la cercano, perché in ogni accadimento si pongono domande che reclamano risposte. Che cosa è? Perché l’uomo la continua a cercare? Perché la scambia con beni che non la contengono? È una illusione o una speranza legittima?

Libertà, felicità, accoglienza sono e devono essere fari che ci guidano e fanno luce nel buio, affinché non ci perdiamo lungo il cammino dell’esistenza. Sono parole che esprimono il desiderio di relazione tra noi e gli altri, la ricerca e la lotta per il raggiungimento di questi obiettivi ci può far credere che si tratti di qualcosa che viene imposto dall’esterno e che ci impone un passivo assoggettamento. Se le cose stessero così, il naturale moto di ribellione sarebbe giustificato. Vere profonde queste belle parole, ma oggi ci arriva il messaggio che la libertà è la condizione nella quale non c’è alcuna forma di dipendenza, né vincoli da riconoscere. Qualcosa non torna!

Allora come esistono gli altri, non siamo mica tutti dei semidei e gli altri schiavi a cui imporre il nostro dominio?

Come la mettiamo con chi urla ai quattro venti che la persona libera, è chi recide ogni legame per dedicarsi esclusivamente al proprio interesse? Questi individui dietro l’apparente sicurezza sono fragili, non sopportano il limite, perché non sanno costruire rapporti duraturi con l’alterità.

Mi son reso conto frequentando la vita in parrocchia che, il più delle volte, avevo sì risolto il problema della libertà, ma non quello della socialità, del sentirmi parte di una comunità. Sembra che la mia parrocchia, sia orfana di persuasiva idealità e vigorose motivazioni. L’intero gregge vaga, tutti sono diventati volubili, individualisti, disponibili a contaminazioni e ipersensibili a fenomeni di leaderanza parrocchiale.

Eh già! il vostro Dio è troppo un affare di famiglia per liberarsene.

Ma io proseguo il mio cammino nel grande gioco della vita, sono figlia della libertà e ho la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e quotidianamente ho l’attrezzatura per inventarmi una vita carica di donazione, di silenzio, di coraggio.

Siamo nell’Antropocene, l’uomo ha uno spazio libero dove muoversi, ma l’esistenza non è più percepita come sua dimora. Vuole vivere in isolamento seguendo le sue pulsioni, non ascolta più la propria intimità, costantemente provocata a sostare, a mettere radici, a entrare in relazione.

Chi pretende di essere libero e vivere in solitudine è semplicemente un illuso, perché non tiene conto della socialità, essenza della persona. La dignità della persona, il rispetto delle scelte degli altri sono elementi essenziali nella costruzione di legami relazionali cercati e non imposti, è il percorso per diventare popolo maturo e non più schiavi. La libertà è la pista su cui correre per raggiungere la felicità, che non vuol dire soddisfare ogni genere di desiderio, ma quei bisogni fondamentali che rendono la vita bella.

Aldilà dei consigli a cambiare stile di vita, a non usare il denaro come potere, è importante riprendere la lotta per la conquista della libertà, in primo luogo credendo nella speranza. Se tante persone ritorneranno libere, si potrà cambiare la nostra società, ritornando ai principi che non siano quelli del denaro a tutti i costi, della crescita infinita.

“Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate”.

Inizia un nuovo anno, cosa ci proponi Martina?

Non parliamo sempre di abbattere gli sprechi. Vi propongo di rivedere i desideri.

Napoli, 31 dicembre 2018