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3 aprile 1948 è il via alla democrazia. Il Congresso USA ratifica il Piano Marshall.
di Matteo Tafuro

 

 

“Se l’uomo trova la soluzione
per la pace mondiale
sarà il più rivoluzionario ribaltamento
del suo record che abbiamo
mai conosciuto.”

George Catlett Marshall

 

 

“Serve un piano Marshall”, è il mantra che corre di bocca in bocca.

“Abbiamo bisogno di un piano Marshall contro la pandemia”.

Gestito dall’Unione europea secondo alcuni, dalla Banca centrale secondo altri.

Mi spiace contraddirvi, ma il piano Marshall, quello vero, fu un’altra cosa.

Il 3 aprile del 1948, esattamente settantadue anni fa, il presidente americano Harry Truman firmava una legge: l’Economic Recovery Act.

La legge, che il giorno prima aveva ottenuto il via libera del Congresso, puntava a sostenere con oltre 13 miliardi di dollari le economie dei paesi dell’Europa occidentale, in ginocchio dopo la seconda guerra mondiale.

L’iniziativa prenderà il nome di Piano Marshall, dopo il discorso pronunciato all’Università di Harvard dal generale e poi segretario di Stato George Catlett Marshall il 5 giugno 1947, in merito alla decisione Usa di avviare un piano di aiuti economico-finanziari in Europa.

L’Italia, versava in condizioni drammatiche con le città distrutte dai bombardamenti, reti ferroviarie quasi interamente impraticabili, disoccupazione e povertà diffusa.

Il nostro Belpaese fu uno tra i primi paesi ad usufruire dei suoi benefici e ad avviare un processo di ricostruzione in cui si realizzarono opere importanti per la ripresa economica del nostro paese. I miliardi di dollari stanziati dal governo USA per l’Italia furono destinati alla ricostruzione di linee ferroviarie, strade, ponti, acquedotti, fognature, case, industrie e aziende agricole.

Con il potenziamento delle strutture scolastiche, inoltre, l’Italia riprese la sua battaglia contro l’analfabetismo.

Nel discorso ad Harvard, Marshall disse: La nostra politica non è diretta contro alcun paese o dottrina, bensì contro la fame, la miseria, la disperazione o il caos”.

George Catlett Marshall (1880-1959)

Marshall, George C. (1880–1959)

Era un uomo dal carattere schivo, ma fine organizzatore e calcolatore infallibile.

Arrivato all’apice della carriera militare con la nomina a Capo di stato maggiore dell’esercito americano, vi restò dal 1939 al 1945.

Se gli Alleati avessero dato retta a George Marshall, invece che a Churchill e Montgomery, probabilmente la II guerra mondiale sarebbe finita un anno prima e senza l’invasione dell’ Italia.

Marshall pianificò lo sbarco in Normandia un anno prima, nel 1943.

Terminata la guerra, nel gennaio del 1947, fu nominato segretario di Stato dal presidente Harry Truman.

Subito dopo aver ricevuto la sua investitura politica, si mise all’opera per vincere anche la pace in Europa e, infatti, nel 1953 gli diedero il premio Nobel per la Pace.

Marshall, capiva lo stato miserevole in cui versava il Vecchio Continente e che doveva intervenire velocemente, con un forte piano d’aiuti economici, per evitare che i partiti comunisti occidentali, avanguardie sovietiche, crescessero fra le masse affamate e disoccupate.

Aiutato da pochi e fidati collaboratori, elaborò un piano di 500 miliardi di dollari americani attuali, in aiuti economici.

Prima di parlarne al presidente e temendo che il Congresso non lo avrebbe ratificato, lo rese pubblico, così facendo tutti gli oppositori si trovarono davanti al fatto compiuto.

Lo presentò con un discorso che tenne all’università di Harvard, Cambridge, Massachusetts, il 5 giugno 1947.

 Gli obiettivi del Piano Marshall erano:
- legare i paesi europei agli Stati Uniti, ponendo le basi per  l’Alleanza Atlantica (1949);
- frenare la diffusione del comunismo, che per Marshall si sarebbe estesa per la povertà;
- diffondere il capitalismo per creare una vasta area di moderna economia di mercato.

Il giorno dopo i giornali americani gli dedicarono solo un paio di righe e l’Ambasciata della Gran Bretagna non considerò il suo discorso degno di nota.

Leonard Miall, un corrispondente della BBC, ne aveva ricevuto una copia la sera prima da un amico del dipartimento di Stato e leggendolo a casa, aveva capito la sua importanza.

Chiamò Londra e disse che doveva essere mandato integralmente.

Lo lesse lui stesso e lo chiamò Apertura di Marshall.

A Londra, il ministro degli esteri britannico, a notte fonda, seduto sul bordo del proprio letto lo ascoltò alla radio e ne fu stupito e commosso.

Papa Pio XII ne fu subito entusiasta.

Georges Bidault, ministro degli esteri francese, pure ne fu colpito, ma andò su tutte le furie appena capì che i soldi sarebbero andati anche alla Germania.

Il primo ministro cecoslovacco Jan Masaryk apparve fuori di sé dalla gioia, ma non aveva fatto i conti con i sovietici e il 10 marzo 1948 volò, in circostanze mai chiarite, dalla finestra del proprio ufficio.

Non piacque a Stalin e ai comunisti europei.

I comunisti italiani si ribellarono con violenza, denunciavano il piano come un complotto ordito dagli americani, in combutta con Alcide De Gasperi, per schiavizzare il proletariato.

In Francia ci furono molti scioperi, con gli operai che non si limitavano ad abbandonare il posto di lavoro, ma che distruggevano i macchinari prima di andarsene.

Il 1° aprile 1948 Palmiro Togliatti parlando in una piazza italiana tuonò contro il Piano Marshall e disse che quei soldi ce li poteva dare l’Unione Sovietica…seguirono fischi e risate.

Con la primordiale gioiosa macchina da guerra, il 18 aprile 1948, perse le elezioni…. pensava di vincere a furor di popolo.

 Napoli, 2 aprile 2020