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Toni Servillo porta in scena la coscienza dell’essere umano nell’opera “Le Voci di Dentro” di Eduardo De Filippo

di Domenico De Gregorio

Una grande prima al teatro Bellini di Napoli per “Le voci di dentro” con Toni e Peppe Servillo. Una messa in scena appassionata, una regia, ad opera dello stesso Toni, che mette gli attori quasi in platea, dando la sensazione di essere tutti coinvolti nella narrazione della storia. Scritta nel 1948 Le voci di dentro segnano il passaggio di Eduardo De Filippo dalla scrittura pirandelliana a quella beckettiana unendo farsa e tragedia dando vita ad uno stile proprio. Abolita quasi del tutto la scenografia, ridotta a pochi oggetti essenziali per permettere agli attori di vivere il lavoro scritto da Eduardo De Filippo, Servilio riesce con estrema semplicità a raccontare la storia della coscienza umana attraverso la fedele lettura del testo originario privo di ogni sorta di rielaborazioni, eppure distante e lontano dal ricordo vivo e forte della commedia edoardiana. La paura, o meglio l’inevitabile confronto con il passato è stato da Toni Servillo scongiurato, le battute fedeli alla scrittura del maestro De Filippo, sono recitate con intonazioni e sottolineatura di parole completamente diverse, eppure altrettanto capaci di spiegare il dramma di Alberto Saporito, vittima di un sogno dai risvolti inaspettati, e della famiglia Cimmaruta nella quale si insinua il dubbio del sospetto animato dalla voce della coscienza di ogni suo membro. Toni Servilio porta con se, sul palco, un cast di grande spessore, tra di essi il fratello Peppe Servillo, che interpreta proprio il fratello Carlo, un Carlo Saporito in evoluzione, dapprima incavato e in tono minore, per poi svelare nel secondo tempo il suo lato astuto e calcolatore estremamente moderno ed attuale. Con loro sono tra gli altri Gigio Morra, Pasquale Cimmaruta, Betti Petrazzi, nel difficile ruolo di Rosa, ma anche giovani e promettenti attori come Vincenzo Nemolato, Luigi Cimmaruta, e Chiara Baffi, la cameriera Maria. La messa in scena si avvale dunque di un testo forte, reso più leggero dalla moderna e veloce recitazione. I tre atti scorrono veloci senza interruzione fino all’epilogo finale quando Alberto Saporito decide di svelare il mistero della coscienza umana, in un finale un po’ affrettato e confuso in tono decisamente minore rispetto al peso ed all’importanza assegnata da Eduardo.

Napoli, 3 gennaio 2015