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UN SALUTO, NON UN ADDIO

Non che ci sia venuta meno la voglia di fare.. stare davanti per essere testimoni del tempo, non come posizione di primato, ma come postazione di servizio, perché nello spirito di servizio che questo periodico annuncia la sua nascita…

Annuncio e denuncia, quindi; annuncio vigilante e denuncia sollecita e costante, per coniugare i due termini in funzione della città e dei quartieri…

Noi non saremo mai assopiti e mai assenti, nel registro della ferialità metropolitana…

Cara e gentile signora Tina, con le parole tratte dal primo editoriale del nostro giornale, datato 2 luglio 2001, chiudo la mia presenza, ridotta ormai al mero mantenimento del mio nome, come editorialista.

Non che mi sia dissociato – o mi distanzi – dal convoglio che ancora – e per fortuna – sferraglia intrepido sui binari sempre più deboli e i incerti della nostra quotidianità.

Tutt’altro!

Vorrei che al posto mio ci fosse un editorialista presente a dar voce, come ho fatto io, a chi voce non ne ha e a chi, pur avendola, parla al vento. Ciò perché,  sempre, come prima o più di prima, non c’è ascolto, interessato e competente, per “assieme “ risolvere i problemi comuni.

Giri di parole? Boh! Nella giostra quotidiana c’è spazio anche per questo…soprattutto per questo.

Venivamo da lontano, con Peppino Pizzi, un altro tenace sostenitore del risveglio culturale delle zone interne del Fortore beneventano. Fondò e sostenne “Voci di casa nostra” e me ne affidò la direzione.. sino a spostarla su un altro territorio, quello metropolitano, sollecitati e accolti da un personaggio la cui tenacia non è stata del tutto classificata. Ciro Pollice, il caro Don Ciro, un uomo di cui s’è perso il seme, come si dice. Da Peppino Pizzi e Don Ciro Pollice mi arrivò la richiesta di assumermi la direzione del giornale, di questo giornale. Non ebbi dubbi, primo per la caratura morale dei richiedenti, secondo per la possibilità che mi veniva offerta per annunciare e denunciare le questioni attinenti alla realtà metropolitana, il nostro cortile dove si dipana la vita. Il caro Don Ciro, gigante senza titoli, mi mandava le “mail” che per chi scrive erano pillole di sapienza da elaborare per i lettori del giornale, che oggi si accinge a festeggiare le nozze d’argento.

Signora Tina, caro Don Ciro, caro Peppino, testimoni di un tempo vissuto con “eroico” entusiasmo ,vi saluto con una punta di orgoglio, per essere stato compagno e sodale in questa bella avventura. Noi abbiamo, con la nostra testata, formato e abilitato una ventina di pubblicisti (e non è poco!) che ancora oggi portano nei loro curricula il vanto e la presenza del nostro impegno, testimoni fedeli di un tempo che ci ha visto crescere e dare il nostro contributo per “servire e smuovere” le coscienze.

Stacco, gentile signora.

Ci resta la passione civile per aspirare a sollevare pietre – talvolta macigni!- per servire verità e giustizia. Come sempre, abbiamo aspirato a fare, senza grancasse, senza tromboni. Buon lavoro a a lei e ai suoi collaboratori – belle firme, ottimi i servizi! – , mantenga saldo il timone, ché c’è ancora tanto bisogno di una voce libera, culturalmente dotata, elegante e indipendente, come quella che “sento” venire dal giornale .
Sia sempre presente, attenta e vigilante, e porti avanti il nostro giornale, per testimoniare l’impegno dei tanti amici e collaboratori che ne hanno tracciato la storia e per inviare al caro Don Ciro una “mail” di saluto e di riconoscenza, a nome del sottoscritto e di tutti i giornalisti che hanno costruito il cammino e dato vita a questa bella avventura.

Luigi Antonio Gambuti
Afragola, febbraio 2023

Mi spiace e non poco, ma rispetto l’esigenza dell’amico di papà e mio, il giornalista, scrittore, editorialista, professore Luigi Antonio Gambuti, che ha consentito non solo la nascita del giornale cartaceo La Voce del Quartiere divenuto successivamente testata on line, ma anche la sua crescita e diffusione perché amplificatore e voce di tutti coloro che non ne hanno. Forte denunciatore della nostra complessa e complicata realtà cittadina/metropolitana. Sì, siamo giunti alle nozze d’argento e nel ringraziarLa non posso esimermi dal dirle che non vi è mai stata l’intenzione del “mero mantenimento del nome” al contrario la volontà, la gratitudine e il rispetto che si devono a colui che ha permesso la realizzazione di un sogno.

Cala il sipario?  Tutt’altro!

Tina Pollice