mar 10 DICEMBRE 2024 ore 05.57
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Stelle cadute troppo presto: 10 canzoni dal Club 27
di Emanuela Cristo

Di tutti i gruppi elitari e le cerchie ristrette dei quali un artista può desiderare di far parte, ne esiste sicuramente uno da cui, invece, tutti sperano di tenersi alla larga: il maledetto Club dei 27. La leggenda secondo la quale molti artisti, all’apice del proprio successo, incontrino fatalmente una tragica morte all’età di 27 anni, ha iniziato ad aleggiare sempre più insistentemente dopo la morte di Kurt Cobain nel ’94, che fu collegata ai decessi di altri musicisti scomparsi alla stessa età, in particolare nel biennio 1969-1971. Benché nel macabro Club siano tristemente entrati anche attori o pittori illustri (si pensi a Jean Michel Basquiat), esso conta soprattutto musicisti.

1- Robert Johnson – Crossroad
Robert Johnson non fa soltanto parte del Club 27, ma dell’ancor più ristretto J27, ovvero il sottogruppo degli artisti morti a ventisette anni con la J nel nome o nel cognome. Nonostante la sua vita si sia interrotta in circostanze misteriose (probabilmente avvelenato) ad una così giovane età nel 1938, Johnson ha avuto il tempo di diventare uno dei più importanti fari di riferimento della musica blues. Il bluesman “che vendette l’anima al diavolo” cantava di inferno e disperazione. Da Muddy Waters ai Rolling Stones, da Clapton a Hendrix, il suo lascito è stato per ognuno di essi un imprescindibile punto di partenza.

2- Brian Jones (The Rolling Stones) – Paint it Black
Brian Jones è stato il fondatore e l’anima dei Rolling Stones, almeno fino a quando il manager Oldham decise di dare centralità alla coppia compositiva Jagger-Richards, privando di fatto Jones dello scettro da leader. Tuttavia, l’enorme talento del “biondino degli Stones” è stato ciò che ha definito il sound della band, attraverso un grande lavoro sui suoni, messo a punto con gli strumenti più disparati: dal sitar (che suona nella versione di Paint It Black qui proposta) al dulcimer, dalla slide allo xilofono e alla marimba. La sua tossicodipendenza, però, lo portò a toccare il fondo e all’estromissione dagli Stones. Jones fu trovato annegato sul fondo della sua piscina il 3 luglio del 1969 e a distanza di più di cinquant’anni la sua morte è ancora avvolta nel mistero.

3- Alan Wilson (Canned Heat) – Going Up the Country
Alan “Blind Owl” Christie Wilson è stato un cantautore, chitarrista e leader dei Canned Heat, per i quali scrisse i più famosi successi. Il suo suggestivo falsetto è diventato un marchio di fabbrica della band, che ne faceva la voce solista nei brani più melodici, come in Going Up the Country, in seguito usata anche da introduzione al documentario su Woodstock ’69 di Michael Wedleigh. Morì il 3 settembre del 1970 per un’overdose di barbiturici. Nonostante non abbia lasciato alcun biglietto di addio, secondo molti suoi amici si trattò di suicidio.

4- Jimi Hendrix – Hey Joe
Colui che per Rolling Stone (e non solo) occupa il primo posto nella classifica dei migliori chitarristi di sempre, fu trovato morto affogato nel proprio vomito la mattina del 18 settembre 1970, nella sua camera d’albergo a Londra. Aveva bevuto e poi assunto una dose imprecisata di Vesparax (barbiturici). La vita estenuante e folle che conduceva in tour lo aveva portato ad assumere quantità spropositate di stupefacenti e qualsiasi tipo di sostanza gli venisse offerta. Nei suoi brevi ma intensi ventisette anni ha fatto in tempo a diventare una delle più grandi leggende del Rock.

5- Janis Joplin – Kozmic Blues
Sedici giorni dopo la scomparsa di Hendrix, un’altra stanza d’albergo, questa volta la 105 del Landmark di Los Angeles, un’altra stella caduta per sempre risucchiata dal proprio buco nero. Il 4 ottobre del 1970 la meravigliosa Janis Joplin fu rinvenuta esanime dal proprio manager. La sera precedente si era iniettata una massiccia dose di eroina, era andata a comprare le sigarette per poi rientrare in camera. Scivolando, batté il viso sul tavolo e cadde sul pavimento, dove fu poi trovata. La regina del flower power, una delle stelle più lucenti del firmamento della musica rock, blues e soul degli anni ’60, si spense per sempre in una solitudine disperata, la stessa che aveva urlato con la sua voce splendida e rabbiosa.

6- Jim Morrison (The Doors) – Take it As it Comes
La scomparsa di Jim Morrison, il 3 luglio del 1971, seguita poco dopo a quelle di Jones, Hendrix e Joplin, decretò per molti la fine del movimento hippie. Non fu mai effettuata l’autopsia sul suo corpo e il referto riportò “arresto cardiaco” come causa del decesso. Il Re Lucertola fu trovato morto nella vasca da bagno della casa che condivideva a Parigi con la sua ragazza Pamela. Quest’ultima morì per overdose nel ‘74. Aveva ventisette anni.

7- Ronald McKernan (Grateful Dead) – St. Stephen
Ron “Pigpen” McKernan aveva iniziato a bere a dodici anni e a ventidue aveva già la cirrosi e molte ulcere. Membro fondatore e tastierista della band di rock psichedelico Grateful Dead, protagonista della summer of love, intorno al ’72 si allontanò dal gruppo, consapevole che si avvicinava per lui il momento di pagare il conto alla vita. Morì l’8 marzo del ’73 da solo nella sua casa affacciata sulla baia di San Francisco. Lo trovò due giorni dopo la donna delle pulizie.

8- Kurt Cobain (Nirvana) – Rape Me
L ’8 aprile del 1994 un elettricista rinvenne il corpo esanime di Kurt Cobain nella soffitta della sua abitazione a Seattle. Era lì da tre giorni. Si era sparato alla testa con un fucile da caccia, dopo aver assunto una grossa dose di eroina. Al di là delle numerose teorie sulla sua morte, che in molti casi presumono una qualche responsabilità da parte della moglie Courtney Love, la scomparsa del leader dei Nirvana riaccese gli animi dei sostenitori della leggenda del Club dei 27.

9- Kristen Pfaff (Hole) – Doll Parts
Kristen Pfaff fu la bassista delle Hole per l’album che gli conferì il successo planetario: Live Through This. Morì, anche lei a Seattle, per overdose di eroina, nella sua vasca da bagno, il 16 giugno 1994, circa due mesi dopo la scomparsa di Kurt Cobain, marito di Courtney Love, frontwoman delle Hole.

10- Amy Winehouse – Tears Dry On Their Own
I musicisti tragicamente uniti dal filo rosso dell’età della loro scomparsa sono molto spesso legati a doppio filo dalla solitudine e dagli abissi di dipendenze e disperazione che hanno attraversato durante le proprie esistenze, solo apparentemente percorse su strade lastricate d’oro. Come Janis, Amy viveva la contraddizione di essere adorata dal pubblico ma lasciata sola, se non addirittura sfruttata, dalle persone che avrebbero dovuto esserle più vicine. Come Kurt Cobain, soffriva ormai le costrizioni che la sua immagine le imponeva, con la paura di perdere sé stessa. Dopo l’ennesimo periodo trascorso in riabilitazione, il 22 luglio del 2011 fu trovata senza vita nel suo letto da una guardia del corpo. Con tutta probabilità, la sera prima aveva esagerato con la vodka e il suo decesso fu causato da uno stop and go, ovvero uno shock dovuto ad un abuso di alcol a seguito di un periodo di astinenza.

Napoli, 24 ottobre 2023