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Si Vota, alle urne con Giudizio
di Luigi Antonio Gambuti

Sono partiti, lancia in resta, sono partiti debordanti di sorrisi, soffocati dall’abbraccio di sudditi osannanti.

Il bovaro padano (ah!le quote latte!) e il mascherone pompeiano hanno raggiunto lo scopo, sospinti dai maldipancia della gente e della malapolitica di chi li ha preceduti: conquistare l’Italia e farne campo di battaglia per restituire al popolo sovrano la sovranità perduta,”usurpata”da decenni di malapolitica e di diffuso malaffare, da calcoli sbagliati e dalla sudditanza diffusa alle leggi di mercato e spese a gogò nel circo sempre aperto dei giochi di potere.

Che altro si aspettava, se non questo, dal gradasso verdevestito e dal sicofante pentastellato?

Li abbiamo votati (chi scrive,no), gli abbiamo dato la bicicletta e ora lasciamoli pedalare con la speranza che non ci portino a sbattere e non ci facciano del male. Ci aspettiamo lagrime e sangue, come si dice, poco disposti a sostenere, con l’ottimismo beoto di chi non si rende conto del rischio che si corre, le giravolte sprovvedute di chi ama giocare d’azzardo e fa saltare il tavolo di gioco.

Che massacrino i gerundi e i congiuntivi poco conta; conta che non rompano le costole al popolo sovrano, sì. Detto questo, apriamo lo sguardo alle contese che infiammano i cieli nostrani.

Chiari e definiti gli schieramenti in campo per la competizione che si giocherà domenica prossima ventura, sempre meno chiari i motivi per i quali si sono schierati centinaia di aspiranti ad uno scranno del Consiglio comunale.

O, giocando al ribasso, si riesce a comprenderne i motivi: chiamare a raccolta truppe cammellate per alzare polveroni e racimolare preferenze, casa per casa, voto per voto, per mantenere il potere per cinque anni amministrato da una parte e per scardinarlo dall’altra, nella contestazione di ciò che si è fatto e fatto male o di ciò che non s’è fatto e si poteva fare. Chi scrive ha chiaramente dichiarato la propria appartenenza, richiamando a se stesso, prima che agli altri, l’osservanza di una virtù che stenta a trovare residenza dalle nostre parti: la coerenza, dei principi e degli atteggiamenti ad essi conseguenti. Ci si mette la faccia, si dice qui da noi, sicuri di giocare la partita senza spine fra le mani, senza falsità di parole sulla bocca, senza acidità di cuore. E allora una domanda: quanti delle centinaia di candidati in gara per il consiglio comunale possono vantare e/o possedere questa virtù -la coerenza- che è fondamento di ogni azione che l’agire umano mette in campo?

Specialmente quando si tratta del servizio pubblico, speso a vantaggio di molti e non a privilegio dei pochi?

Per farla breve. Quanti candidati, di quelli selezionati da anni in prima fila nel contesto politico locale, quanti di loro possono chiamarsi “coerenti”e presentarsi al pubblico giudizio con le mani pulite, la bocca veritiera e il cuore scevro da odio e risentimenti personali?

Se così è, e ce ne sono parecchi di candidati di rilievo che hanno saltato il fosso e stanno praticando l’altra sponda, quella sponda prima vilipesa, avversata e contestata -se così è, perché non si esce allo scoperto e si dice chiaramente al popolo sovrano cosa si è fatto, cosa non si è fatto; cosa si è chiesto e cosa si è ottenuto o cosa si è proposto e non si è ascoltato?

Sembra un gioco di parole ma non lo è! E poi, una volta eletti -se eletti- come si rapporteranno nella gestione del servizio comunale, divisi come sono dalle ideologie (?)di provenienza, dalle esperienze maturate; dalle antiche accuse e dai più recenti risentimenti maturati in corso d’opera, quando l’esperienza amministrativa li vedeva prima protagonisti e, successivamente, nemici feroci di un sindaco che non altro si aspettava se non una collaborazione attiva e ragionata, spesa a servizio del pubblico interesse?

Quegli antichi capibastone, ora gregari camuffati da “candidi” aspiranti ad un grumo di potere, quale spazio pretenderanno di occupare nella gestione della sempre più complessa realtà politico-amministrativa della nostra cittadina?

Staremo a vedere, se e quando saranno chiamati ,se votati, a ragionare per costruire la struttura della nuova amministrazione. Non vorremmo trovarci nei panni dell’onesto e volitivo “loro “sindaco, se le cose dovessero andare secondo le loro aspettative.

Staremo a vedere come si collocheranno e se farà mai giorno, con tanti galli a cantare per spartirsi i chicchi di un piatto di lenticchie o qualche poltrona da occupare, per dare senso e motivo al loro peregrinare.

Ci pensino gli importunati elettori, disinteressati quanto sprovveduti, sollecitati a votare dal capobastone di riferimento. il loro voto sarà denaro contante da porre sul tavolo della contrattazione per la spartizione del potere, ad uso del singolo contraente e a discapito del cosiddetto logorato bene comune.

Afragola, 18 giugno 2018

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