mar 10 DICEMBRE 2024 ore 05.37
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Sergio, Francesco e Geremia. Eroi senza retorica di questo tempo sospeso

di Pasquale Falco

 

 

“Da grande voglio fare il netturbino di sogni:
la gente ne getta via talmente tanti per strada…
Qualcuno dovrà pur raccoglierli e custodirli”
Sarah Jay De Rosa  

 

 

Ripercorriamo questi mesi di sofferenza e apprensione, attraverso tre personaggi emblematici dell’attuale situazione italiana.

Sergio Mattarella 7-12Il primo è il Presidente della Repubblica: Sergio Mattarella.

Nella fase in cui l’epidemia con il suo richiamo potente, “l’Europa aiuti, non ostacoli”, ha ottenuto l’azione di contrasto della BCE alla speculazione finanziaria.

Si è rivolto a tutti gli italiani, in un celebre messaggio televisivo, rimarcando che “la solidarietà non solo era richiesta dai valori dell’UE, ma era anche nel comune interesse”.

Ha scritto al suo omologo tedesco, Steinmeier, ribadendo che “i cittadini avevano bisogno di avvertire l’efficace vicinanza dell’UE”.

Percorrendo l’enorme e deserta scala dell’Altare della Patria ha tributato la riconoscenza a tutti i caduti italiani, che ci hanno liberato da un nemico che aveva fatto della prevaricazione, il suo tratto distintivo.

Ha fatto riscoprire a tutti noi l’orgoglio di un Popolo unito e che si sente adeguatamente rappresentato. Sergio Mattarella è l’immagine di quelle Personalità, che nell’immediato dopoguerra, hanno contribuito alla rinascita del nostro Paese

Anche a costo di farsi il cappotto che non possedevano, quando sono volati in America per perorare la nostra causa.

La seconda figura che ha lasciato un segno, indelebile, in questo periodo è: Papa Francesco.pP frNCESCO

Si è recato in una Roma deserta, a piedi, a chiedere la fine della pandemia alla Madonna Regina Coeli e al Crocifisso della Grande peste.

Si è rivolto ai tele-fedeli, in una piazza S. Pietro vuota, paragonando il momento attuale del Covid19 ad una tempesta su un mare agitato, con tutti noi sulla stessa barca, che può trovare la giusta rotta solo con l’impegno di tutti i rematori.

Ha presenziato, sul sagrato di San Pietro, alla Via Crucis raccomandando di “non mettere una pietra sopra la speranza”…sempre da solo.

È un Papa che rifugge l’ipocrisia.

Non a caso ha scelto di chiamarsi Francesco.

Per rimarcare la linea del suo Pontificato: il ritorno alle origini, al servizio degli ultimi. 

È un seminatore di speranza, perché promuove la fraternità, l’ospitalità per coloro che fuggono dalle guerre e dalla miseria, la solidarietà verso i più deboli.

Del terzo personaggio: Geremia Berretta, sappiamo poco, essendo solo di recente venuto alla ribalta nazionale.

E’, in questa riflessione, quale simbolico rappresentante di tutta la categoria dei contagiati dal virus.

Era arrivato in ospedale in Puglia, per essere ricoverato all’ospedale “F. Miulli” di Acquaviva delle Fonti (Bari), da Bergamo con una grave insufficienza respiratoria.

Geremia arriva in una barella ad alto biocontenimento a bordo di un C-130J della 46esima Brigata Aerea di Pisa. “Non me lo ricordo il trasporto – racconta – ricordo che avevo dei disturbi da giorni, ero stanco, tanto. Poi è arrivata la febbre, picco massimo 38 e mezzo 39 e poi calava. All’inizio sembrava un’influenza. Ricordo quando sono stato ricoverato a Bergamo. Ero in carrozzina in attesa. Poi ho come un buco, non ricordo. A un certo punto mi sono svegliato, mi hanno lavato. Avrò dormito nel tragitto e mi sono ritrovato in sala di rianimazione (al Miulli) con tutta questa brava gente che mi stimolava a farmi coraggio, gente speciale”.

Il malato per l’istinto di sopravvivenza che è insito in ognuno di noi, combatte contro il dolore fisico che lo tormenta, lo scoramento che lo attanaglia sul decorso del suo male, contro la debolezza psicologica per la lontananza, l’assenza al suo capezzale dei familiari. 

Eccoli sono questi gli eroi, senza retorica, di questi nostri giorni.

Lottano contro i profeti delle differenze, gli sceriffi della mano dura con i deboli, i cinici controllori del mare e delle frontiere.  

Sergio, Francesco e Geremia ci hanno trasmesso il messaggio che dipende da noi diventare schiavi o uomini liberi.

Con la loro testimonianza, hanno ancora di più dimostrato che se si perde la memoria dell’origine si perde anche la direzione verso la meta, come gli sciami.

No, la mia, non è adorazione della cenere, ma custodia del fuoco.

La libertà di cittadino emancipato dalla barbarie, non la riceviamo come un pacco dono o un capitale già confezionato, né la vinciamo alla lotteria, ma è il risultato di una conquista comunitaria.

Pensieri nuovi, fatti di parole e idee che non trovano spazio in televisione o sui giornali.

Faccio appello a tutti voi per riorganizzare la nostra vita secondo nuovi criteri, pregni di felicità e di speranza.

Così, alla fine di questo doloroso percorso di costrizione, potremo ritrovare noi stessi con la capacità e la forza di offrire all’umanità una possibilità di salvezza.

Di che cosa si tratta?

È difficile spiegarlo con le parole. È un’esperienza da fare.

 Napoli, 11 maggio 2020