sab 27 LUGLIO 2024 ore 00.27
Home Tecnologia, musica e altro Perché si dice “leccarsi i baffi”

Perché si dice “leccarsi i baffi”

di Pio Gargano

E’ ormai d’uso comune il dire leccarsi i baffi indicando una sensazione di grande apprezzamento, solitamente associata al cibo, come: “è buono da leccarsi i baffi!”

Questa espressione trae origine dal mondo animale, dai nostri amici gatti, i quali, dopo aver mangiato, spesso si leccano per pulirsi dai residui del pasto.

Sia cani che gatti hanno le vibrisse, i baffi appunto, costituite da una radice ed uno stelo appuntito e sono per loro organi sensoriali vitali.

Posizionati sul muso, nei gatti, sono un organo che permette un equilibrio ottimale, infatti se tagliati, il micio apparirà assai disorientato.

Secondo alcuni studi, si pensa che i baffi siano anche dei ricevitori per i pericoli all’apparato visivo: se si prova a toccare i baffi di un cane o un gatto, questi chiuderà, anche se per brevissimo tempo, le palpebre.

Baffi dei gatti, non sono quindi dei peli comuni un po’ più lunghi:
sono spessi il doppio dei normali peli e hanno radici poste tre volte più in profondità rispetto a questi ultimi, al fine di aumentare la trasmissione degli impulsi nervosi. Le vibrisse, nei nostri amici a 4 zampe, sono assolutamente indispensabili per trovare e ritrovare la strada al buio, per riconoscere le diverse parti del corpo di una preda appena catturata, per capire come entrare o uscire da un passaggio di difficile accesso, ma anche per mantenersi in equilibrio.

Detto in breve ed usando un po’ di immaginazione, i baffi dei gatti servono per tracciare “mappe mentali sensoriali” di ciò che si trova nei dintorni dell’animale stesso, perché sono costituiti in modo da “inviare” importanti e dettagliate informazioni sui movimenti dell’aria, sulla pressione atmosferica sulle cose che i gatti stessi toccano o sfiorano.

E come fanno? Semplice, Vibrando. Da cui, il nome vibrisse.

E così, ad ogni movimento d’aria quasi impercettibile, catturano informazioni. Registrano e poi, quasi “processando questi dati” , suggeriscono implicitamente al gatto le possibili manovre da fare.

“Processando questi dati”, quasi fantascienza:
i gatti, proprio come dei calcolatori, sembrerebbe siano in grado di usare le informazioni raccolte dalle vibrisse per intuire la possibile presenza, forma e le dimensioni degli ostacoli, senza doverli vedere o toccare. Istinto ed evoluzione, sì, ma qui ci sono i baffi dei gatti a fare il duro lavoro!

Ogni gatto ha circa ventiquattro vibrisse mobili sul suo muso, dodici per ogni lato, disposte su quattro file orizzontali e semi indipendenti le une dalle altre: le due file in alto sono mobili, infatti sono indipendenti rispetto alle due file in basso.

A riposo, le vibrisse consentono al gatto di raccogliere informazioni sulla direzione del vento, la possibile umidità dell’aria nonchè le minime variazioni dell’area immediatamente circostante alla sua posizione.

Durante il moto, invece, diventano dei veri e propri metri di misura.

Le vibrisse danno anche indicazioni a noi che li guardiamo su come, ad esempio, è l’umore del felino in quel momento:
se son piegati in avanti, quindi rivolti verso l’esterno, i baffi dei gatti sono un segnale di tranquillità: in quel momento i nostri amici sono particolarmente socievoli, desiderosi di coccole ed attenzioni.

Quando però, i baffi dei gatti sono tesi o arricciati verso l’alto, sono un segnale di nervosismo o addirittura di imminente attacco: hanno la classica ‘luna storta’… conviene aspettare che il nostro amico si tranquillizzi prima di interagire nuovamente con lui.

Napoli, 29 novembre 2018