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Orfani di una Orfanità Scontata
di Luigi Antonio Gambuti

L’avevamo preannunciato. Increduli per quanto sarebbe accaduto, c’eravamo consolati con l’illusione che qualcosa sarebbe stata salvata dalla catastrofe da tempo annunciata.

Non c’è più niente di un Partito una volta re, protagonista della scena locale, capace di coinvolgere e convincere, di proporre e di essere attento e puntuale interlocutore di istanze e supporto di problemi portati a soluzione.

Niente di tutto questo, oggi, dopo l’epicedio cantato all’alba di lunedì 6 di giugno appena passato.

Orfani di un’orfanità immeritata,  siamo testimoni delle miserabili questioni dei capibastone bastonati, delle donzelle ripudiate, degli imbonitori sciagurati di mercanzie che al primo tocco di mano si sono rivelate velleitarie per le loro mistificate apparenze.

Niente più rimane di un partito una volta re, incubatore di speranze e orizzonte di prospettive.

Ci siamo arrotolati nei meandri di un’infinita irresponsabile polemica sul chi e sul come, sul nuovo che avanza e sul vecchio che ritorna; ci siamo ubriacati di legalità e dei trucchi per aggirarne la portata -in questo siamo incomparabili maestri!- per approdare al nulla infinito come cani senza padrone, ciurma senza nocchiere,  gregge senza pastore.

Non che ce ne fosse bisogno; il bisogno cresce quando si sbanda dal cammino, quando una mano ferma ed esperta viene invocata per fare chiarezza ed indicare la via senza scorciatoie, autorevolmente.

La mano c’era.

L’abbiamo mozzata, per i soliti trenta denari. Oggi, alla vigilia di una contesa che ci vede ai margini del campo di battaglia, ci si auspica che un grumo di dignità resti a presidio di ciò che resta di un partito una volta re, protagonista di storia e incubatore di speranza.

Oggi, vigilia elettorale, oggi, usciti con le mani vuote dalla competizione appena fallita, sarebbe il caso di sbattere le porte e di cambiare casa.

Facile accatto, facile approdo verso le sirene messe in campo dai competitors sopravvissuti.

Stiamone fuori, novelli itacensi adusi alle sirene.

Almeno questo sia risparmiato al popolo-bue, venduto per tessere e consensi, sbattuto a destra e a manca a seconda degli interessi da lor signori, i macellatori, fraudolentemente concordati.

Teniamoci le spoglie dei Valente e delle Tartaglione, dei Carpentieri e dei Guerini; ripariamoci dai lanciafiamme renziani inutilmente annunciati, allertiamo la mente per ripassare il complito sbagliato.

Facciamo sosta, per ricominciare daccapo rigenerati, sfrondati dagli orpelli vantati, dai soprusi patiti, dalle arroganze esibite.

Dalle false supponenti matelde e dai pronubi immondi, lontani dalla cura della gente normale, delusa, derisa, vilipesa ed offesa.

Napoli, 18 giugno 2016