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Manfredi…alla Napoletana!

di Carlo Gimmelli

Il “nuovo” che avanza….?

Dopo la Rivoluzione Masaniellesca di Don Giggino terminata senza l’onore delle armi all’alba del Regno di Manfredi, la parola d’ordine che echeggia tra le fila del nuovo sindaco è: normalità.

In effetti i dieci anni di sindacatura dell’ex magistrato, che voleva scassare il vecchio sistema, lasciano una città dolente, smarrita, disincantata: aveva creduto inizialmente all’utopia di un progetto di autogestione sganciato delle consorterie, dalle lobby più o meno nascoste che si erano spartite potere e danari tra tanti bonifici e mancate bonifiche (leggasi Bagnoli, perenne crisi rifiuti, trasporti) ma il sogno è durato il tempo di una breve luna di miele, infranto dallo stesso ideatore, che, in un continuo crescendo di autocompiacimento e vanagloria l’ha condotta alla deriva dell’autoisolamento.

Gaetano Manfredi, quindi, sbaraglia al primo turno i competitors e tiene a galla il Movimento 5 Stelle, crollato nel resto della penisola, nonostante la sua candidatura sia stata fortemente contestata dalla base per una brutta storia giudiziaria che ha coinvolto il neo sindaco, prosciolto per prescrizione, a cui non ha rinunciato, in un processo che lo ha visto tra gli imputati per falso e crollo colposo dei fabbricati della
New Town dell’Aquila, implicato nel ruolo di collaudatore.

Per l’ingegnere di Ottaviano , già ministro e pupillo di “Giuseppi” Conte che lo ha fortemente voluto anche in seguito al teatrino della rinuncia (?) alla candidatura a causa del pauroso dissesto finanziario di Palazzo San Giacomo, una vittoria imbarazzante contro avversari già sconfitti in partenza o azzoppati dalle sentenze del T.a.r. : l’ex magistrato Maresca, l’avversario sulla carta più accreditato, ha pagato l’inesperienza nel terreno paludoso della politica e l’ambiguità di una candidatura civica appoggiata esternamente dal centro destra e dalla Lega mai troppo amata da queste parti; lo scafato ex sindaco Bassolino ha tentato una clamorosa rimonta ma la sua compagine si è rivelata troppo modesta oltretutto osteggiata dagli ex compagni del PD; Alessandra Clemente, unica reduce della rivoluzione arancione ed erede politica di De Magistris ha racimolato un emblematico 5,9% pagando in partenza la debacle dell’amministrazione di cui ha fatto parte.

Ma il vero vincitore della partita, con buona pace di Manfredi, è stato il il 53% del corpo elettorale che ha disertato le urne, toccando il record assoluto di astensionismo nell’elezione diretta di un sindaco dal 1993 che nemmeno la corazzata messa in campo da PD e Cinquestelle è riuscita a dirottare verso le urne; del resto l’indolenza della città verso i teatranti era nell’aria da tempo, la lunghissima e aspra campagna elettorale si è svolta per lo più via social e nelle aule dei tribunali amministrativi.

La piazza, quella piazza, che aveva dato la stura e la benedizione alla fuga in avanti dei grillini, ha sancito la bocciatura e la perplessità dell’ex popolo vaffa all’apparentamento, in salsa partenopea, con l’ex partito di Bibbiano, il prezzemolino Renzi , gli ex forzitalioti di Lanzotti e una folta rappresentanza di ex arancion e liste civiche mascherate, che sono saliti festanti sul carro di Re Manfredi.

Il segnale era stato netto, nel venerdì di vigilia elettorale quando poche centinaia di intimi, per lo più attivisti, erano in Piazza Dante ad acclamare il gotha grilllino Fico, Di Maio, Conte preoccupato, nel suo intervento, essenzialmente a legittimarsi come capo politico del movimento e come padre politico del nuovo sindaco.

Paradossalmente proprio l’esperto Bassolino era riuscito a dominare l’attigua Piazza del Gesù dando per qualche ora l’illusione della “remuntada”.

Da oggi si cambia, dunque!

Parola d’ordine dell’ingegnere di Ottaviano: normalità e profilo basso, squadra di governo di alto lignaggio inseguendo il modello Draghi, tutti insieme per il bene comune.

Vedremo!

Emblematica la reunion celebrativa del dopo elezioni all’hotel Terminus, quartier generale del neo sindaco con il brindisi tra De Luca accanto ai dioscuri Di Maio e Fico definiti nel tempo “mezze pippe”, “Ficomoscio”, “chierichetto”, “Charlie Brown, sfaccendato”, “che vi possano ammazzare tutti quanti” e altre carinerie simili tipiche del folklore del personaggio, ma, certamente Manfredi, che ha sempre sdegnosamente rifiutato il ruolo dell’uomo di paglia del presidente sceriffo e che a una settimana dalla vittoria non ha ancora pubblicamente comunicato la squadra di governo saprà amalgamare le mille anime di questa nuova maggioranza.

Nel nefasto caso contrario da oggi in avanti turarsi il naso non basterà più….

Napoli, 12 ottobre 2021