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L’arte come antidoto
di Martino Ariano

 

Con questo nuovo appuntamento Vis a Vis con l’Arte Contemporanea, vi porto nell’Estremo Oriente, in Giappone, precisamente nel Benesse Art Site.

Questo arcipelago, creato nel 1985, è un vero e proprio paradiso per l’arte contemporanea, con musei, installazioni e sculture che connettano arte, architettura e natura. Su una delle isole, l’isola di Naoshima, si trova, dal 1994, una delle opere più emblematiche dell’arte contemporanea: Yellow Pumpkin dell’artista giapponese Yayoi Kusama.
Sicuramente l’avrete già vista perché lo scorso inverno una bufera l’ha scaraventata nell’oceano.

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Tale opera però risulta essere emblematica nell’evidenziare uno degli aspetti più importanti del mondo dell’arte: l’importanza che detiene il mezzo artistico come rimedio, antilodo e/o terapia per malattie o problemi, soprattutto di natura psicologica.

Kusama, camaleontica e poliedrica, è attualmente una delle donne più influenti del panorama artistico contemporaneo, estremamente popolare, quotata nelle principali aste mondiali. I suoi puntini, i suoi pois, presentati su vasta scala, sono diventanti iconici.

Ma se all’apparenza le sue opere esprimono gioia e spensieratezza, sono in realtà frutto dei suoi dilemmi psicologici ed emotivi. Fin da bambina, infatti, deve fare i conti con allucinazioni visive e uditive e il suo unico modo di reagire è l’arte.

 

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L’arte diviene per lei una sorta di terapia,
un medicinale per le sue fobie ed allucinazioni,
mostrando in piena libertà il suo universo immaginario al mondo.
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Con illusioni ottiche ed immagini psichedeliche, dalle forme solo in apparenza banali, è capace di cattura l’attenzione e di regala un’esperienza inebriante.

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Ritornando un attimo all’opera, chiamata dai giapponesi Kabocha, rappresenta stabilità, comfort e semplicità ed è collegata all’infanzia travagliata dell’artista a Matsumoto, dove soleva disegnare per ore zucche.

Il suo lavoro, fortemente autobiografico, abbraccia l’Arte Concettuale, il Minimalismo, il Surrealismo, l’Outsider Art, la Pop Art.

Oggi continua a creare arte, ma dal 1977 ha deciso volontariamente di ricoverarsi presso l’ospedale psichiatrico Seiwa Hospital a Tokyo.

Nonostante questi limiti, ha saputo farsi spazio in una scena artistica dominata da uomini. Anzi da non sottovalutare è il suo essere stata in realtà la pioniera di moltissimi artisti, come Andy Warhol o Claes Oldenburg.
Spesso presentata come un’icona femministica, lei si è sempre discostata da qualsiasi ismo.

La sua arte è semplicemente e straordinariamente un modo di vedere e vivere la vita.

Siamo bersagliati continuamente da elementi, eventi e persone che procurano in noi uno stato di stress, di squilibrio. Ad oggi, nel 2022, è difficile restare impassibili agli agenti esterni. Con ciò non mi riferisco al livello di sensibilità, umanità o gentilezza, ma alla sfera più personale, più intima, inconscia, quella sfera che proteggiamo e dove ritroviamo noi stessi.

Il mondo attuale, fatto per metà di digitale, riesce però a penetrare più che mai questa sfera, questa corazza, danneggiandoci.

Siamo chiamati a cambiare le nostre strategie di difesa, di tutela.

E l’arte, la cultura restano sempre le armi di difesa più potenti del mondo.

 

Madrid, 3 giugno 2023