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LA GRANDE VERGOGNA….

Il Napoli perde la corsa scudetto e precipita nel caos……

di Carlo Gimmelli

E’ finita nel peggiore dei modi la corsa scudetto degli azzurri, una sconfitta suicida in quel di Empoli dove una squadra sull’orlo di una crisi di nervi è passata in 7 minuti (setteminuti!) dal 2 a 0 al 2 a 3 contro i ragazzotti di Andreazzoli che non vincevano dal 12 dicembre dello scorso anno quando espugnarono fortunosamente il Maradona.

Ci hanno pensato gli spallettiani, con un finale di gara vergognoso che ha umiliato i cinquemila stoici napoletani che hanno invaso d’azzurro il ministadio toscano, a risuscitare l’incredulo Empoli dopo una gara pessima che, comunque, aspettava solo la benedizione del fischio finale.

Già, la gara! Evitiamo di raccontarne la sintesi per carità di patria! Va solo detto che gli azzurri hanno interpretato l’ultima chance scudetto come la gita fuoriporta del lungo ponte della Liberazione: l’arrembante Empoli ha messo alle corde i decotti azzurri per l’intera gara sfiancandoli in cattiveria e determinazione e solo le giocate individuali di Mertens, Osimhen, Anguissa e Insigne hanno permesso agli azzurri di confezionare un immeritato 2 a 0 a 7’ dal termine.

Poi il finale alla Viva il parroco!, prima un incredibile pasticcio difensivo di Malcuit che perde palla da solo a ridosso dell’area di rigore e regala l’1 a 2 di Anderson, poi il capolavoro dilettantistico del portiere (?) Meret che da un rinvio a fondocampo cerca di dribblare in area il giovane attaccante Pinamonti, si impappina e gli calcia addosso la palla che carambola in rete, roba che neanche la sfida scapoli e ammogliati di fantozziana memoria, l’incubo si materializza a 5’ dal termine con un fulmineo contropiede empolese che trova libero lo stesso Pinamonti, malamente non marcato da Zanoli, che fa esplodere il Castellani.

La faccia di sale di Spalletti e l’incredulità dei giovani empolesi a fine partita è meglio di dieci interviste.

Ma il meglio, anzi il peggio, doveva ancora venire: negli spogliatoi il giovane ed inesperto vice presidente azzurro Edo De Laurentiis, non nuovo a simili intemperanze, va in escandescenze aggredendo armadietti e suppellettili e strepitando contro i calciatori; dopo qualche ora comincia il balletto semiserio dei comunicati stampa della società che prima annuncia un ritiro punitivo a oltranza poi spiega che la decisione è stata presa dall’allenatore e condivisa dalla società, infine il terzo comunicato che annulla il ritiro e annuncia incontri “serali” a cena tra squadra e dirigenti per ritrovare armonia e motivazioni.

Insomma una gestione comunicativa da Borgorosso Football club che ripropone il peccato originale del rifondato Napoli Calcio: una società ambiziosa che da dieci anni gravita al vertice del pallone nazionale ed europeo gestita come una bocciofila di periferia.

I meriti di De Laurentiis sono innegabili, ha rilevato una società fallita, un pezzo di carta e l’ha portata ai vertici nazionali facendone un esempio di buona amministrazione: conti in ordine, debiti sostenibili, bilanci sani in una serie A che affonda nei debiti, inoltre con la Lazio è l’unica società di vertice con capitale italiano; i risultati sportivi degli azzurri dal ritorno in seria A sono più che soddisfacenti, la squadra è sempre stata tra le prime cinque classificate, detiene il record italiano di partecipazioni consecutive ai tornei europei (tredici con quest’anno), diversi secondi posti, uno scudetto, rubacchiato dalla Juventus, perso al fotofinish nel 2018 dal Napoli sarriano dei record, tre coppe Italia, una supercoppa di Lega e varie Champions disputate: ma la gestione padronale del cinematografaro romano è sempre stata border line.

De Laurentiis, nonostante le sue convinzioni, non è un modello di comunicazione: fumantino, accentratore, vendicativo, iroso, spesso sbaglia tempi e modi nelle sue intemerate contro il sistema, il Palazzo, i calciatori; burrascosi i suoi rapporti con la stampa e l’opinione pubblica spesso sfociati in pubblici insulti; turbolenti i suoi rapporti con gli allenatori che sono quasi sempre naufragati per qualche frase di troppo o intromissione nell’aspetto tecnico di cui non pare essere un gran competente.

Mazzarri, Benitez, Sarri, Ancelotti, Gattuso, risultati sportivi a parte, non hanno un buon ricordo umano di Don Aurelio per non parlare dei calciatori simbolo come Higuian, Cavani, Lavezzi, Cannavaro lasciati partire a suon di milioni dopo averli additati come mercenari e traditori.

Mancano da sempre una o più figure intermedie autorevoli che fungano da interfaccia tra squadra e società e il tutto viene affidato allo staff tecnico dell’allenatore e al vicepresidente Edoardo De Laurentiis, figlio del patron che per inesperienza e limiti caratteriali non è nuovo a intemerate e spaccature con lo spogliatoi, come quello di novembre 2019 che causò l’ammutinamento dei calciatori e il licenziamento di Ancelotti con lunghi strascichi giudiziari.

Nel tumultuoso dopopartita di Empoli sul treno che riportava gli azzurri a Napoli ci sarebbe stato un duro faccia a faccia tra i calciatori che si scambiavano accuse reciproche e tra il figlio del presidente e Spalletti, contrario al ritiro punitivo: da qui la mediazione annacquata della società.

Adesso toccherà alle cene aziendali il compito di capire i motivi di un crollo verticale fisico ma soprattutto psicologico che da almeno tre mesi sta attanagliando gli strapagati ragazzi di Spalletti (anche lui sul banco degli imputati per svariate scelte tattiche): perso il treno scudetto l’obiettivo irrinunciabile resta la qualificazione Champion non ancora blindata con la Juventus ad appena un punto dagli azzurri.

Sabato in uno stadio semivuoto con un ambiente depresso e litigioso arriva lo sbarazzino e temibile Sassuolo mentre riaffiorano i fantasmi della Champions persa sciaguratamente lo scorso anno all’ultima giornata.

A fine stagione la resa dei conti con gli addii di Insigne e di altri big per la necessità di fare cassa ed allinearsi alla spending review imposta dalla società.

Il futuro di Spalletti, fino a pochi mesi fa osannato condottiero azzurro è legato ai milioni della Champions ma qualcosa tra il toscano e il presidente lascia immaginare un futuro incerto.

Napoli, 28 aprile 2022