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La fragile potenza di un nido
di Martino Ariano

 

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Imbattersi in un nido non è cosa di tutti i giorni, tantomeno in una città.

Si sa che un nido viene costruito sapientemente e meticolosamente dagli animali per la schiusa delle uova e per meglio accogliere le nuove vite.

Il nido però porta con sé anche una forte simbologia: esso diviene metafora di famiglia (non a caso si suole usare l’espressione “nido familiare”) ma anche semplicemente di casa o di culla; un nido diviene così sinonimo di protezione, cura, affetto, accoglienza.

Tale metafora è stata consacrata da Pascoli nella letteratura ed attualmente trova la sua consacrazione anche nel mondo dell’arte con le installazioni dell’artista giapponese Tadashi Kawamata.

Con il progetto espositivo, intitolato Nests in Milan (Nidi a Milano), a cura di Antonella Soldaini e promosso dalla Galleria BUILDING, dal 31 marzo fino al 23 luglio 2022, infatti, l’artista giapponese ha collocato per il centro di Milano enormi nidi.

Impalcature in legno di forma ondeggiante e di varie dimensioni si sono sviluppate su 5 edifici milanesi: sulla facciata e negli interni della Galleria BUILDING, all’esterno del Centro Congressi di Fondazione Cariplo, del Grand Hotel et de Milan, in un angolo del Cortile della Magnolia nel Palazzo di Brera e, infine nel ADI Design Museum.

Quella di Milano, è solo l’ultima delle installazioni realizzate dall’artista, infatti, prima di Milano, ci furono quelle a Bonn nel 2007, al Centre Pompidou di Parigi nel 2010 e quelle al Palazzo Strozzi a Firenze nel 2013.

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Il tema del nido è stato indagato da Kawamata a partire dal 1998, quando le sue strutture generate dall’intreccio confuso di assi di legno, passarono da un’originaria forma astratta a quella appunto di nido. Associando a quest’ultimo diverse interpretazioni.

Oltre alla sua canonica simbologia, cioè metafora di luogo sicuro, di tana, di casa, l’artista gioca soprattutto con contrasti concettuali:

  1. L’elemento primitivo, grezzo, non lavorato del legno, utilizzato per realizzare tali “nidi”, contrasta con l’elemento architettonico ed esteticamente elaborato degli edifici scelti. Quest’ultimi, inoltre e non a caso, sono sedi d’importanza sociale e/o culturale.

La semplicità e la naturalità del legno VS la stratificazione sociale e culturale delle architetture degli edifici.

  1. 2.    L’elemento povero dell’impalcatura in legno, racchiude anche un concetto sociologico, in quanto fa riferimento alle favelas, alle abitazioni povere, alle baracche o ai senzatetto, e contrasta fortemente con la ricchezza sfoggiata dalle architetture ricercate degli edifici.

La povertà della struttura-nido VS la ricchezza architettonica e storica di un edificio.

  1. L’impalcatura, la struttura, il nido si presenta come delicato, fragile paragonato alla struttura massiccia dell’edificio su cui si origina.

Ma solo apparentemente un nido è fragile, esso in natura, realizzato con piccolissimi elementi (piccoli rami, piume, steli, corteccia, foglie) sapientemente intrecciati ed organizzati, si appoggia spesso tra o sui rami in bilico, reggendo il peso delle uova (prima) e dei cuccioli (dopo), e sopportando folate di vento e i temporali.

Fragilità e semplicità non sempre sono sinonimo di debolezza o superficialità, e a dimostrarlo, tra le altre cose, è proprio un nido.

Ma l’artista va oltre, mira ad una visione più ampia, o meglio amplia la visione.

L’artista, infatti, utilizza questo “piccolo” e apparentemente anonimo dettaglio, il nido, per ricreare, rimodellare un intero contesto urbano, civile e sociale.

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Lancia un guanto di sfida alla nostra consueta visione, facendo di queste strutture/installazioni un’irruzione visiva, che non disturba, ma anzi diviene mezzo, guida, invito, stimolo ad una nuova percezione di uno spazio urbano, architettonico e civile, a noi familiare.

Una nuova visione che non distoglie lo sguardo dal passato, dall’origine, dalla famiglia, dal nucleo madre, dal nido, anzi esso diviene ponte, lente di in gradimento, trampolino per il presente e, perché no, per il futuro.

In fondo un nido simbolicamente detiene in sé tutto ciò: passato, presente e futuro.

Un nido, una casa, una famiglia è frutto di stratificazioni e di storie; è il luogo sicuro dove poter vivere ed affrontare il presente; ed è, infine, base e punto di partenza per il futuro.

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Anche questa volta l’arte ci dà un suggerimento, un consiglio: bisogna prendere il volo, protendere al nuovo, anelare al cambiamento, ampliare i nostri orizzonti, cambiare i nostri modi di vedere le cose, con una giusta apertura mentale senza pregiudizi o limiti, ma senza mai dimenticare il nostro nido d’origine, il nostro porto sicuro, il nostro punto di partenza.

Non si può dimenticare il passato se si vuole vivere il presente e progettare il futuro.

Chi dimentica muore lentamente ed inconsapevolmente.

Madrid, 23 maggio 2023