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La donna Tuareg.
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di Giulia Di Nola
Tra i Tuareg, popolazione nomade Sahariana che per secoli ha nuotato tra le onde calde e dorate del  misterioso deserto, la vita è pink.
Gli uomini blu, detti così per via del turbante indaco che indossano e li contraddistingue, da tempo hanno trasportato sale, datteri e zafferano verso Sud e schiavi e oro verso Nord.
Oggi, questa tribù vive su un esteso territorio africano che abbraccia cinque Paesi e offre, agli occhi basiti del mondo occidentale, una cultura molto moderna e progressista soprattutto per il ruolo che svolge la donna Tuareg: emancipata negli usi e liberale nelle scelte sessuali, contravvenendo alle regole più ferree della religione musulmana.
Le donne, infatti, proprietarie di tende e bestie, hanno la stessa libertà dei maschi, generalmente non portano il velo e sono padrone di avere tutti gli amanti che desiderano anche durante il matrimonio che avviene intorno ai venti anni; un legame, quest’ultimo, che contempla la possibilità di divorziare e nel qual caso, esse, continuano a detenere potere e indipendenza, dato che al marito resta solo il cammello. Quando il matrimonio fallisce, spesso, i parenti della donna Tuareg organizzano una festa per rendere nota a tutti la notizia e perché, tutti, sappiano della sua nuova
disponibilità.
Le Tuareg, romantiche, belle e passionali, avendo imparato l’alfabeto dalle loro madri, scrivono poesie ai loro corteggiatori e ne ricevono, con altrettanta soddisfazione, in caso d’interesse reciproco.
Purtroppo, la società matriarcale dei Tuareg, è seriamente minacciata dagli Jihadisti dell’ISIS specie per le tribù che abitano il Sud-Ovest arabico a causa della forte pressione al cambiamento culturale che tocca da vicino proprio le donne Tuareg che, avvenenti nell’aspetto, per proteggersi il volto, hanno preso a indossare il velo.
Ma finché c’è vita, c’è pure speranza; speranza che questo popolo, fiero e forte nell’aver affrontato le condizioni avverse del deserto, continui a resistere a quelle ancora più estreme dell’Islam restando se stesso, nell’ambito del tutto.
Napoli, 23 aprile 2018