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India, la storia degli alberi delle bambine piantati per festeggiare la vita

di Martina Tafuro

La nascita di una bambina o di un bambino, in ogni cultura, avviene all’interno di peculiari tradizioni sociali. In India nel villaggio di Piplantri, nello Stato del Rajasthan, ogni volta che viene alla luce una bimba vengono piantati 111 alberi.

E’ una cosa stupenda e di una bellezza unica, poichè in gran parte dell’India, ancora oggi, la nascita di una figlia è vissuta come una disgrazia dalla famiglia. La femmina dovrà essere provvista di una dote, indispensabile al suo matrimonio, quasi sempre combinato. La nuova coppia andrà a vivere in casa dello sposo e quindi, quest’ultimo, continuerà a collaborare al sostentamento della sua famiglia di origine.

In India le donne non hanno e non danno vita facile!

Nel corso degli anni sono nati tanti progetti a tutela e difesa dei loro dititti. Mi piace qui far risaltare TreeSisters, una campagna promossa da donne che chiamano milioni di altre donne a supportare la vegetazione nel mondo e l’empowerment femminile (vedi:La Voce del Quartiere del 3 settembre 2018).

Esperienza che si rifà al premio Nobel Wangari Maathai, con il suo Green Belt Movement.

La storia del meraviglioso progetto di Piplantri nasce nel 2006. Shyam Sunder Paliwal, all’epoca sarpanch (capo villaggio) nel tentativo di elaborare il lutto per la perdita della figlia Kiran, morta in un incidente a 16 anni, iniziò a piantare alberi in sua memoria. Sfruttando la sua autorità pubblica cercò di convincere gli altri abitanti del villaggio a interrare 111 alberi, ogni volta che nasceva una bimba.

Era la luce dei miei occhi, racconta Shyam Sunder Paliwal. “Com’è possibile che dei genitori decidano di uccidere la propria figlia quando questa è ancora nel grembo materno”.

Oggi volta, da allora, che nel villaggio nasce una bambina la famiglia si impegna a piantare 111 alberi e a prendersene cura.

Inoltre, i genitori firmano un contratto con cui garantiscono alla bambina accesso all’istruzione e che impedisce loro di combinare un matrimonio prima del 18° anno di età della ragazza. A garanzia di questo patto, il villaggio si impegna a versare un contributo di circa 380 dollari che, sommati ad altri 180 dollari versati dalla famiglia, finiscono su un conto vincolato che non può essere toccato fino al ventesimo compleanno della bambina.

Una cosa che ai nostri occhi può essere considerata normale, in India fino a qualche anno fa non lo era, scarsità d’acqua,  deforestazione, spose bambine, aborti selettivi delle femmine, mancanza d’istruzione delle bambine, sono tutti problemi che attanagliano la vita degli Indiani.

Nascere femmina è vista come una sciagura, tanto che spesso alle neonate veniva infilato in gola un seme per provocare infezione e morte sicura.

Shyam, con le sue battaglie pubbliche, è riuscito a ribaltare questo modo di considerare la femminilità, dal 2006 sono state interrate 350mila piante fra manghi, palissandri sheesham, neem (pianta dalla quale viene estratto il caratteristico olio usato nella medicina ayurvedica).

“Più tardi, mi resi conto che l’aloe vera poteva essere una fonte di sostentamento per le donne: le vedove e le donne non sposate senza reddito e le donne i cui mariti erano emigrati in città per lavoro” ha detto Shyam. Dopo un percorso di formazione, le donne ora producono e commercializzano aloe vera in gel e succhi di frutta e possono mantenersi con il loro lavoro.

Per me, tutto è collegato: la bambina, la terra, l’acqua, gli animali, gli uccelli, gli alberi. Cerco l’immortalità attraverso questi alberi, conclude Paliwal.

Le prime ragazze nate nel nome di Kiran hanno 13 anni, Paliwal gira per le scuole per verificare che gli adulti mantengano le promesse. Nel frattempo ha anche piantato aloe vera fra gli alberi e oggi le donne del villaggio la raccolgono per produrre gel e succhi.

Mentre cresce il numero delle bambine, migliora anche il benessere dell’intera comunità, un circolo virtuoso che fa si che la nascita di ogni nuova bimba crei ricchezza e salute che si moltiplicano in favore di tutti.

Napoli, 21 marzo 2019