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Economia Civile, Giustizia sociale e vita: alleanza possibile?

di Martina Tafuro

La parola economia deriva dal greco, è composta da oikos (casa) e nomos (dividere, ripartire). Letteralmente significa: “regola che facilita il governo della casa” dove è l’equilibrio delle relazioni umane a creare la casa.

L’economia dovrebbe essere lo strumento da utilizzare per realizzare il benessere e la felicità delle persone, alimentando le relazioni che rinforzano la loro vita e quella del loro ambiente.

Non so se tutto questo, in questo nostro tempo, sia stato dimenticato. Il primo incubo da affrontare è quello della tecnologia sempre più invadente, che sembra destinata a sottrarci compiti e mansioni da svolgere e potesse portare alla distruzione dell’umanità.

La prima macchina intelligente che inventeremo sarà anche l’ultima cosa che ci sarà permesso d’inventare”, ha scritto Arthur C. Clarke, sceneggiatore con Stanley Kubrick di Odissea nello spazio, film del 2001. In definitiva, anche la fantascienza ha profetizzato la morte del lavoro, lavoro che non è mai stato uguale a se stesso.

Le rivoluzioni agricole che si sono verificate dalle civiltà mesopotamiche ad oggi hanno trasformato il bisogno di manodopera, ma nello stesso tempo hanno reso i campi più fertili e dunque in grado di sfamare un numero maggiore di persone.

La rivoluzione industriale dell’Ottocento ha sostituito sì gli operai con le macchine, ma ha pure dato nuovo impulso al commercio, aumentando l’occupazione nei servizi.

E’ fuori discussione che nessun tipo di progresso non abbia causato disagi, perché gli espulsi dal vecchio mondo del lavoro sono quasi sempre incapaci di cogliere le opportunità create dai nuovi settori.

Oggi viviamo esattamente in questo mondo, sospeso tra la produzione come l’abbiamo conosciuta finora e l’automazione, i robot, le macchine che si guidano da sole, chi esce dal circuito dell’occupazione rischia di rimanere senza impiego per sempre.

Mai come in questa fase c’è bisogno di istituzioni e persone che sappiano o almeno si preoccupino di armonizzare e guidare il cambiamento.

E’ in questo contesto che bisogna pensare ad un’economia civile.  E’ opportuno Un sistema economico basato sulla reciprocità, la gratuità e la fraternità, per sconfiggere la logica del profitto e dell’asservimento sociale alla concezione capitalista del mercato.

Economia civile significa che una società  giusta e eguale è il risultato di un mercato che opera attraverso processi in grado di generare la solidarietà da parte di tutti i soggetti.

L’economia civile, secondo alcuni studiosi, è un modo d’intendere l’economia, sorto tra il Quattrocento ed il Cinquecento, per poi svilupparsi nel Settecento, fenomeno specificatamente italiano, essenzialmente napoletano e milanese.

Il termine è certamente utilizzato nel 1754 da Antonio Genovesi, come titolo del volume delle sue Lezioni di commercio o sia d’Economia civile. Secondo Genovesi l’ordine sociale costituisce il risultato di un bilanciamento tra la forza concentrativa (auto-interessata) e la forza diffusiva (o di cooperazione).

I principi fondativi dell’economia civile sono:

I. La reciprocità. Posto che i beni e i servizi creano un rapporto relazionale nel rapporto che si instaura tra chi li eroga e chi li riceve, allora esiste anche una reciprocità che può rendere lo scambio personale e significativo: reciproco.

II. La fraternità. Questo principio legittima e da forza alle diversità, siano esse culturali, religiose, etniche o altro, rendendole compatibili. La società fraterna permette a ciascuna singola persona di poter realizzare la propria personalità e la propria dignità, in un contesto di parità. La fraternità è un bene di legame, poiché creando gli spazi di relazione fra gli individui fa si che gli esseri umani liberi e uguali diventino anche persone.

III. La gratuità. Qui non si tratta di essere altruisti o filantropi, ma si intende di trattare l’altro con rispetto, in un rapporto di reciprocità, accostandosi agli altri non cercando di usarli a nostro vantaggio.

IV. La felicità pubblica. La ricerca della felicità è individuale e spesso egoistica, di contro la ricerca della felicità pubblica mette al centro del vissuto un’etica delle virtù che si realizza nella scoperta del bene comune. In questi tempi di crisi, è da sottolineare che la stessa ricerca individuale di felicità deve giocoforza prendere forma attraverso la dimensione sociale e relazionale, cioè felicità individuale e quella pubblica, sono indissolubili.

V. La pluralità degli attori economici. L’economia civile permette di coinvolgere, nel gioco democratico, sia soggetti pubblici che privati, superando la dicotomia stato/mercato. Le attività di economia civile, accanto allo Stato e al mercato, danno impulso alle attività dei molteplici stakeholders in grado di dar voce alle istanze della società civile, insomma realizzare una democrazia deliberativa.

In questo discorso trova spazio la Giustizia Sociale, tema al centro della Giornata Internazionale delle Nazioni Unite che si celebra il 20 febbraio di ogni anno.

La giustizia sociale è un principio alla base della convivenza pacifica e prospera all’interno e tra le nazioni. Sosteniamo i principi della giustizia sociale quando promuoviamo l’uguaglianza di genere con i diritti delle popolazioni indigene e dei migranti. Promuoviamo la giustizia sociale quando rimuoviamo le barriere che le persone affrontano a causa di sesso, età, razza, etnia, religione, cultura o disabilità.

Per le Nazioni Unite, la ricerca della giustizia sociale per tutti, significa promuovere lo sviluppo e la dignità umana. L’adozione da parte dell’Organizzazione internazionale del lavoro della Dichiarazione sulla giustizia sociale per una globalizzazione equa è solo un esempio recente dell’impegno del sistema delle Nazioni Unite per la giustizia sociale.

La Dichiarazione si concentra sulla garanzia di risultati equi per tutti attraverso l’occupazione, la protezione sociale, il dialogo sociale, i principi e i diritti fondamentali sul lavoro. Il tema scelto per il 2019 è: Se vuoi pace e sviluppo, lavoro per la giustizia sociale.

Il 26 novembre 2007, con la Risoluzione A/RES/62/10, l’Assemblea Generale proclamò il 20 febbraio come Giornata Mondiale per la Giustizia Sociale ed invitò gli Stati Membri a dedicare questo giorno alla promozione di attività nazionali, coerenti con gli scopi e gli obiettivi del Summit Mondiale per lo Sviluppo Sociale e la 24a sessione dell’Assemblea Generale.

La celebrazione della Giornata Mondiale per la Giustizia Sociale dovrebbe sostenere gli sforzi della comunità internazionale nell’eliminazione della povertà, nella promozione dell’impiego per tutti e del lavoro dignitoso, nell’uguaglianza di genere e nell’accesso al benessere sociale e alla giustizia per tutti.

In conclusione, l’economia capitalistica vede la crescita infinita dell’economia come un obbligo. Tuttavia, niente in natura cresce per sempre, mentre l’economia civile nasce come scienza della pubblica felicità nel tentativo di legarla al bene comune o tutti sono felici in una nazione o non lo è nessuno, poiché la felicità di un popolo è un gioco di coordinamento.

E’ importante la cooperazione di tutti…o di quasi tutti e allora lo sviluppo civile ed economico decolla. Se qualcuno fa il birbo, come scriveva Antonio Genovesi, restiamo tutti bloccati in varie trappole di povertà.

Napoli, 18 febbraio 2019