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 Dov’è il mio tesoro? Cerco le cose preziose della vita. Niente bigiotteria!

di frate Valentino Parente

 

 

Cercare, trovare, vendere, acquistare.
Che fatica vivere!

Ne è valsa la pena?
È stato un buon affare?

Affascinato, ho venduto!
Sedotto, ho rinunciato!

Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo” (Is 43,4).

 

 

 26 luglio 2020  Santi Anna e Gioacchino

sant'anna

 

XVII domenica del tempo ordinario anno A
Matteo 13, 44-52

A17-LContinua la nostra lettura del cap. 13 del vangelo secondo Matteo, in cui Gesù, attraverso altre tre parabole, continua a parlarci del “regno dei cieli”.

Attraverso di esse, secondo il suo stile, ce ne spiega la natura, le caratteristiche, gli sviluppi, la destinazione.

Domenica scorsa Gesù ci parlava del regno dei cieli in sé stesso:

-         nella sua composizione (grano e zizzania),

-         nella sua funzione (lievito)

-         nella sua crescita (grano di senapa).

Attraverso le parabole di oggi, invece, Gesù vuole parlarci dell’atteggiamento dell’uomo nei confronti del Regno.

Anche oggi, il vangelo ci offre tre parabole.

Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo…,

Il regno dei cieli è simile… a una perla preziosa…,

Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare…

Quest’ultima parabola è simile a quella della zizzania, letta domenica scorsa, cioè sottolinea una situazione di mescolanza che richiede un intervento ultimo di separazione da parte di Dio.

Non mi soffermo su di essa, ma voglio concentrare l’attenzione sulle prime due.

Leggendo le prime due parabole distrattamente, rischiamo di scambiarle per due simpatici quadretti di vita.

Invece ci troviamo davanti ad una proposta straordinaria di Gesù, una proposta che può cambiare la vita, come l’ha cambiata ai due protagonisti delle parabole, ai discepoli e ai tanti che lo hanno seguito e hanno creduto in Lui.

Un uomo, trova in un campo un tesoro sepolto…

La parabola non doveva certo sembrare assurda, data l’abitudine, per gli antichi, di seppellire il morto con tutti i suoi gioielli.

Ancora oggi è possibile trovare tombe antiche che nascondono grandi tesori.

Pieno di gioia, quell’uomo vende tutto ciò che ha e compra quel campo per venire in possesso del tesoro.

Allo stesso modo agisce un collezionista di perle preziose.

Un giorno ne trova una di grande valore; allora va, vende tutti suoi averi e la compra.

È il vangelo quel tesoro o quella perla che noi scopriamo nel campo che è il mondo, cioè nella nostra vita.

È lì che possiamo trovare il vangelo di Gesù Cristo, la sua Parola, la sua Persona.

La relazione di amicizia con lui è un tesoro.

Tutti conosciamo il proverbio:Chi trova un amico trova un tesoro”.

Ma forse non tutti sanno che questo proverbio è di origine biblica, è una espressione adoperata dall’antico Siracide (Sir. 6,14), per dire che l’amicizia è un autentico tesoro.

Ma il riferimento fondamentale che la parabola vuole insegnarci è che chi trova Gesù Cristo come amico, ha scoperto davvero il tesoro.9638_750L’espressione tesoro ha una valenza economica, però la si adopera molto spesso anche in ambito affettivo.

Gli innamorati si chiamano tesoro, perché la persona amata è considerata un tesoro e la persona è molto più preziosa di ogni altro bene.

 L’autentico tesoro è il Signore Gesù.

Chi trova questo amico ha trovato davvero il tesoro della sua vita.

E può lasciar perdere il resto, tranquillamente, con grande gioia, perché ha trovato un tesoro, perché ha trovato la perla preziosa che riempie la vita.

Se nella nostra vita di fede ci accontentiamo di formule, pratiche, riti, senza una relazione personale, rimane fredda, spesso inutile, non tocca la vita, è superficiale.

Gesù ci dice che per trovare il tesoro bisogna cercare…, scavare…, perché è nella profondità della nostra esistenza che si trova questo tesoro.

Allora la nostra vita di fede diventa una relazione personale, affettuosa, intensa; diventa una relazione da persona a persona, da cuore a cuore, ed è questo legame profondo con il Signore che dà senso alla nostra vita.

Le due parabole, che pure sono così simili, hanno una nota che le differenzia.

Nella prima parabola l’uomo “trova” il tesoro, non lo ha cercato, si direbbe un colpo di fortuna.

Nella seconda parabola, il commerciante “va in cerca” di perle preziose, è lo scopo della sua vita, e un giorno la fortuna gli arride.

Nell’uno e nell’altro caso, sia che ci capiti di conoscere il Signore, sia che lo troviamo, dopo averlo cercato, siamo posti dinanzi ad una scelta fondamentale: vendere tutto, dare via tutto, in altre parole, essere disposti a qualsia­si sacrificio.

Tutto l’insegnamento delle due parabole è racchiuso in quella decisione di disfarsi di tutto, per poter acquistare il tesoro e la perla.

Per un tale tesoro, non solo vale la pena che l’uomo rinunci a tutte le cose, ma anche, come dice Gesù, che rinunci alla sua stessa vita, perché chi perde la sua vita per il regno dei 4927cieli la ritroverà; mentre chi la vuole salvare la perderà (Mt 10,39). 

Questo tesoro nascosto, per il quale bisogna vendere tutto, è, sì, il regno dei cieli, cioè una realtà, ma è anche e in primo luogo una persona: è Gesù stesso. 

È lui la perla preziosa.

In ognuna delle due parabole vi sono non uno, ma due attori: uno pa­lese che va, vende, compra, e uno nascosto, sottinteso.

L’attore sottinteso è il vecchio proprietario che non si accorge del tesoro nascosto nel suo campo e lo vende al primo richiedente.

È l’uomo che possedeva la perla preziosa, e la cede al mercante di passaggio.

Ora la domanda è semplice: noi, a quale dei due attori somigliamo?

Considerando un po’ la vita di fede di tanti cristiani, la risposta non ci fa molto onore. Possia­mo dire di essere il contadino stolto e il mercante sconsiderato.

No­stro era il campo con il tesoro, nostra la perla prezio­sa.

Noi conoscevamo Cristo, avevamo la fede, nostre erano le promesse, nostro il regno di Dio.

Eccetto una minoranza sempre più esigua, ab­biamo svenduto la fede.

Chi l’ha barattata per un’ideo­logia, chi per soldi, chi per pigrizia, chi semplicemen­te per sembrare moderno, superiore a queste cose.

Abbiamo venduto, o stiamo venden­do, anche noi la primogenitura per un piatto di lentic­chie, come fece Esaù (Genesi 25,29-34).

Altro che disposti a dare via tut­to, pur di non perdere Dio e la fede!

Non siamo nep­pure capaci di dare una mezz’ora di tempo per andare la domenica a rinfrescare la nostra fede nel contatto con la parola di Dio e il corpo di Cristo!

Per tanti battezzati l’impegno della Messa domenicale è l’ultima delle preoccupazioni.

Quanto è pericoloso questo atteggiamento!

E se aves­se ragione il vangelo?

 

Napoli, 25 luglio 2020