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Dog house. Impianti di accoglienza per cani.

di Pasquale Falco

È l’antica amicizia, la gioia di essere cane e di essere uomo,
tramutata in un solo animale che cammina muovendo sei zampe
ed una coda intrisa di rugiada.

Pablo Neruda

Gli impianti che ospitano cani possono essere di diverse tipologie e finalità.

Il quadro complessivo si è andato delineando negli ultimi decenni con diverse norme.

Di seguito se ne ripropone una rapida sintesi e conseguente classificazione.

Nel periodo antecedente gli anni ’90 del secolo scorso, l’impianto di accoglienza per cani più diffuso era il canile pubblico comunale, dove si effettuava, sotto vigilanza veterinaria, il controllo di malattie infettive, come la rabbia, e il controllo del randagismo, col ricorso all’eutanasia.

I cani randagi catturati venivano trattenuti per non più di tre giorni e quindi soppressi, se non reclamati dal proprietario.

Con la Legge Quadro , L. n.28/1991 , il cane, quale animale di affezione, acquisisce il diritto ad essere tutelato.

Si prevedono due tipi di strutture:

  1. il canile pubblico comunale;
  2. il canile rifugio

Tali luoghi devono essere separati, anche se adiacenti.

a)      Il canile pubblico, definito anche canile sanitario, di proprietà del Comune, che può essere dato in gestione ad associazioni protezionistiche, ospita temporaneamente il cane vagante, catturato o abbandonato, per un necessario periodo di osservazione (da un minimo di 10-15 giorni fino ad un massimo di 60 giorni).

Se in questo periodo non ne viene reclamato il possesso, il cane viene affidato o ad un nuovo proprietario, o viene affidato ad un canile rifugio.

In sostanza il canile sanitario è un reparto di isolamento con funzione di filtro, in cui, mediante permanenza in box individuali, è garantito il benessere dell’animale.

b)      Il canile rifugio, invece, è destinato ad ospitare i cani che hanno superato favorevolmente il periodo di osservazione sanitaria.

La Legge n.349/1993 disciplina l’attività cinotecnica (allevamento, selezione e addestramento delle razze canine) e la figura dell’allevatore.

Chiunque abbia una femmina di qualsiasi razza canina, che fa una cucciolata, è definito “allevatore”; può diventare “allevatore amatoriale”, non inquadrato dal punto di vista fiscale, ma  riconosciuto dall’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana), se è proprietario, da almeno un anno, di due femmine della stessa razza che, dopo essere state presentate in esposizione, abbiano ottenuto la qualifica di almeno Molto Buono, ed abbiano entrambe prodotto una cucciolata.

Inoltre, è chiaramente necessario che dimostri di avere gli spazi e le strutture adatte alla crescita dei cuccioli.

Con questa legge, quella cinotecnica diventa attività imprenditoriale agricola, quando i redditi che ne derivano sono prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto.

Il tempo dedicato all’attività viene quantificato in giorni lavorativi (più del 50% dei giorni lavorativi annui).

In tal caso i soggetti che esercitano l’attività cinotecnica, così come sopra, sono imprenditori agricoli, ai sensi dell’art.2135 del cod. civile. Non sono comunque imprenditori agricoli gli allevatori che in un anno hanno meno di 5 fattrici e producono meno di 30 cuccioli.

Se si verificano entrambe queste due ultime condizioni, è allora possibile l’iscrizione presso la Camera di Commercio come imprenditore agricolo e alle liste dei coltivatori diretti e beneficiare così di tutte le agevolazioni relative al settore agricolo.

In assenza di tali requisiti, invece, coloro che praticano l’attività cinotecnica possono richiedere l’iscrizione presso la Camera di Commercio come imprenditori commerciali.

Le principali attività della cinofilia vanno dall’allevamento (amatoriale e professionale), alla pensione per cani, all’addestramento, alla prestazione di servizi di toelettatura; ovviamente tali attività possono coesistere in varie forme.

Infine, il D.lgs n.26/2014, di recepimento della direttiva n.2010/63/UE, detta regole per l’utilizzo, in esperimenti scientifici di molteplici specie di animali, tra cui anche i cani, il cui utilizzo è vietato in linea di principio, ma ammesso in deroga. Vengono individuate caratteristiche tecnico-strutturali e micro ambientali (grandezze superficiali delle aree di contenimento, ventilazione, temperatura, umidità, illuminazione, rumore) dei locali di permanenza degli animali.

Nel diagramma di sintesi le diverse tipologie di impianti

Napoli, 9 marzo 2020