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CALMA, SI RICOMINCIA DACCAPO
di Luigi Antonio Gambuti

Caro direttore, consentimi una metafora, una semplice metafora.

Ci si è mai chiesto perché nel rissoso condominio in cui abitiamo sia scoppiata una guerra che ha frantumato le poche certezze che tenevano tranquillo e speranzoso tutto il caseggiato?.

Si è forse discusso, o forse solamente messa in discussione –in questo caseggiato spesso si pensa, si progetta, e si rinvia tutto a data da definirsi- qualche elemento che interessa tutti gli inquilini e non soltanto l’amministratore, i capiscala, i pulitori, per non dire del portiere.

Che fine hanno fatto la qualità delle relazioni, la salute collettiva, il decoro dell’ambiente, l’equilibrato servizio di riscaldamento, il rispetto delle situazioni a rischio per la fatiscenza delle strutture abitative, le bollette mensili, le relazioni umane, la raccolta dei rifiuti e tanto altro
ancora?.

Non mi pare che l’altro giorno gli inquilini siano stati chiamati, e con una enorme dispersione di energie, a decidere se come e quando aggiustare, preparare e rendere più salubre e sicuro il caseggiato. O scegliere per individuare qualche elemento che potesse migliorare il rapporto tra famiglie e quelli tra persone dando a tutti e a ciascuno la possibilità di comprendere scegliere ed agire per contribuire a stare meglio tutti assieme e a non essere, come spesso accade, vittime di lazzi, frizzi e camarille o di vere e proprie violenze da parte degli inquilini più potenti e di quelli del fabbricato accanto. O di quelli nostrani che si sentono migliori solo perché hanno saputo con ogni mezzo piazzarsi nei piani superiori.

No, niente di tutto questo.

Di tutto s’è discusso e s’è deciso, tranne che di come affrontare e risolvere la massa di problemi che tocca la struttura, gli inquilini e la loro qualità di vita.

E’, allora, dirai: è di che s’è trattato nell’ultima riunione? Non lo crederai, di tutto s’è trattato tranne che dei bisogni comuni a tutto il condominio.

Hanno litigato, è quasi un anno, su quali regole “costruire” il gruppo di persone a cui dare oneri ed onori – soldi, più che altro, tanti a fronte di pochi oneri in verità – si è trattato di modificare quello che chiamano il regolamento condominiale generale per organizzare il gruppo di persone che dovrebbe comandare ed indirizzare l’agire di tutti, compreso lo star bene in salute, il viaggiare tra un piano e l’altro delle scale, usare l’ascensore, il colore da dare alle pareti del palazzo e di tante altre cose ancora.

Capiscimi, caro direttore, non hanno litigato tra chi diceva sì e chi diceva no su questioni reali per migliorare il bene collettivo. No, hanno litigato e consumato corrente, carta e denari per organizzare il loro tasso di potere, il loro ben-essere sostanziale e, diciamolo pure, la loro rilevante presunzione.

Questo hanno fatto; hanno lottato per organizzare al meglio i fatti loro nello spazio comune del palazzo; la loro fetta di rappresentanza e di potere. E allora? Niente, chi ha vinto e chi ha perso non ha fatto altro che pensare a come occupare a mantenere la sua posizione o quella della cerchia dei suoi amici ( della famiglia, di quella rimasta come tale, non ne parliamo!) per restare al posto di comando, fosse pure quello per organizzare l’albero di natale che in questi giorni va di moda.

Niente che abbia interessato i guai degli inquilini soggetti alle loro decisioni. Solo le regole del gioco al fine del potere. Niente attenzione per la manutenzione generale per gli impianti e i servizi; niente per il decoro e la pulizia delle scale e degli androni; niente di tutto questo, cioè di quelle cose che realmente e necessariamente interessano i poveri cristi che sono del caseggiato l’elemento passivo della catena di comando, anche se sulla carta gli si dà il titolo pomposo di “sovrano”.

Sono tutte fesserie, caro direttore. Questa volta la mia è la scrittura di un perdente che accetta la sfida del nulla che s’affaccia all’orizzonte, tra urla e fischi nelle trombe delle scale; tra accordi e mancette sotto banco, tradimenti e cambiamenti di bandiera; tra promesse e giuramenti, il tutto racchiuso nelle mani dei signori “fattiloro”, i soliti noti e di diverso colore.

Aspettiamo cosa deciderà il vecchio saggio e previdente portiere –custode magno del palazzo- a cui chiederanno cosa fare. Dovrebbe mandare tutti a quel paese, ma non lo può fare per correttezza “istituzionale” e metterli alla fame; ma non lo può fare. E allora, ancora una volta, stammi bene caro direttore e… staremo a vedere!.

DEDICATO ALL’IGNOTO AUTORE DELLA VIGNETTA RIPRODOTTA CHE CON UNA “MEME” HA DATO SEGNO DI QUANTO STA PER ARRIVARE.

Napoli, 9 dicembre 2016

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