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Caccia al Tesoro !!! La Lotta Selvaggia per la Poltrona e il Mercato delle Vacche mentre il Paese vacilla!

di Carlo Gimmelli

In questo ultimo scorcio di una estate che verrà ricordata come la più calda di sempre e preludio di un autunno lacrime e sangue, abbiamo avuto in sorte di assistere alla campagna elettorale più “poraccia” (non solo economicamente) dove quel che conta è essere “contro” , scovare l’anima nera dell’avversario ed ecco che ricicciano video vintage di una Giorgia Meloni diciannovenne che esaltava Mussolini statista, oppure un Salvini imberbe e scapigliato concorrente del gioco a quiz berlusconiano e ancora il vecchio slogan del Cavalier Pompetta Berlusconi contro il latente pericolo comunista.

Insomma il nuovo must elettorale è la caccia al nemico, in una reciproca guerra alla ricerca dello scheletro da esibire al pubblico ludibrio, alimentata dal braccio armato dei social dove le truppe cammellate si fronteggiano quotidianamente con il solito menu di insulti e contumelie varie.

Roba da far rimpiangere le soporifere tribune elettorali in bianco e nero dove tra “convergenze parallele” e “combinato disposto nella misura in cui” almeno si cercava di far coincidere forma e sostanza.

Oggi, a circa un mese dal voto, con una inflazione tornata ai livelli degli anni ottanta, la fine della tregua fiscale e i costi dell’energia triplicati con le piccole e medie aziende pronte a dichiarare il default, mentre gli economisti del dopo ipotizzano scenari recessivi inevitabili in autunno, i programmi dei partiti sembrano farci tornare indietro nel tempo.

Il mostruoso debito pubblico dopo una fase di stabilità ha sfondato il record di 2.700 miliardi di euro, il gas ha raggiunto quota 320 euro al metro cubo (roba che cuocere la classica fettina di carne per quattro persone equivale al costo di un costo di un braccialetto d’argento!) le aziende sono al collasso energetico, la produzione rallenta e il PIL sta calando  ma l’ordine  di scuderia è ignorare il problema e parlare d’altro!

Letta (ipotizzabile il suo addio alla segreteria dopo il 25 settembre!), giusto per tranquillizzare le famiglie indebitate, rimette in campo la solita patrimoniale e un aumento delle tasse per finanziare gli studi dei giovani (?), Calenda ripropone il carcere per gli evasori (grandi? piccoli? Ah saperlo!), un evergreen che ha il suo affezionato pubblico; mentre Berlusconi, rimesso in piedi dalla sua equipe per l’occasione, sfodera con la stessa scenografia del 1994 i mille euro di pensione per tutti e milioni di alberi oltre a dentiere e parrucchini per i poveri; Salvini invece se la cava, tirando fuori la buonanima del ponte sullo stretto, posti di lavoro e ricchezza per i siciliani, che in venti anni di studi di fattibilità, società fantasma, sedi vuote, appalti, contenziosi e regalie varie ci è costato un miliardo di euro senza la posa di un solo mattone.

In casa grillina Conte cerca un’impresa da guastatore (al momento staziona intorno al 11%) tentando di rimettere insieme i cocci della diaspora causata dal machiavellico Di Maio, che è riuscito nella non facile impresa di creare scompiglio anche nella nuova casa politica  cui si è aggrappato per restare a Palazzo.

Dopo aver imposto l’ultimo baluardo di Beppe Mao, il vincolo del doppio mandato, Conte si è trovato di fronte l’ennesimo pasticcio causato dai nostalgici della poltrona: candidare alle parlamentarie on line, mariti, fidanzati, fratelli e affini, insomma l’ennesimo machiavellico escamotage all’italiana per tentare di conservare il seggio-testimone in famiglia!

L’arrampicatore pomiglianese pochi giorni fa è riuscito a superare ogni record di contorsionismo, negando sé stesso e il reddito di cittadinanza, l’unica sua ragione politica, sostenendo che occorrerebbe limitarlo ai disabili e inabili al lavoro, davvero un capolavoro di trasformismo per colui che “abolì la povertà” dal balcone di Palazzo Chigi.

L’ex steward correrà per il PD nell’uninominale Fuorigrotta\Chiaja\ Bagnoli ma il paracadute elemosinato dall’ex partito di Bibbiano ha fatto infuriare i dirigenti locali che minacciano di boicottare il voto.

Già, inutile girarci intorno, la miscela esplosiva del Rosatellum accompagnato all’epocale mannaia grillina sugli scranni d’oro del Palazzo ha scatenato una gigantesca rissa interna ai partiti per una candidatura sicura, degna della iconica e grottesca corsa al buffet dei (finti) nobili nell’immortale Miseria e Nobiltà eternata da Totò e Scarpetta.

Di conseguenza per tutelare i big dalla trombatura elettorale si è provveduto d’imperio a paracadutarli nei pochi collegi “sicuri” in base ai sondaggi scatenando malumori e abbandoni dei capibastone locali che si sono visti soffiare il posto per far spazio al potente di turno.

Ovviamente le regioni del Sud sono state la riserva di caccia preferita, Sicilia, Campania e Calabria le Preferite, per raggiungere l’agognato seggio.

La cosa ha riguardato più o meno tutti i partiti: così il dem ferrarese Franceschini sarà capolista al Senato a Napoli, così come la sindacalista milanese Camusso, il toscano Renzi, il triestino Rosato, la lombarda Gelmini, tutti profondi conoscitori della complessa realtà campana con le relative dichiarazioni d’amore per gli elettori e il territorio d’adozione.

E nel centrodestra le cose non vanno meglio, il Cavaliere ha mandato la veneta Casellati a raccogliere voti in Basilicata e la bolognese Bernini in Veneto, scontentando tutti; in Sicilia, terra di vacanza e di conquista, sono stati candidati in collegi blindati la giovane “non moglie” Marta Fascina, la brianzola Vittoria Brambilla, l’ereditiera meneghina Stefania Craxi, Giorgio Mulè, tutti degni futuri rappresentanti delle esigenze isolane in Parlamento al punto che più di 150 dirigenti locali del partito hanno stilato un documento contro l’invasione dei candidati fantasma calati dall’alto.

L’intrusione territoriale dei big ovviamente ha creato pesanti turbolenze nei potentati locali con risse verbali e clamorosi cambi di casacca: è il caso della Campania, da sempre bacino elettorale forzista, dove i potenti ras locali De Siano, Pentangelo e Sarro, fertili rastrellatori di voti e consenso legati al discusso leader campano Luigi Cesaro da Sant’Antimo alias “Giggino’a purpetta” , esclusi dalle liste, hanno abbandonato il partito e si dirigono verso il terzo Polo di Calenda.

Terzo Polo che, in cerca di un posto al sole, arrivare almeno al 10% per poter essere il solito ago della bilancia in future alleanze, sta raccattando esuli e transfughi a mani basse, si va dalle ex forzista Carfagna e la lombarda Gelmini, candidata in Puglia, alle truppe di ex forzisti e piddini locali esclusi dalle liste, mentre la “prescelta” Maria Etruria Boschi una globetrotter in gonnella, dopo aver rappresentato per cinque anni le istanze territoriali dell’Alto Adige (eletta nel 2018 col PD, e anche lì malumori e abbandoni) è stata candidata, nel solito collegio quasi blindato, in Calabria date le sue spiccate conoscenze delle problematiche della regione più povera d’Italia.

A livello locale, specie in Piemonte, baruffe e regolamenti di conti tra gli esponenti dei due schieramenti alleati (?) con Renzi che, apparentemente e opportunamente, si è defilato dal proscenio, per superare la mannaia del 3%, e rinunciando al nome sul simbolo ceduto al Churcill pariolino Calenda ottenendo in cambio qualche candidatura di fedelissimi ex PD, come la settantasettenne Pagano, storica pasionaria del PCI locale, passata nelle fila dell’ex rottamatore, ex senatrice ed ex assessore comunale nella disastrosa sindacatura Iervolino e ora di nuovo in campo per raccattare voti in ossequio linea “giovane” renziana!

Insomma tra minipartiti nati e sciolti in un amen, politici di borgata che si autodefiniscono statisti e a malapena rappresentano se stessi, vecchi tromboni riesumati che non si rassegnano a godersi il vitalizio ai giardinetti, politicanti che avevano promesso di lasciare la politica e invece si fanno sballottare dal Manzanarre al Reno pur di non abbandonare il salone delle feste, si è aperto il conto alla rovescia per arrivare indenni al 25 settembre.

Ma il mercato delle vacche, per dirla alla Di Battista sta ingrossando a dismisura il più potente partito italico: quello dell’astensionismo!

Forse la proposta più sensata è stata quella di Calenda che ha proposto, a bassa voce, di fermare la campagna elettorale e di affrontare uniti la crisi energetica, emergenza nazionale, proposta spernacchiata e rimandata al mittente: l’orchestrina deve continuare a suonare mentre la nave affonda!

Napoli, 26 agosto 2022

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