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Breve memoria di un chiattillo che… tifa Napoli!
di Enrico Marcazzan

 State attenti, vi prego, non abbiamo per niente finito.
Noi siamo i campioni d’Italia
e abbiamo appena iniziato!
Vincenzo Salemme

 

sarentinoSiamo a Sarentino, in provincia di Bolzano.

Il tempo è un alternarsi continuo di sole, nuvole e pioggia, ma la temperatura sembra comunque piacevole.

Il maso (come lì vengono chiamati alcuni casolari tra le valli, dall’aspetto rustico e autentico) ci offre il calore necessario e i sentieri attorno ci risvegliano con colori accesi.

A 864 km di distanza, si gioca Napoli-Salernitana.

Se si vince quella battaglia, si vince la guerra. Ma alla fine si pareggia e basta.

Il nostro grido di gioia, tra le verdi valli dell’Alto Adige e con la 10 di Maradona addosso, ci si strozza in gola. 1-1.

Ma non ci scoraggiamo. “Tutto rimandato alla settimana dopo”, pensiamo.

E così, il Napoli arriva a giocare ad Udine, a 849 km dal suo stadio.

E questa volta vogliamo esserci. Non a Udine, e magari nemmeno al Maradona, ma almeno in una delle piazze della provincia di Napoli per2 assistere, assieme ad un popolo intero, alla partita con l’Udinese.

Arriviamo così a Nola, carichi di emozione dopo un viaggio di 6 ore.

Tra sorrisi, maglie azzurre e bandiere, accendiamo la tv.

E subito, dopo 13 minuti, l’Udinese è avanti. Pensiamo allora che la festa rischi di essere rimandata ancora, che i giocatori siano esausti, sia fisicamente che mentalmente, schiacciati dal peso di un popolo che sa amarti tanto da logorarti l’anima.

Ma l’amore, se è vero, ti dà anche la forza di rigenerarti, di rialzarti in piedi e crederci ancora e ancora e ancora. Ora, basta complessi di inferiorità! “Ragazzi, scendiamo in piazza per il secondo tempo!” dice uno di noi.

4E ci convince. Chissà, forse per scansare la paura o perché fiutava qualcosa nell’aria.

Scendiamo allora speranzosi, con bandiere e l’immancabile 10 come una seconda pelle.

E, improvvisamente, prima di arrivare alla pizza principale, sentiamo delle urla.

Urla di gioia. Fuochi d’artificio in cielo.

In preda ad una sanissima “isteria” collettiva, ci precipitiamo correndo e urlando verso la piazza.

Perché già avevamo capito.

La città, se sai ascoltarla, è viva, trasparente, è vera.

Arriviamo quindi nella piazza principale di Nola.

Ed esultiamo. Il gol del pareggio? Non lo abbiamo visto, ma che importa?

L’importante è che la palla sia entrata nella rete giusta e che quel digiuno lungo 33 anni (più di quelli che ho io che scrivo e tanti quanti quelli di Nostro Signore) sia destinato a finire.

E da lì comincia la tensione. Ci guardiamo, ci salutiamo, la piazza si riempie sempre di più.Tifosi-Italiani

E tutti aspettiamo solo quei dannati ma benedetti tre fischi dell’arbitro. “Dai, butei!” (“Dai, ragazzi!”) dico tra i denti (sono veronese, ognuno ha i suoi difetti…). Fino al fischio finale.

E allora, a quel punto, ci abbracciamo tutti, urliamo, esultiamo, cantiamo, e la festa continua, continua fino all’alba.

Andiamo a dormire alle 4, senza voce, senza aver realizzato ancora cosa è successo quella sera.

3Napoli, bella mia, quanto te lo sei meritato questo scudetto?

Quante umiliazioni hai sopportato per arrivare fino a qui? E quante ne sopporterai ancora?

Una tra le città più ferite del mondo è ora il simbolo di un riscatto sociale.

Finché c’è Napoli c’è speranza, ho sentito dire. Ed è proprio vero.

Una città che sa accogliere e amare anche un settentrionale (un chiattillo…) come me, be’… è solo da amare! Forza Napoli!

Pisa, 12 maggio 2023

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