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Il grande vescovo di Acerra, scomparso il 10 dicembre, venne a Grazzanise il 24 febbraio 1997

Grazzanise: Indimenticabile la Sua Lezione agl’ incontri su “Giovani e Devianza”

Una rappresentanza del Cocevest sarà presente ai solenni funerali nel giorno di Santa Lucia

di Raffaele Raimondo

Una piccola rappresentanza del Cocevest (Comitato per la celebrazione degli Eventi storici) sarà presente, con sincero rimpianto, ai solenni funerali del prete dei terremotati e vescovo anticamorra, monsignor Antonio Riboldi, che si celebreranno ad Acerra nel pomeriggio di mercoledì 13 dicembre, giorno di Santa Lucia. Un atto semplice e spontaneo, anche in segno di gratitudine verso il “grande testimone della fede cristiana” che 20 anni fa, il 24 febbraio 1997, trovò il tempo di venire a Grazzanise per tenere una “lezione”, accettando così (grazie al “felice assenso” dell’allora arcivescovo di Capua, mons. Luigi Diligenza) l’invito che gli aveva rivolto il Cocevest impegnato in una serie di incontri formativi sul tema “I giovani del nostro tempo fra idealità e devianza” attuati per l’intero mese nell’ambito del corso di educazione alla cittadinanza “Fare politica: per temi e per problemi” realizzato dal giugno 1996 allo stesso mese del 1997.

Indimenticabile il suo intervento, che rimane ancora adesso inedito, per la potenza delle argomentazioni e la forza persuasiva di un prelato che aveva già 74 anni ed era noto in tutt’Italia soprattutto in virtù di due esemplari testimonianze: la paterna solidarietà a sostegno delle popolazioni del Belice colpite dal sisma e, dopo, l’eccezionale coraggio sprigionato in Campania nell’affrontare – con straordinaria sensibilità pastorale, umana e sociale – il grave cancro dei clan camorristici.

Nell’aula magna della scuola media “F. Gravante”, sede del corso, i giovani ascoltarono attoniti la narrazione di un impavido uomo di Chiesa che papa Francesco, appresa la notizia della dipartita, ha giustamente definito “fortezza evangelica”. Trapelava limpido, dal suo discorso, il desiderio di comunicare l’urgenza e la necessità di schierarsi dalla parte del bene, sacrificando ogni utile energia, per il riscatto di ogni persona afflitta dalle umiliazioni generate da indigenze, disastri, disonestà, corruzioni, violenze.
Don Riboldi proponeva in sostanza una dimensione religiosa non soltanto praticata nelle liturgie, bensì profondamente aperta al dovere di farsi carico in concretezza del dolore e dei bisogni individuali e collettivi, nell’intento di far largo man mano, dovunque, alla liberazione della singola persona e alla gioia di vivere nelle comunità. Le meraviglie di quella robusta proposta lasciò il segno nell’animo dei giovani, anche se, a dire il vero, nel tempo non si videro molti semi germogliare.

Eppure, nella formulazione di saluto che al rosminiano don Riboldi rivolsero, avevano mostrato buone intenzioni:“Aspettavamo, Eccellenza, la Sua venuta, con trepidazione e con speranza, sicuri che la sua parola scenderà nei nostri cuori, illuminerà le nostre menti, resterà insieme ricordo e promessa di un migliore avvenire”. Essi credevano di abbracciare finalmente “un autentico spirito di servizio” in questa terra del Basso Volturno “imbrigliata dalla debolezza economica, da ritardo storico” e da uno sviluppo mancato. Addirittura pensavano di adoperarsi seriamente, da cattolici e cittadini in cammino verso il terzo Millennio, per “fondare un progetto forte” e capace di incidere positivamente sulla società locale, rafforzando organizzazioni e dinamiche culturali, civili e politiche.

Purtroppo nei venti anni trascorsi si è rivelata debole e discontinua la spinta innovativa, davanti alla caparbia resistenza della vecchia mentalità e della miopia diffusa ai più diversi livelli. Anzi sono aumentati i problemi e tanti giovani hanno preferito emigrare al nord o all’estero. C’è oggi un’altra generazione giovanile che forse non sa nemmeno chi è stato e che ha fatto don Riboldi.

E quindi un solo auspicio: nel momento in cui ad Acerra si onora il suo fulgido esempio, balenino scintille di conoscenza e di speranza anche a Grazzanise che un giorno lo accolse e lo riconobbe “profeta”.

Grazzanise, 13 dicembre 2017