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Amore di Dio e amore del prossimo: la meta e la strada!
di frate Valentino Parente

 

L’amore non fa alcun male al prossimo:
pienezza della Legge infatti è l’amore.

Romani 13,9-10

 

 

XXX domenica del tempo ordinario – anno A – 25 ottobre 2020

visualizza Esodo 22, 20-26 Matteo 22, 34-40

A30-LDopo la questione del tributo a Cesare, proposta dai farisei e dagli erodiani, l’evangelista Matteo, come anche gli altri sinottici (sono detti vangeli sinottici quelli di Matteo, Marco e Luca), racconta come, “in quello stesso giorno vennero a lui dei sadducei” per porgli la questione della risurrezione dei morti.

Ma la liturgia ci fa saltare questo episodio, raccolto in una decina di versetti, per presentarci la questione, posta a Gesù, sul “più grande comandamento della legge”.

E lo fa presentandoci questi incontri come un rimbalzarsi la palla tra le varie fazioni, erodiani, farisei e sadducei, coalizzati contro Gesù per metterlo alla prova.

Infatti l’evangelista comincia proprio sottolineando questa alternanza delle fazioni, con l’intenzione di far cadere Gesù: “Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova”.

È la volta di un dottore della legge, un fariseo, forse rimasto ammirato dalla risposta di Gesù contro i sadducei a favore della risurrezione (è il brano che è stato saltato dalla liturgia) e gli pone un quesito meno problematico, meno provocatorio: «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?».

La ricerca dell’essenza della Legge era una questione che appassionava tutti gli uomini religiosi al tempo di Gesù.

La Legge era quella di Mosè. Solo che, con l’andare del tempo, a questa legge vi si erano aggiunte numerose altre norme e interpretazioni, tanto da ritrovarsi con dei risultati sorprendenti: ben 613 precetti.

Di questi, 365 erano proibizioni e 248 imposizioni.

Il numero di questi precetti è sicuramente carico di significati simbolici: 365 sono notoriamente i giorni dell’anno, mentre 248 era considerato il numero delle ossa del corpo umano.mose

Attraverso questi numeri la Torah, cioè la Legge, voleva dire che ogni giorno dell’anno dobbiamo impegnarci a non violare i 365 precetti negativi e con le nostre 248 singole ossa dobbiamo compiere le 248 azioni prescritte.

In questo modo si vo­leva essere sicuri che nessun elemento della vita quotidiana, nes­suna situazione sfuggisse a una rigorosa codificazione, in modo che il fedele sapesse con precisione come comportarsi in tutte le circo­stanze.

Pertanto era diventato difficile raccapezzarsi in quel guazzabuglio di disposizioni.

L’equivoco di fondo consisteva nel credere che la coscienza potesse sentirsi a posto dalla quantità di norme rispettate e di pratiche eseguite.

Molti, dunque, avvertivano l’esigenza di fissare una gerarchia di valori in quel guazzabuglio di leggi.

Arrivare ad una semplificazione, in modo che fosse chiaro ciò che era importante e ciò che non lo era o lo era di meno

Dinanzi a questo quesito, i vari maestri proponevano diverse sintesi.

Qui chiedono a Gesù qual è la sua opinione.

8-vangel_LuRscN9-thumbnail-970x600-70E Gesù rimanda all’Antico Testamento, alla Legge tradizionale di Israele: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il prossimo tuo come te stesso”.

In questo modo Gesù vuole ricordare come, da sempre, il Signore si sia rivelato come un Dio di amore e la relazione di affetto nei suoi confronti deve portare sempre ad un atteggiamento benevolo nei confronti del prossimo, deve sempre avere un riflesso di amore verso l’altro. 

Il primo e grande comandamento – quello dell’amore di Dio – Gesù lo riprende dal libro del Deuteronomio: «Ascolta Israele – aveva scritto o tramandato Mosè - Il Signore è il nostro Dio; il Signore è uno solo.  Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Deut. 6,4s.).

Queste parole solenni erano diventate come il «credo» del popolo eletto; ogni pio israelita le ripeteva almeno due volte al giorno.

Il secondo comandamento, “simile al primo”, è preso dal libro del Levitico: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore» (Lv 19,18).

Gesù prende, dunque, queste due citazioni, presentandole come il primo e più grande comandamento; poi conclude: “Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”.

La Legge è un termine per indicare il Pentateuco, cioè i primi cinque libri della Bibbia, secondo la tradizione, quelli tramandati da Mosè. I profeti rappresentano l’altra grande raccolta di libri biblici.

Tutto l’insegnamento dottrinale della Bibbia può dunque essere sintetizzato in questi due comandamenti: amare Dio e amare il prossimo.

Due facce della stessa medaglia.

In fondo Gesù non è venuto a insegnare qualcosa di nuovo, questa dottrina, c’era già. Tanto che il dottore della Legge che lo aveva interrogato, si complimenta con lui: «Hai detto bene, 8468_700Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’é altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come sé stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici» (Mc 12,32-33).

La novità portata da Gesù, sta nella posizione che occupa l’amore del prossimo all’interno della Legge: Gesù lo pone accanto all’amore per Dio, che è il primo comandamento: «Il secondo è simile al primo».

L’amore dell’uomo è posto sullo stesso piano dell’amore di Dio.

L’amore del prossimo è la via, l’amore di Dio è la meta.

Uno scrittore antico racconta che l’evangelista Giovanni, giunto a tardissima età, si faceva portare alle riunioni dei cristiani e lì, in­vitato a dire qualche parola, ripeteva sempre: «Figlioli, amiamoci gli uni gli altri perché l’amore è da Dio!».

Alcuni un gior­no gli dissero: «Ma Padre, tu sei stato con Gesù e sai tante cose di lui; come mai ci ripeti sempre la stessa cosa?».

E Giovanni rispondeva: «Perché è il precetto del Signore e se lo mettiamo in pratica, abbiamo mes­so in pratica tutto il suo vangelo».

Nola, 24 ottobre 2020