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Joker e la critica alla società moderna

di Stefania Di Martino

 

Acclamato a gran voce, Joker ormai può essere consacrato il film dell’anno, forse anche di più. C’è chi si è spinto oltre, definendolo un vero e proprio capolavoro. Stranamente, benché nato da un fumetto, di fantasioso non ha proprio nulla.

Non ci sono supereroi e neppure superpoteri; non sono presenti tratti classificabili come irreali o grotteschi. Non c’è traccia di batmobile o di pipistrelli.

La storia potrebbe essere senza alcuna difficoltà quella di un uomo della nostra città, un povero disgraziato infelice della sua vita, e che nonostante questo prova a fare del suo meglio. Si alza ogni mattina e svolge il suo umile lavoro, per cui nessuno mai lo ringrazierà o gliene renderà merito. Cura una madre egoista ed anaffettiva sperando di ricevere un giorno la giusta ricompensa. Vive guardando la tv e sognando un futuro diverso, fatto di successi e amore.

Poi, come spesso accade, un quid sconvolge tutto. A ritmo di danza assistiamo al mutamento della mente e alla nascita della malvagità.

Nulla più ha importanza. Quel che conta è solamente vendicarsi, far soffrire chi ci ha fatto soffrire.

Qualsiasi spettatore empatizza con Arthur, lui diventa il nostro eroe e speriamo nel suo successo.

Poi ci si accorge che si empatizza con il male che a volte noi stessi creiamo, attraverso la frustrazione che riversiamo sull’altro, l’invidia che non ci fa godere dei successi altrui, l’isolamento che creiamo attorno a noi.

Quel che resta alla fine è l’amaro in bocca, alla fine Bruce Wayne, Joker, Gotham passano in secondo piano perché quel che si vede a tutto schermo siamo noi, proprio ora.

 Napoli, 31 ottobre 2019