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TERZO ANNIVERSARIO

di don Giulio Cirignano-biblista

I mezzi di comunicazione hanno dato giusto risalto all’anniversario della elezione di Papa Francesco. Riflessioni, commenti. Anche il nostro semplice e appassionato diario dell’esodo non può lasciarsi sfuggire una ricorrenza cosi significativa. Il cammino che il papa vuol far compiere alla sua Chiesa per farla uscire dalla cultura spirituale e teologica preconciliare è entusiasmante ma, nello stesso tempo, assai complesso. Alla conclusione del terzo anno di pontificato possiamo volgere lo sguardo al cammino percorso. Alla bellezza e alla complessità. Cominciamo dalla bellezza.

La prima nota positiva che occorre sottolineare con vigore è la collocazione al centro della vita ecclesiale del “gaudio evangelico”. Ciò significa che tutto deve essere valutato a partire da questa postazione privilegiata. Il gaudio al centro vuol dire ripensare profondamente il nostro modo di essere e di parlare in quanto credenti. La catechesi e la formazione cristiana ne devono essere intessute. Da qui un nuovo modo di pensare l’esperienza religiosa cristiana. Questa mossa ha un preciso sapore rivoluzionario. Come mai? Dobbiamo ammettere che il gaudio, intrinsecamente connesso con la esperienza credente aveva ceduto il posto ad altri elementi.

Si erano insediati al suo posto valori certamente importanti, ma non così preziosi come il gaudio. Valori che in assenza della gioia tendono perfino a deformarsi. Per comprendere la forza sovversiva della gioia evangelica niente è così efficace come tornare a leggersi i numeri dedicati dal Papa alla mondanità spirituale.

Dopo aver affermato che “questa oscura mondanità si manifesta in molti atteggiamenti apparentemente opposti ma con la stessa pretesa di dominare lo spazio della Chiesa”(n.95) conclude : “ Chi è caduto in questa mondanità guarda dall’alto e da lontano, rifiuta la profezia dei fratelli, squalifica chi gli pone domande, fa risaltare continuamente gli errori degli altri ed è ossessionato dalla apparenza……non impara dai propri peccati né è autenticamente aperto al perdono…..è una tremenda corruzione con apparenza di bene…..bisogna evitarla mettendo la Chiesa in movimento di uscita da sé, di missione centrata in Gesù Cristo, di impegno verso i poveri. Dio ci liberi da una Chiesa mondana sotto drappeggi spirituali e pastorali!……Non lasciamoci rubare il Vangelo!”(n.97). Una Chiesa dal volto arcigno, intenta prevalentemente a condannare o quantomeno a ribadire principi, a imporre il proprio punto di vista, a difendersi e ad attaccare sempre nuovi nemici, in somma una Chiesa che smarrisce la propria vocazione alla affabilità ed alla tenerezza, avverte di essere convocata dal gaudio evangelico ad un reale conversione. Proprio la conclusione del tema della mondanità spirituale che abbiamo citato ci consente di individuare altri due elementi preziosissimi in questo inizio di pontificato: il ritorno al Vangelo e l’attenzione ai poveri.

Il ritorno al Vangelo: ma questo non l’abbiamo mai dimenticato, potrebbe dire qualcuno. E’ vero, ma c’è modo e modo di ricordarlo. A quanti pensano che questo non sia un dato rivoluzionario basterà rammentare che per ben quattro secoli la Parola di Dio era stata messa in ombra. Può questo fatto essere senza conseguenze?

Anche l’attenzione ai poveri non è mai mancata nella storia cristiana. Basta pensare a figure gigantesche di eroi della carità. Ma anche tale attenzione può essere vissuta in una infinita gamma di modalità . Anche a questo riguardo la cosa più utile da fare è meditare attentamente quanto è scritto nella esortazione apostolica sulla integrazione sociale dei povero (E.G. nn.186-192). E’ una prolungata, coraggiosa, riflessione. Di questo denso insegnamento mi piace riportare solo una frase relativa alla solidarietà:” Richiede (la solidarietà) di creare una nuova mentalità che pensi in termini di comunità, di priorità della vita di tutti rispetto all’appropriazione dei beni da parte di alcuni”(n.188). Ma è un vero peccato leggere una sola frase e non l’intero discorso.

Insieme al vigoroso riferimento al Vangelo, altro carattere positivo di questi tre anni di pontificato è stato il costante pensiero al Concilio. Anche a questo riguardo la novità non è assoluta. Tuttavia tutto nel modo di agire e parlare di Papa Francesco ha avuto sapore di Concilio. Basta pensare al recupero continuo della immagine di Chiesa come popolo di Dio, con l’insistente richiamo al ruolo del laicato e alla valorizzazione della donna :” Qui si presente una grande sfida per i pastori e per i teologi, che potrebbero aiutare a meglio riconoscere ciò che questo implica rispetto al possibile ruolo della donna lì dove si prendono decisioni importanti nei diversi ambiti della Chiesa.” (n.104). Finalmente la donna presente dove si prendono decisioni. Non c’è altra strada per superare il mortificante maschilismo che priva la comunità cristiana di preziose risorse. Speriamo che questa prospettiva produca un cambiamento nella prassi e nelle strutture. Non si può più dire che la considerazione della donna da parte della Chiesa si manifesta con chiarezza nella florida devozione a Maria. La sana devozione mariana è una cosa, il rispetto e la valorizzazione della donna un’altra.

Non possiamo tralasciare in questa elencazione di collegamenti conciliari i grandi e commoventi passi ecumenici, l’impegno per la pace, il valore della misericordia, la indizione dell’Anno giubilare, la decentralizzazione della Chiesa, la logica sinodale e la collegialità, il dialogo con la modernità.

Possiamo dimenticare, poi, il Sinodo sulla famiglia, coraggioso nel metodo come nella convinta necessità di prendere atto della situazione reale, senza ignorare le ferite vaste e profonde del pianeta famiglia?

Grazie, Papa Francesco, delle sue parole e dei suoi gesti. Tenga duro e non si lasci disturbare dai ritardi della sua Chiesa. Ce ne sono. Pertanto, accanto alla bellezza non possiamo ignorare la complessità che il Papa incontra nel suo cammino.

In proposito, è sufficiente una telegrafica elencazione per convincercene. Al primo posto, una sottile persistente tendenza al trionfalismo, nella sua vasta gamma di variazioni. Poi un costante diffuso devozionalismo che rischia, se non educato alla moderazione di trasformare la esperienza di fede in “religione”. Possiamo, poi, ignorare il persistente clericalismo con il corteo dei suoi riti e titoli? No, non possiamo. Ma sarà difficile liberarsene. Già nella grande lezione dei Vangeli, potere e quattrini hanno avuto parole inequivocabili di condanna. Siamo un popolo dalla dura cervice, ma il Signore non si stanca di attendere. Sarà così fino alla fine, ma la bellezza del Vangelo non sarà spenta. E con la bellezza del Vangelo anche la nostalgia di una vita bella. Con padre Turoldo possiamo dire:” può forse morire il fuoco in seno alla terra e placarsi il mare; può non fiorire primavera, ma questo cuore è impossibile che non si illuda ancora”. Con buona pace di tutti i ridicoli contorcimenti apologetici e noiose rigidità.

Napoli, 16 marzo 2016