Siamo il terreno di Dio. Abbandoniamoci alla fecondità della Parola
Siamo il terreno di Dio. Abbandoniamoci alla fecondità della Parola
di fra Valentino Parente
Magia delle parabole: un linguaggio che contiene
di più di quel che dice. Un racconto minimo,
che funziona come un carburante: lo leggi e accende idee,
suscita emozioni, avvia un viaggio tutto personale.
Gesù osservava la vita, le piccole cose non sono vuote,
sono racconto di Dio…e nascevano parabole
XV domenica del tempo ordinario - 12 luglio 2020
Isaia 55, 10-11 – Matteo 13, 1-23
Con la XV domenica del tempo ordinario iniziamo la lettura del cap. 13 del vangelo secondo Matteo, che contiene il discorso delle parabole.
L’evangelista ha raccolto proprio al centro del suo libro una antologia di sette parabole, dette le parabole del Regno. Infatti tutte queste parabole hanno come tema il mistero del Regno dei cieli.
Ma che cos’è questo regno dei cieli, o regno di Dio?
Papa Francesco, qualche anno fa, commentando l’invito del Battista: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”
Il regno dei cieli “è la signoria di Dio nella nostra storia, nell’oggi di ogni giorno, nella nostra vita; e là dove essa viene accolta con fede e umiltà germogliano l’amore, la gioia e la pace. E la condizione per entrare a far parte di questo regno è compiere un cambiamento nella nostra vita, cioè convertirci ogni giorno, un passo avanti ogni giorno”.
Tornando al vangelo, quasi tutte queste parabole si ispirano al tema del seme, della semina e della mietitura.
Da notare che per le prime due parabole (quella del seminatore e quella della zizzania) vi è una netta separazione tra i discepoli e le folle: le parabole sono per le folle ma la loro spiegazione è riservata solo ai discepoli.
Le ultime cinque parabole invece non hanno alcuna spiegazione. Attraverso di esse Gesù ha voluto presentare la dinamica con cui Dio interviene nella storia per realizzare il suo progetto.
La prima parabola, quella che serve un po’ come apertura e dà il tono a tutto il capitolo, è quella del seminatore, ovvero dei quattro tipi di terreno.
Il seminatore semina ma il seme gettato, non cade tutto sulla terra buona…
Come in un bel quadro di Van Gogh, sembra quasi che il seminatore stesso non abbia molta cura a che la sua semente arrivi solo sul terreno buono, ma la sparge ovunque…
Semina dappertutto, sulla strada, nei rovi, sul terreno sassoso, come un cieco mandato solitario senza riferimenti.
Questo sottolinea già un aspetto importante: il seminatore getta con generosità la sua semente.
E se consideriamo la spiegazione che Gesù stesso dà della parabola, identificando il seme con la parola, possiamo concludere che Dio dona la sua parola con generosità, senza parsimonia, vuole che la sua Parola giunga a tutti, anche a chi non è disposto ad accoglierla…
Gesù sembra dire che, inevitabilmente, in ogni impresa, c’è sempre qualcosa che va perduto, ma il risultato positivo certamente ci sarà.
Perché la parola di Dio è sempre viva ed efficace.
Segue poi la spiegazione della parabola, che ha sottolineato allegoricamente il valore dei quattro tipi di terreno.
Ci sono delle persone che ascoltano in modo superficiale la parola e non attecchisce nulla.
Ci sono delle persone che non hanno radici, sono incostanti e dopo aver accolto la parola, subito cambiano idea.
Ci sono persone che si lasciano soffocare da altre preoccupazioni o problemi, e quella parola ascoltata non produce risultati positivi.
Ma ci sono anche di quelli che ascoltano la Parola e la comprendono, e portano frutto.
Il seme caduto sul terreno buono produce un frutto abbondante, 100, 60, 30 per uno.
È una percentuale da sogno, irrealizzabile in natura.
Gesù intende dire che i risultati della sua parola seminata nei solchi dell’umanità saranno eccezionali.
La prima lettura conferma questa impostazione di Gesù.
Gli ultimi versetti del cap. 55 di Isaia, chiudono la seconda parte del rotolo di Isaia, quello che gli studiosi chiamano il secondo Isaia, o il libro della consolazione.
E l’ultima parola è una parola di speranza.
Alla fine del suo poema, il profeta paragona la parola di Dio alla pioggia e alla neve: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”.
Dio parla e opera quello che desidera, Dio manda la sua parola e questa compie ciò per cui l’ha mandata. Una verità che troviamo ripetuta molte volte fin dalla prima pagina della Bibbia: “Dio disse… e così avvenne”.
Questo linguaggio, già molto eloquente per noi, lo era ancora di più per i contemporanei di Isaia, ai quali si rivolgeva il profeta: uomini che lottavano con l’aridità del deserto, uomini per i quali la pioggia era sinonimo di vita.
Ma Gesù, nel vangelo, sottolinea un’altra verità.
La parola di Dio è sempre efficace in sé stessa, tuttavia l’uomo può resisterle con la sua libertà e renderla infruttuosa.
Così come la pioggia può essere sterile quando cade sui sassi.
È il mistero del rapporto tra grazia e libero arbitrio, tra onnipotenza di Dio e libertà dell’uomo.
Ascoltare la parola di Dio ci fa bene, nonostante tutto, anche se non capiamo, anche se siamo un po’ distratti, un po’ superficiali, incostanti, presi da tante altre preoccupazioni.
Nonostante i nostri limiti, la parola che ascoltiamo è efficace, abbiamo fiducia in questa potenza della parola, essa è più forte dei nostri limiti.
La nostra vita può crescere, fiorire e fruttificare e lo fa perché la parola di Dio è efficace.
Godiamoci questa beatitudine, siamo fortunati a conoscere il Signore.
La sua parola in noi è efficace, porterà frutto.
Noi apriamo il nostro cuore e accogliamola con semplicità, Lui farà il resto.
Proprio qualche giorno fa un papà mi ha raccontato ciò che le era successo con una figlia, poco più che ventenne, la quale si diceva non interessata alla lettura del Vangelo.
Davanti alle dichiarazioni di disinteresse della figlia, il padre le aveva semplicemente proposto di tenere il libro del vangelo sul comodino…
La figlia, per non dispiacere al padre, aveva accettato, “tanto non lo leggerò” aveva commentato.
Nel giro di qualche mese, incuriosita, comincia a sfogliare il vangelo, a leggere, ad interessarsi al discorso della fede…
Ora vive felicemente la sua fede, dando testimonianza della sua scoperta!
Napoli, 10 luglio 2020