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Presentato il DEF
di Tina Pollice

E’ stato presentato il Documento Economico Finanziario, quel documento che detta le linee programmatiche guida del nostro Paese, ma, soprattutto le coperture finanziarie che servono per la sua attuazione.

I provvedimenti principali sono rappresentati dal reddito di cittadinanza, dalla modifica della Riforma Fornero, da un aumento degli indennizzi per i risparmiatori che avevano subito i crack bancari e in più un’attenzione a trovare i fondi per non far scattare l’aumento dell’Iva, che pesa per 12 miliardi.

Finalmente un Governo che attua quanto enunciato in campagna elettorale. Le coperture finanziarie da trovare sono ingenti e, non volendo tagliare altre spese, si è deciso di spendere di più, aumentando il debito. Ed è per tale motivo che il Governo giallo-blu ha deciso di triplicare il rapporto tra debito pubblico e pil, superando non solo la soglia dello 0,8%, ma anche quella dell’1,6% concessa dall’Europa al nostro Paese. Aumentare la percentuale di ricorso al debito consente di coprire le spese dei provvedimenti che questo Governo ha varato, altrimenti non ci sarebbe stata la copertura prevista dalla Costituzione. Per poter trovare dei soldi si ricorre al debito, alzando la percentuale del rapporto tra deficit e prodotto interno lordo. Il 2,4% significa che si spendono più soldi pubblici, di tutti i cittadini, che dunque si indebitano per finanziare, il reddito di cittadinanza e la modifica della Riforma Fornero.

Le osservazioni più critiche alla manovra economica e finanziaria riguardano le possibili conseguenze sul lungo periodo. Noi abbiamo già un debito enorme, pari al 132% del prodotto interno lordo. Con la manovra si è visto che si spenderà di più in welfare, reddito di cittadinanza e pensioni, ma soprattutto per trovare i soldi per finanziare questi provvedimenti, anche negli anni prossimi, continueremo a indebitarci. L’alternativa è fare tagli di spesa o sperare che questi provvedimenti producano una ricchezza tale da diminuire il rapporto tra deficit e pil. In pratica, se questi provvedimenti avessero un riflesso congiunturale importante, cioè facessero ripartire l’economia, diminuirebbe il rapporto tra deficit e pil, dunque l’indebitamento. Le prime conseguenze sui mercati sono state immediate, nonostante il ministro dell’Economia, Tria, non abbia dato le dimissioni, su pressione del Capo dello Stato Mattarella, che voleva dare un segnale di stabilità all’Europa e alla comunità finanziaria internazionale.  Così non è stato. Il Wall Street Journal, il Financial Times, ma anche The Guardian ipotizzano persino un “aggravamento della posizione italiana in Europa”. In effetti il nostro Paese ha deciso di andare in deficit molto più di quanto Bruxelles non ci avesse concesso, anche considerando che ci è stata offerta una flessibilità maggiore: avremmo dovuto fermare il rapporto deficit/pil allo 0,8% e invece ci è stato poi concesso l’1,6%. Si è superato quel limite. Ora bisognerà vedere se si aprirà una procedura di infrazione. In molti hanno paragonato la decisione italiana di alzare il proprio debito a quella analoga della Francia, che ha indicato il rapporto deficit/pil al 2,9%, persino più elevato di quello italiano. È vero, la Francia ha aumentato questa soglia, ma ci sono due differenze: in primo luogo ha un debito pubblico più basso del nostro (intorno al 99%) quindi ha più margine di manovra; in secondo luogo il 2,9% annunciato da Macron è solo per un anno, perché restituisce una tantum una parte del prelievo fiscale. In sostanza negli anni successivi non dovrà gli stessi soldi: se non ci fosse quella restituzione il loro rapporto deficit/pil sarebbe inferiore al 2%. Il nostro sarà per 5 anni. L’Europa mette in guardia ma aspetterà quelli che saranno i risultati definitivi. Ad ogni modo a fronte di continui indebitamenti realizzati anche e soprattutto dai governi passati ben venga una programmazione che tenga conto delle persone più umili ed in sofferenza da troppi anni. E’ in corso una battaglia per un cambio di mentalità e di comportamenti nella gestione della res pubblica che porti nuovamente ad una società più equa e giusta. La Francia e l’Italia han cominciato in solitaria la loro negazione a quest’Europa e se non resteranno isolate avremo una Europa e frutti diversi ma se resteranno isolate sarà molto difficile rinverdire le rispettive economie e la speranza di una Europa federale ed unita si allontanerà sempre di più.

Napoli, 30 settembre 2018

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