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Nymphomaniac tra sacro e profano

di Valeria Paglionico

Arriva anche nei cinema italiani Nymphomaniac Volume I, il nuovo e controverso film di Lars von Trier, il cui proseguo, Volume II, uscirà il prossimo 24 aprile. Come previsto, i contenuti erotici espliciti hanno da subito creato scandalo, ma Nymphomaniac non può essere definito un film pornografico, anzi tratta il sesso in maniera imprevedibile, quasi morale. Cinque capitoli in cui la protagonista Joe, ormai cinquantenne, ripercorre il suo percorso di iniziazione al sesso e la sua evoluzione, dal primo ragazzo Jerome, con cui volle perdere coscientemente la verginità, al sesso seriale in treno, fatto per sfida e per gioco, fino ad arrivare al drammatico monologo della moglie tradita, magistralmente interpretata da Uma Thurman. Una serie infinita di nomi, di membri maschili, che spesso non si guadagnano neppure la dignità di essere ricordati. Esperienze squallide, surreali, degradanti, grottesche, senza le quali, però, Joe sarebbe stata incapace di riconoscere l’amore, che più volte viene definito dalle protagonista come ”l’ingrediente segreto del sesso”.
Nymphomaniac è un film dolente, una riflessione sulla sessualità, capace di fondere sacro e profano per sottolineare che è possibile ritrovare una forma di moralità anche nel sesso: è il racconto della ricerca dell’armonia nella perversione e nella lussuria, comunemente considerate le parti più oscure e nascoste della vita umana. Non è un caso che il film cominci proprio con due minuti di buio e con Führe mich dei Rammstein, una musica che destabilizza e scuote lo spettatore, ma che allo stesso tempo risulta perfetta per evocare le esperienze narrate. Fondamentale è la figura di Seligman, l’ebreo ateo che raccoglie Joe dalla strada, che la cura e che soprattutto non giudica, ma anzi nobilita quella che viene socialmente considerata una “malattia”, la ninfomania, paragonandola all’arte della pesca, alla progressione numerica di Fibonacci e alla geometria sacra della sezione aurea nella musica di Bach. Nonostante ciò, Joe si sente incapace di liberarsi dal senso di colpa che ossessivamente la lega alle sue esperienze sessuali: anche quando sembrava che avesse trovato amore e stabilità con Jerome, non fu mai capace di sentirsi libera dal sentimento di vuoto e di solitudine che l’ha sempre sovrastata. Gli unici momenti di pace li ritrova nella purezza e nella semplicità del rapporto con suo padre, un amore incondizionato, disinteressato e pulito, che nessun altro uomo è stato capace di darle.
Nymphomaniac non esalta il sesso, non ne dà una visione morbosa, ma descrive il cupo e allucinato percorso di fallimento di una donna alla ricerca di sentimenti puri, di emozioni forti, che la morale sociale etichetta come ninfomane senza empatia per l’essere umano. Von Trier ha cercato di sfatare un tabù, provocando, scioccando e illuminando un pubblico troppo spesso pudico.

10 aprile 2014