Non si ottiene la pace se non la si spera
Non si ottiene la pace se non la si spera
di Martina Tafuro
Mercoledì 1 gennaio, la comunità Cattolica, celebra la 53^ Giornata Mondiale della Pace.
Papa Francesco per la Giornata 2020, invita a riflettere sul tema: “La pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica”.
Siamo tutti, fedeli e non, chiamati al Cammino della Pace.
Le cittadine e i cittadini del mondo intero, sono chiamati a difendere le sorti dell’umanità, esprimendo la propria adesione all’impegno comune di costruire la pace nella giustizia e nella solidarietà.
Il Papa, con il messaggio inviato a tutta la comunità dei fedeli, ha inteso mettere in evidenza, il suo vissuto esperienziale, come la sua recente visita in Giappone.
Nel messaggio inviato al mondo intero, Francesco cita il popolo degli Hibakusha, i sopravvissuti alle bombe nucleari in Giappone e scrive: “La memoria è l’orizzonte della speranza”.
Fa riferimento, poi, al sinodo per l’Amazzonia, con la sua difesa delle culture minoritarie e l’attenzione ai problemi ambientali; al dramma migratorio, con le sue storie di angoscia e speranza e nello stesso tempo prendere in considerazione ciò che agita il nostro mondo, per offrirlo alla riflessione di tutti.
Il Pontefice ci dice, che la speranza è un processo che richiede pazienza, ma il più delle volte siamo impazienti e non c’è la facciamo ad aspettarne l’attuazione quando “ancora oggi, a tanti uomini e donne, a bambini e anziani, sono negate la dignità, l’integrità fisica, la libertà, compresa quella religiosa, la solidarietà comunitaria, la speranza nel futuro”.
Il nostro è un tempo che si nutre di paure quotidiane, relegando nel dimenticatoio la speranza.
Questa società è ferma, statica e chiusa, dove a farla da padrone è l’intolleranza per il diverso da noi e la durezza di cuore.
Il dialogo e la riconciliazione sono condizionati dalla mancanza di speranza, le famiglie vivono momenti sempre più conflittuali e le relazioni crescono e si nutrono senza cura per gli altri o empatia con le loro differenze.
Il risultato finale qual è?
L’uomo vive nella paura, ripiegato su se stesso, facendo diventare la convivenza insostenibile.
Quindi, diventa indispensabile ricercare il dialogo e la fiducia, per una fratellanza unica e vitale.
Questo incitare l’uomo alla ricerca del bene comune, ci viene ricordata anche dalla nostra comune origine da Dio, perché: “il desiderio di pace è profondamente iscritto nel cuore dell’uomo”.
È importante, perciò, custodire la memoria, da offrire come servizio “imprescindibile” alle future generazioni.
Per questo sono importanti i testimoni, più che le parole, “artigiani della pace aperti al dialogo senza esclusioni e manipolazioni”.
Questo lavoro va fatto con la forza della verità, dando forza ai processi di riconciliazione, in quanto: “l’altro non va mai rinchiuso in ciò che ha potuto dire o fare, ma va considerato per la promessa che porta in sé”.
Da queste scelte nasce e si rafforza la speranza per costruire nella società tutta, la giustizia che tenga conto dei diritti e dei doveri di tutti, secondo la propria responsabilità.
Da questa premessa nasce uno sguardo nuovo sul mondo, sulla vita, sugli altri.
Costruire relazioni fraterne vuol dire generare rapporti di pace tra l’umanità e la terra.
Papa Francesco, sostiene che l’umanità ha necessità di realizzare una conversione ecologica vera, in grado di realizzare quegli ambiti di condivisione nella realtà economica, sociale, politica che siano da volano per mettere in circolo il dono, ricevuto da Dio, origine di ogni singola vita.
Mettersi in cammino, a Capodanno per il nuovo anno, significa che la costruzione della pace è un processo che si realizza ogni giorno.
Il Papa suggerisce che non “si ottiene la pace se non la si spera”.
Napoli, 30 dicembre 2019