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Liberaci dal pericolo di un lavoro egoista nella tua vigna

di frate Valentino Parente 

Dio si aspetta una vigna piena di grappoli caldi di sole e dolci di miele.
Una vendemmia di bontà, un frutto di giustizia, grappoli di onestà.
Perfino acini o gocce di Dio tra noi.

 

XXVII domenica tempo ordinario – anno A

4 ottobre 2020 San Francesco d’Assisi

27 francesco2

 

Visualizza Isaia 5, 1-7  Salmo resp. 79 Matteo 21, 33-43

 

271Domenica scorsa abbiamo ascoltato la parabola dei due figli, inviati dal padre, a lavorare nella vigna. Anche oggi la liturgia ci offre una parabola che ha come o getto una vigna con i suoi vignaioli.  

La liturgia, nello scegliere questi brani che parlano della vigna, ha certamente tenuto conto anche della coincidenza stagionale. 

È questo infatti il momento della vendemmia, il momento in cui, dopo tanta fatica, il contadino raccoglie il frutto del suo lavoro.

Ma c’è di più: il vino che si raccoglie in questi giorni nei tini è destinato ad arrivare sui nostri altari, per diventare il sangue di Cristo.

In questo modo «il frutto della vite e del lavoro dell’uomo», offerto a Dio, ritorna all’uomo come «bevanda di salvezza».

L’immagine della vigna è molto frequente nelle Scritture.

Con questa immagine, gli autori sacri hanno sempre voluto far comprendere al popolo d’Israele che Dio si è preso cura di loro, gli ha riservato un amore speciale, si è preoccupato della sua crescita e, tuttavia, il popolo non ha corrisposto a tale amore.

Già il profeta Isaia, (prima lettura,) sette secoli prima di Cristo, parlava della infedeltà del popolo d’Israele, con l’immagine di una vigna che il Signore ha curato. E com’è naturale per chi coltiva la vite, “si aspettò che producesse uva, invece essa produsse acini acerbi”.

È una delusione, per chi lavora non vedere i risultati sperati. Pensiamo alle nostre delusioni! Chi non ne ha avute nella vita?!

Anche il Signore Dio è stato molto deluso dal suo popolo.

E lo dice attraverso il profeta: “Si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi”.

E anche da noi, quante delusioni ha avute il Signore.

Si aspettava fedeltà, carità, amore e invece ha trovato infedeltà, cattiveria, violenza,…

Il Salmo 79, di cui abbiamo letto alcune strofe come salmo responsoriale, ci ha descritto il dramma che viene dopo questa delusione.

Il Signore è rimasto deluso dal suo popolo.

Ha fatto tanto, si è rivelato, si è fatto conoscere, ha mandato i profeti, ha comunicato la sua Parola, ha pazientato per secoli, ma non ha raccolto niente di buono.

Hai sradicato una vite dall’Egitto, hai scacciato le genti e l’hai trapiantata”.

Molto bella l’immagine di questo Dio che sradica il suo popolo dall’Egitto, lo tira fuori dalla schiavitù e, per trapiantarlo, per far loro posto, libera la terra, scaccia via i popoli.

E questa vigna è cresciuta, è diventata una vigna splendida, rigogliosa, tanto che “ha esteso i suoi tralci fino al mare e arrivavano al fiume i suoi273 germogli”.

Ma poi, è successo che la vigna, nel momento in cui doveva dare i frutti, ha deluso il suo divino Agricoltore, il quale l’ha lasciata in preda ai “cinghiali del bosco e agli animali selvatici”.

Fuori dell’immagine: popoli stranieri hanno occupato il territorio che il popolo possedeva, gli hanno portato via la terra, gli hanno portato via l’onore, gli hanno portato via il futuro. Hanno distrutto la vigna.

E l’autore del Salmo si domanda: perché Signore? Perché le cose vanno male? Perché, potremmo dire noi, nella Chiesa ci sono tante situazioni negative? Perché continuano ad esserci cinghiali che pascolano indisturbati, che distruggono le nostre comunità?

Da sottolineare che ogni battezzato che non si sforza di vivere il vangelo, danneggia la propria e altrui vita di fede ed è come un cinghiale che distrugge la vigna.

E la risposta del Signore non è certo una sorpresa: Siete voi che avete rovinato la vigna.

Siete voi che avete danneggiato l’opera di Dio e non avete risposto a quello che vi chiedeva. Perché ognuno di noi ci mette un po’ del suo nel rendere meno bello il volto della Chiesa.

Poi il Salmo si conclude con una invocazione e una promessa: 

Dio degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato (…) Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome”.

Nel Vangelo, Gesù riprende l’immagine della vigna infedele, che invece di buoni frutti ha prodotto solo uva selvatica.

Gesù è un abile narratore, un geniale inventore di parabole, cioè racconti che riguardano la realtà dell’ascoltatore.

274Oggi racconta una storia che l’ascoltatore non riesce a inquadrare come riferita a se stesso e quindi con sincerità formula la propria opinione, dandosi in questo modo, come diremmo noi, la zappa sui piedi.

Gesù racconta “ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo”, ricchi, proprietari terrieri, una storia di contadini che si ribellano al proprietario della vigna e che, quando è il momento, non vogliono dare il raccolto stabilito. 

Addirittura colpiscono coloro che erano andati a ritirare i frutti della vigna, alcuni li uccidono e alla fine, eliminano, con violenza il figlio stesso del padrone.

Gesù termina il racconto, chiedendo: “Il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?

Se voi foste i padroni della vigna, che cosa fareste a quei contadini?

E loro gli rispondono, con durezza: “Sono malvagi, e il padrone li farà morire miseramente e darà la vigna ad altri!”.

Gesù approva: Avete ragione!

Soltanto che non avete capito che voi non siete il padrone, voi siete quei contadini ribelli!

Il padrone è Dio.

Voi che siete gli amministratori della vigna, non state dando al Signore i suoi frutti, ve lo siete detti da soli: siete malvagi e meritereste la morte!

Ma Dio non farà così.

In questo racconto, Gesù annuncia profeticamente la propria fine.

In quel figlio ucciso, c’è l’annuncio della propria morte.

Questa parabola, detta “dei vignaioli omicidi”, la troviamo anche nei vangeli di Marco e Luca, ma in Matteo è posta verso la fine della vita terrena di Gesù, proprio a preannunciare la sua morte violenta. Gesù è consapevole di questo, ma è disposto ad offrire la sua vita perché quella vigna possa portare frutto! Perché l’umanità possa diventare feconda, perché la malvagità degli uomini, possa cambiare.

Nella versione di Gesù, sono i vignaioli che si sono ribellati, non la vigna; cioè gli uomini, non la terra.  Che farà ora Dio? 

Secondo Isaia, distruggerà la vigna.  Gesù, però, non parla di distruzione. 

Non sono le promesse di Dio, cioè il suo piano, che sarà cambiato, ma i destinatari: il Regno di Dio, la vigna, resta ma sarà data a un altro popolo.

Quest’altro popolo, siamo noi cristiani che costituiamo la Chiesa.

6114Noi, ora, siamo la vigna del Signore. 

Dio non ripudierà più la sua vigna che è la Chiesa, perché questa vigna è Cristo, è il suo corpo. 

Ma se la vite può essere sicura dell’amore del Padre, non così i singoli tralci; se la Chiesa è certa della promessa che “le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”, non così i singoli battezzati.

Se non portano frutto, essi possono essere recisi e buttati via.

Questo è il rischio di tutti i cristiani. Ed è un rischio da non sottovalutare.

In questa settimana, preghiamo il Signore, invochiamolo con le parole del Salmo 79:

Dio degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

E non facciamo mancare qualche sincera promessa:

Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi”.

Nola, 2 ottobre 2020