Le forme della femminilità nell’arte
Le forme della femminilità nell’arte
di Martino Ariano
Non dipingo donne grasse.
Io faccio uomini, animali, paesaggi, frutta
con lo scopo di comunicare sensualità alla forma.
A me piace comunicare questa pienezza,
questa generosità, questa sensualità,
perché la realtà è arida.
Botero
Dopo aver analizzato i nomi della donna nell’arte, in cui ho esaminato il percorso artistico di alcune delle tantissime donne che hanno contribuito e che tuttora contribuiscono con la loro vita e soprattutto con la loro arte ad arricchire di sfumature l’umanità, vi introduco nelle forme della donna nell’arte.
Resta il fatto che più che in veste di artista, la donna costituisce il fil rouge dell’arte in quanto soggetto rappresentato.
L’arte con lei cresce, si evolve, assume forme, colori e significati più svariati, veicola simboli e messaggi, divenendo anche una cartina tornasole per comprendere l’evoluzione sociale, storica e culturale dell’umanità.
Questa volta vi porto alla scoperta delle forme della donna nell’arte.
Con “forme” alludo all’evoluzione che ha assunto la figura, il modellato della donna nell’immaginario e nello stile degli artisti nel corso della storia.
Ovviamente tale evoluzione è ed è stata soggetta a vari fattori, come quello legato ad una personale scelta stilistica dell’artista, o ad un canone estetico dell’epoca, o ancora a determinate esigenze rappresentative, sociali ed economiche.
Infine, questa mia scelta selettiva vuole essere uno “schiaffo culturale” ad un mega-problema sociale contemporaneo, che colpisce spesso proprio le donne, il Body Shaming.
Fulcro e bersaglio di violenze, verbali e purtroppo anche fisiche è, il corpo, con le sue curve e le sue forme.
Nel corso dell’arte e della storia il canone di bellezza è costantemente cambiato, soggetto, come a qualsiasi cosa, ad agenti come il tempo. Con quest’ultimo non mi riferisco al processo naturale di invecchiamento del corpo, ma alla sua percezione durante le epoche storiche.
Alessia Cotta, Canoni di bellezza
Vi invito, in tal senso, a leggere il fotoreportage “Uno, nessuno e centomila canoni di bellezza” di Patrizia Chimera ed Alessia Cotta.
Vi presento una personale selezione di opere che hanno come protagonista proprio la forma del corpo femminile.
Appositamente non ho selezionato le opere canoniche che hanno dettato l’ideale di bellezza femminile, perché il mio intento è quello di mostrarvi opere che presentano tipi di bellezze non convenzionali, oltre a opere che giocano con le forme stesse della donna. A voler sottolineare che non è la forma a dare senso a un qualcosa, ad una persona, ma è la sostanza, l’essenza della cosa o della persona stessa.
Quindi nella mia selezione ho escluso opere, come la Venere di Milo (130 a.C.), la Nascita di Venere (1485) di Sandro Botticelli, Le tre Grazie (1503) di Raffaello, La Gioconda (1503-06) di Leonardo da Vinci, la Venere di Urbino (1538) o Danae (1546) di Tiziano.
La prima opera che ho selezionato, risalente alla Preistoria, è la Donna di Willendorf, rinvenuta nel 1908 in Austria.
Donna di Willendorf, ca. 24.000 a.C., pietra calcarea, 11 cm, Naturhistorisches Museum, Vienna
Questa statua è una delle tante rinvenute, che vanno a costituire le prime rappresentazioni antropomorfe realizzate dall’uomo. Tutte hanno come soggetto una donna, raffigurata nuda, prima di volto e con alcune parti del corpo sproporzionate, come i seni, i fianchi e i glutei. Tale sproporzione voleva essere simbolo di fertilità ed abbondanza.
Pur tenendo in considerazione l’Arte Bizantina, con il mosaico L’imperatrice Teodora e il suo seguito (547 d.C.) e quella Medievale, con la statua Uta di Naumburg (1250-60), vi porto direttamente all’Arte Moderna. Se Sandro Botticelli con il capolavoro della Nascita di Venere (1485) mostra l’apoteosi della bellezza femminile, è però con Parmigianino che ritrovo una forma originale di donna.
È, infatti, la forma serpeggiante della Madonna dal collo lungo (1534-60) del Parmigianino ad avermi catturato.Emblema del Manierismo, l’opera si presenta elegante e raffinata con cromie leggere e trasparenti, presentando un’impaginazione e una definizione spaziale inedita ed ambigua.
Parmigianino, Madonna dal collo lungo, 1534-40, olio su tavola, 214×133 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze
Facciamo un altro salto temporale, senza però trascurare il Naturalismo caravaggesco; il Realismo olandese con le tronie, come la Ragazza con orecchino di perla (1665-1667) di Vermeer; il Barocco; o il Rococò, soprattutto con la ritrattistica francese, come il Ritratto della marchesa de Pompadour (1775) di Maurice Quentin de La Tour.
Vorrei soffermarmi sull’opera: Il bagno turco (1862) di Jean-Auguste-Dominique Igres. In quest’opera, oltre al tema dell’esotismo, la vera protagonista dell’opera è la donna, riprodotta in varie pose nude caratterizzate tutte da un’armoniosa sinuosità e da una forte sensualità, a tratti erotica. Le cosiddette “forme burrose” dominano in quest’opera. La bellezza Curvy nell’800 detenevamo il primato di ideale di bellezza femminile.
Si è sensuali in quanto donna,
non in base a che forme si ha
Jean-Auguste-Dominique Ingres, Il bagno turco, 1862, olio su tela, 108×110 cm, Musée du Louvre, Parigi
Da un gruppo di donne neoclassiche passiamo ad un altro gruppo, anch’esso a tratti esotico, ma rivoluzionario, in quanto a forma e stile.
Ed eccoci dinanzi alle 5 figure femminili di uno dei capolavori di Pablo Picasso, Les demoiselles d’Avignon (1907). In quest’opera la forma esplode, si espande, si apre e si manifesta nella sua tridimensionalità su un solo piano, ed ecco che prende vita il Cubismo. Gli elementi classici, come il nudo femminile e le pose vengono trasformati, stravolti dalla geometria e da una resa primitiva. Picasso, inoltre, in quest’opera strizza l’occhio al mondo egiziano, nella figura di sinistra, a quello africano, nelle due figure a destra, i cui volti ricordano le maschere tradizionali africane e al mondo latino, le figure centrali.
Le Demoiselles di Picasso risultano
essere rivoluzionariamente universali
Pablo Picasso, Les demoiselles d’Avignon, 1907, olio su tela, 245×235 cm, MoMA, New York
Da una destrutturazione, geometrica e spaziale, ad un’altra, espressiva e psicologica. Questa volta è opera dell’Espressionismo. Precisamente l’Espressionismo tedesco del movimento Die Brücke (Il Ponte). L’opera è Cinque donne per strada (1913) di Ernst Ludwing Kirchner, caratterizzata da colori freddi, che accentuano le pennellate violente e le forme spigolose delle 5 donne raffigurate. I colori, le ombre marcate e gli scuri dominanti enfatizzano e rendono nervosa la raffigurazione, invitando ad un’introspezione psicologica angosciosa.
Ernst Ludwing Kirchner, Cinque donne nella strada, 1913, olio su tela, 120,5 x 91 cm, Museo Ludwing, Colonia
Tra gli artisti che hanno sconvolto e giocato con le forme femminili non può essere estromesso Amedeo Modigliani. Ho selezionato il ritratto Donna con cravatta nera (1917). Quest’opera, come del resto tutte le altre sue opere, si presenta come “non finita” ed è il risultato di una mescolanza di elementi: la lezione manierista; l’influenza delle maschere africane, che si riscontra soprattutto nell’assenza di cavità oculari e nella forma allungata del volto; e la stesura a macchia, tipica dei suoi amici Macchiaioli, che si può notare nella stesura della cravatta, resa con una sola pennellata nera, o nella parte inferiore del busto. In tutti i suoi ritratti approfondisce il gusto per la forma e la morbidezza delle curve del corpo femminile, tanto che nel riprodurlo ne asseconda la morbidezza, fino ad allungane i colli e i volti.
Il corpo femminile, enfatizzato nelle sue curve,
è restituito nella sua piena eleganza.
Amedeo Modigliani, Donna con cravatta nera, 1917, olio su tela, 65,4×50,5 cm, Galleries Fujikawa, Tokio
Dal mondo delle avanguardie vi mostro l’opera del padre del Dadaismo, Le violon d’Igres (1924) di Man Ray. La donna rappresentata è Kiki, una delle sue donne, che per lui incarna la sensualità, e per questo la immortala in una foto. La fotografa di spalle, profilo che ne enfatizza le curve e quindi la sensualità. Ad accentuare quest’ultima, oltre alla posa, è anche il tubante, indossato dalla donna, che rimanda all’esotico e all’erotismo del 800, precisamente alle opere di Igres. L’artista, però, manipola ulteriormente la foto, aggiungendo delle “effe”sui fianchi della donna, che non sono altro che le forme dei fori della cassa armonica di un violino.La scelta di associare le curve di una donna ad un violino porta ad associare l’armonia e la dolcezza del suono del violino all’armonia sinuosa del corpo femminile. Non a caso, tale fotografia è uno degli emblemi di femminilità.
Man Ray, Le violon d’Igres, 1924, fotografia, 30×24 cm, Getty Museum, Los Angeles
Dalla fotografia e dalla manipolazione dadaista, passiamo alla completa alterazione della forma, raggiungendo uno degli estremi figurativi, l’astrattismo. Ed ecco l’opera Donna nuda (1926) di Joan Mirò. Il corpo della donna viene completamente trasformato, perdendo qualsiasi nesso con la realtà. Esso, infatti, è costituito da un insieme di oggetti: la testa è un uovo; i seni sono un ravanello e una mela; il busto un pesce, il cui occhio costituisce l’ombelico, la pinna l’inguine e la coda le gambe; e la foglia rappresenta l’organo sessuale. A restituirci in fine il corpo della donna è soprattutto la nostra fantasia.
Joan Mirò, Donna nuda, 1926, olio su tela, 93×74 cm, Philadelphia Museum of Art
Un altro artista che ha giocato tantissimo con la forma è Alberto Giacometti. La sua opera Donna in piedi (1947), è una delle sue opere mature, dove si evince l’essenza della sua arte. La figura della donna frontale ed immobile è estremamente filiforme. Quest’ultima caratteristica, unita al modellato non raffinato, vogliono esprimere l’angoscia e la fragilità della vita dell’uomo e la paura della solitudine. Modigliani con le sue opere rende plastiche, materiali, concrete le paure e le paranoie umane.
La donna è indagata nella sua essenza psicologica
Alberto Giacometti, Donna in piedi (Donna “Leoni”), 1947, Bronzo, 153 cm, Peggy Guggenheim, Venezia
Ma l’artista che più gioca ed ironizza con le forme è l’artista contemporaneo colombiano Fernando Botero. Caratteristiche delle sue opere sono le forme esplosive, grosse, che tanto hanno attirato sulla sua arte critiche e pregiudizi. La sua idea di arte si evince fortemente nell’opera Donna seduta (1997).
Botero, Donna seduta, 1997, olio su tela, 134×92 cm
E con quest’opera concludo la mia analisi sulle forme della donna nell’arte e mi chiedo …
Come può un corpo intaccare l’anima o la personalità, di una donna?
Come può il corpo essere tema di violenze e di discriminazione?
Ci può anche stare che l’occhio vuole la sua parte, ma oltre a quella parte, ce ne sono altre ben più importanti.
Il corpo è un involucro, un dato superficiale, soggetto a vari fattori, ma soprattutto al tempo.
L’anima e la personalità sono soggette solo all’intelligenza e alla sensibilità.
Volete essere intelligenti e sensibili, o superficiali?
Marzano di Nola, 14 marzo 2022