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LA LEGGE ELETTORALE? FATTI LORO
di Luigi Antonio Gambuti

Stiamo attraversando un momento particolare, là dove contestare o condividere è solo un problema di convenienza. Parliamoci chiaro. Se qualcuno si tiene fuori o è ipocrita o non ha capito niente.

Nel vuoto assoluto, nella dissolvenza delle certezze-quelle poche, ma necessarie-non c’è spazio per ideali; non c’è più senso di appartenenza gelosamente difeso e custodito. Si vive alla giornata e l’unico ritmo che la sostiene è quello dell’interesse personale, del tornaconto che si esprime col massimo punto del dividendo, del contrasto ridotto a sistema, non per difendere ideali, bensì per mantenere e difendere uno status quo che appaga e che consola.

E’, questa, una realtà di cui si è testimoni indifesi, direi inermi, con le armi spuntate. Si ha voglia a dire e ad argomentare di rivoluzione silenziosa, di cambiamento di rotta, di “cambiare verso”.

Si ha voglia di presentarsi nuovi e alternativi (ma di che?) per prospettare agli elettori un domani migliore, fondato sulla giustizia sociale (ricordate:ad ognuno il suo, secondo i proprio bisogni?) ed equa distribuzione delle risorse per aggredire e combattere fenomeni quali insicurezza, disoccupazione, sfruttamento, fame e povertà.
Si è sempre e solamente uguali a se stessi perché il “nuovismo”che si predica va ineluttabilmente divorato dalla ferocia del sistema che non concede-nè potrebbe farlo perché verrebbero a mancare le coordinate stesse della sua esistenza-spazio alcuno per cambiare veramente rotta e diventare concretamente democratico, egualitario, a servizio di tutti e non solo e sempre a servizio di ciascuno,vale a dire al servizio dei pochi come spesso va capitando.

La esprime in tutte le occasioni questa preoccupazione anche papa Francesco. Non manca di richiamare tutti alla “normalità” dei comportamenti umani, alla naturalità della bontà dell’uomo; alla sua capacità di convertirsi al bene, alla rigorosa necessità di rivedere alcuni comportamenti.

Specialmente quando si rivolge a coloro i quali detengono le leve delle decisioni.

Non difettano indicazioni e riflessioni di filosofi, scienziati e politologi che cercano, con le loro analisi, di sceverare i dubbi e sciogliere i nodi dei problemi. Non mancano voci allarmate e proiezioni sul futuro che, nel momento in cui ci si pone ad esplorare qualche evento, esso è già passato,bruciato dal presente, sfuggito di mano.

A che serve tutto questo?

A che serve, se non serve, a formare le coscienze, a far capire come e dove delegare la potestà decisoria sul proprio destino di cittadino ad operare scelte consapevoli e delineare le linee del suo domani e del suo futuro?

Ci stiamo cincischiando-in rete, sui teleschermi e sui giornali, negli incontri e nei convegni, sulle regole cosiddette “elettorali”.
Regole, l’abbiamo scritto e detto tante volte, che sono di sicuro ed esclusivo interesse di coloro che si cimentano a giocarsi la partita del potere, per spartirsi porzioni di comando al fine di garantirsi benefici, visibilità e denaro e, alla fine, vitalizi consistenti.

Regole per loro; regole per giocarsi , da vincenti, la partita. Non regole per tutti.
Regole che, una volta disposta la scacchiera,vengono poste a tirocinio permanente per verificarne la tenuta, salvo poi a modificarle in corso d’opera con crisi di sistema o con accordi più o meno trasparenti o mirati a soddisfare interessi falsamente collettivi.

Regole che offendono il latino. A caso, il mattarellum, il consultellum, il sistema alla tedesca o il germanellum, il porcellum, il rosatellum e via rappresentando, tutti epiteti che danno chiara l’idea di quanto sia complessa e discussa la posizione delle forze in campo elettorale.

Tanto si sforzano, tutti paventano il rischio dell’ingovernabilità; tutti cercano spazio per lucrare grumi di potere. Nel frattempo, e per fortuna, il mondo corre.

Chiuso con qualche rottura il mega convegno siciliano; registrate difficoltà di comprensione e prese di distanza su argomenti di vitale importanza per il futuro dell’umanità; salutate le primedonne-quanta “bellezza”esibita dalle signore là presenti, dall’eterna cancelliera alla povera May anzitempo salutata; dalle efebiche donne del presidente ciuffoluto al fenicottero d’oltralpe, si è tornati tutti a recitare le solite storie: accordi, compromessi, minacce e prese di distanza e tutto quanto fa parte dell’universo abbastanza nutrito della geopolitica mondiale.

E poi i fatti che non mancano di allarmare, piccoli o grandi che siano, vicini o lontani nei loro accadimenti.

Il terrorismo internazionale; la crisi economica che non finisce mai di tormentare e ridurre alla fame milioni di famiglie; la crisi occupazionale; la balena blu e i videoporno delle giovinette messi in rete (poveri giovani consumati dal veleno della visibilità e del protagonismo esasperato); la delinquenza nostrana – dieci morti ammazzati in queste ore!-la fame di lavoro; le crisi istituzionali –vedi la tragicomica vicenda che investe i tribunali amministrativi regionali- ; i delinquenti assurti a rappresentanti popolari;la sfortuna di una squadra che è bella quando gioca e lotta per conquistare il posto che le spetta a dispetto dei milioni investiti da clubs miliardari; l’inaugurazione della stazione TAV di Afragola, motivo di speranza per rompere l’isolamento secolare che separa in due tronconi la nazione; le “sistemazioni “dei comuni chiamati ad eleggere i propri organismi rappresentativi (si spera non inquinati da camorra e malaffare!) e tutto quanto, caro lettore, ti può venire in mente per augurarti una serena giornata e un domani meno insicuro dell’oggi che è passato.

E per finire, un invito ad assaporare la “bellezza” per fare bella la vita e gustarne “sapori”profumi e colori.

Dal Mattino,  a firma del filosofo Biagio de Giovanni, leggiamo:
….è proprio la bellezza quella cosa che può aiutare a salvare il mondo dalla sua terribilità. La bellezza in tutte le sue manifestazioni, la leggerezza, la levità che sta nel modo di manifestare un pensiero senza violenza, nel modo di guardarsi intorno, valorizzando le belle cose che ci circondano,  nel modo di lavorare per un mondo più pacifico e lieve, e in tanto altro nella vita e anche, infine, nel modo di toccare un pallone…

P.S. Sta emergendo in queste ore la notizia di una stipula di un cosiddetto “patto a tre” (per non dire del cane leghista!) sottoscritto tra rappresentanti di partito storicamente in contrapposizione. Lo fanno per spartirsi le poltrone della prossima campagna elettorale. Lo si ribadisce ancora una volta. Avremmo preferito che il “patto a tre” fosse stato sottoscritto per alleviare la disoccupazione giovanile, combattere la corruzione e la criminalità organizzata e dare risposte concrete ai bisogni essenziali di milioni di persone…

Napoli, 6 giugno 2017