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Io sono la porta
di frate Valentino Parente

  

 

Porta spalancata che immette nella terra della vita piena.
“Chi entra attraverso di me si troverà in salvo”.
 
Più forte di tutte le prigioni. “Potrà entrare e uscire”.
Il nostro non è un Dio dei recinti chiusi
ma de­gli spazi aperti, di liberi pascoli.

 

 

Domenica 3 maggio 2020. Vangelo di Giovanni cap. 10, versi 1-10

PasqA4-wwQuella di oggi è la domenica detta del buon pastore.

È l’occasione per riflettere sulla figura di Gesù che si presenta a noi nell’immagine del pastore che conduce al pascolo le pecore, le conosce, le chiama per nome, va in cerca di quella smarrita, le riporta all’ovile, le difende dai lupi, si prende cura di esse.

L’immagine del pastore, una immagine molto comune ai tempi di Gesù, ma anche fino a qualche decennio fa, almeno nelle nostre zone rurali, vuole riassumere tutta l’opera salvifica di Gesù redentore, tutto il mistero di salvezza che stiamo celebrando in questo tempo di pasqua.

Cioè vuole sottolineare tutta la premura con la quale il Signore si è attivato da sempre all’opera della nostra salvezza, non privando mai il suo popolo della sua presenza, della sua parola, della sua guida.

Gesù inizia il suo discorso mettendo subito in chiaro che chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi entra da un’altra parte, è un ladro e un brigante.

pastoreE poco dopo, per spiegare quanto aveva appena detto, aggiunge: Io sono la porta delle pecore (…) Se uno entra attraverso di me, sarà salvato.

La porta, però, non è soltanto un luogo di passaggio attraverso cui si entra, ma appartiene già al recinto stesso.

Riferita a Gesù, l’immagine della porta non significa soltanto che per accedere alla salvezza, per incontrare il Padre, occorre passare attraverso di Lui.

Indica anche che questi beni eterni, della vita e della salvezza, le pecore li trovano in Gesù.

Gesù non è soltanto la porta, la via di accesso; è anche il recinto, il pascolo, su cui il gregge trova riposo e vita.

Un giorno dirà: “Chi mangia la mia carne ha la vita eterna”.

Al di là dell’insegnamento che Gesù voleva dare ai suoi diretti ascoltatori, la sua Parola è destinata anche a noi per comunicarci una verità e una certezza fondamentali: Gesù è l’unico Pastore della nostra vita, l’unica porta attraverso la quale si giunge alla salvezza.

Dirà un giorno San Pietro: “Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati”. (Atti 4,12)

Anche oggi si ripete la situazione di sempre. Quanti pseudo-pastori vengono alla porta dell’ovile e bussano, per insinuarsi nel cuore dell’uomo, promettendo felicità a basso costo.

Ognuno di essi, pur di guadagnarsi la fiducia degli uomini e il loro consenso, si propone come paladino di giustizia, di abbondanza, di successo, di felicità.

Ognuno promette qualcosa che… però, non ha!

Ma che cosa vogliono in verità?

Il più delle volte, vogliono farsi pascolare dalle pecore più che pascolarle; ingrassarsi alle loro spalle e a loro spese. 

Sono ladri e briganti, o almeno mercenari ai quali della sorte vera delle pecore, della loro fame e della loro felicità non importa nulla, tanto al sopraggiungere del pericolo trovano sempre il modo di fuggire. 

Ma quando si parla di pseudo pastori non intendiamo solo pastori che vengono da fuori per condurci, tanti pastori ce li portiamo già dentro di noi.

Pastore possono essere la mia carriera, il giudizio degli altri, la moda, i miei desideri, i miei sentimenti… sono essi che così spesso guidano le nostre azioni.

Se guardiamo bene vediamo che dietro ogni nostra azione c’è qualcuno che ci ispira.

Contro tutti questi pseudo-pastori, Gesù rivendica il suo ruolo: “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”. 

Perché buon pastore?

In realtà Gesù è il bel pastore. È interessante notare che nel testo originale greco la parola usata per buono è in realtà kalos, cioè bello.

Nel mondo antico la bellezza e la bontà sono strettamente connesse, tanto da essere viste come la medesima qualità.

Un uomo è compiutamente bello quando è buono, ma anche quando è giusto, leale, generoso, coraggioso, intelligente… anche nel nostro linguaggio comune di una persona ammodo diciamo che è una bella persona.

Bello è dunque una persona che svolge pienamente il suo compito, in modo ideale: Gesù è un pastore buono-bello nel senso che è un modello, una guida affidabile e da imitare.

Potremmo anche tradurre: Il pastore perfetto e vero.

E se Gesù è il pastore perfetto, quello vero, allora chi segue lui non cammina nelle tenebre, non gira a vuoto.

Non si tratta di seguire un partito o un’idea, ma Cristo stesso.

Noi cristiani dobbiamo imparare a riconoscere, tra mille voci che solcano l’aria, la voce del nostro pastore. Dobbiamo imparare ahuman-3 riconoscere la voce di Gesù. Essa risuona anche oggi sulla bocca dei pastori che egli stesso ha posto a pascere, in sua vece, le sue pecore.

Molto consolante la conclusione di questo brano: “Sono venuto perché abbiamo la vita e l’abbiano in abbondanza”.

Quando Dio dona qualcosa lo fa sempre non in riferimento alla nostra necessità, ma in riferimento alla sua generosità, cioè dona sempre in grande abbondanza.

Gesù ribadisce questa verità anche oggi dicendoci che è venuto perché abbiamo la vita in abbondanza.

Evidentemente non si tratta soltanto della vita fisica: il Figlio è venuto a donarci quella pienezza dell’esistenza che deriva dall’essere in comunione con Dio.

Questo è un dono gratuito che non si guadagna e non si merita, perché il Signore lo offre a tutti, a tutti quelli che sono disposti ad ascoltare la sua voce e a seguirlo come pastore.

A loro offre quel pascolo abbondante che è la Sua stessa vita, il Suo stesso Corpo: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”.

Venerdì 8 maggio. Supplica Madonna di Pompei

Venerdì 8 maggio. Supplica Madonna di Pompei

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Napoli, 1 maggio 2020