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IL MANTRA DELLA LEGALITA’
di Luigi Antonio Gambuti

Qualcuno mi sa dire se e quando; se e come; se e perché; se e dove si può essere certi di scegliere la strada giusta, o quella perlomeno adeguata alle proprie aspettative e alle proprie possibilità in merito alla gestione personale del diritto di cittadinanza in questo straordinario paese?

Questo è il paese del sole -meno male, perché è l’unica cosa che ancora non ci hanno rubato – dove tutto si tiene e si mantiene, nel senso che tutto si svolge, si ripete e si consolida nelle mode e nelle abitudini di chi sta a guardare e a subire gli atti e i provvedimenti di chi è stato investito della responsabilità di governo della cosa pubblica.

Che altro è questo “necessario” allarmante “grido di dolore” se non la presa di coscienza di un momento particolarmente delicato della vita dello stato?

Che altro è se non questo il reiterato appello al contrasto alla corruzione, al bullismo giovanile, al ladrocinio organizzato a sistema in capo ai cosiddetti rappresentanti delle istituzioni, ai “servitori” dello stato, questo continuo stillicidio di notizie di arresti, di fermi domiciliari, di fallimenti e di delazioni fatti strisciare nelle maglie sempre più larghe delle organizzazioni poste a servizio e a garanzia della legalità?

Parola abusata, buona per gargarizzare le gole profonde di coloro i quali ci campano lautamente. Anche questo mantra per la legalità è diventato un mestiere ben retribuito in termini di visibilità da spendere nelle competizioni elettorali o, al minimo, per sentirsi realizzati in qualche modo.

Siamo inondati, sommersi dalle mode e dalle reinterpretazioni delle sempre attuali ,purtroppo sempre più necessitate dagli eventi, esigenze di ripristinare un accettabile livello di correttezza istituzionale e di sopportabile convivenza civile.

L’altro giorno è stato pubblicato il decreto sulla sicurezza che ha visto discutere i sindaci riuniti per decidere come e quando, dove e come porre mano, in forza delle nuove disposizioni, per arginare il crescente fenomeno della delinquenza e della criminalità organizzata e frenare la crescente voglia di giustizia che arma le mani delle persone perbene indotte a farsi giustizia contando solamente sulle proprie forze, disilluse dalle mancate realizzazioni delle promesse governative.

Interessanti, belle e responsabilmente partecipate le manifestazioni di questi giorni di incipiente primavera indette per parlare di legalità. Nelle piazze, nelle scuole, sui social media, sulle pagine dei giornali e sugli schermi televisivi tutti espongono tesi e concetti normalmente condivisibili; tutti portano a casa applausi e condivisioni; tutti ritornano nell’immersione sociale dove tutto resta come prima se non peggio di ciò che era ieri, passando per l’oggi quotidiano sempre uguale, reiterato, se non abusato da un meccanismo ormai consueto, usurato dalla moda, di poca e scarsa incidenza civile. Pure chi scrive rischia di cadere nell’assenza di disponibilità a rimboccarsi le maniche e a spendere le sue poche residue energie a favore di qualcosa che sa di muffa e di stantio.

Assistere, ascoltare, partecipare è diventato ormai un evento da salotto, una sorta di habitus per determinarsi nella massa come identità corretta e attenta a praticare comportamenti virtuosi, salvo poi intrufolarsi nei meandri oscuri del sempre fertile campo del disimpegno o, peggio, del malaffare o della sopraffazione, per lucrarne qualcosa, spendendo i consensi – o i denari- conquistati proprio sul fronte di ciò che nel momento si tradisce.

Pessimismo, sciovinismo, resa della speranza o di cos’altro?

Che pena quell’onorevole scortato dalla forza pubblica! No, questa volta no, non lo si isolava per difenderlo dai soliti questuanti, ma per difendere la comunità dalle sue malefatte.

Si dirà, si è già detto, della sua innocenza e delle sue sicure mani pulite. Si dirà che si tratta di una montatura preelettorale; di una qualche vendetta maturata negli angiporti del partito.

Quanti ne vengono fuori e tutti i giorni!

Non c’è piu’ frontiera che tenga tra il malaffare e il buoncostume. E non si tratta di soggetti ridotti alla fame. Si tratta di gente ricca, troppo ricca, che tradisce il mandato ricevuto politico-amministrativo –professionale per arricchirsi di più e godere dei vizi alimentati dall’eccesso di denaro! Si dirà e mi direte: che c’entra questo con la celebrazione della giornata della legalità?

Rispondiamo: se non ci fossero stati personaggi, episodi e fatti come questi casi, come si poteva giustificare il vostro-nostro riunirci a gargarizzare per celebrare la giornata della legalità?

Che fortuna avrebbe avuto mai un Roberto Saviano e giù a ritroso, fino a un Di Pietro, se non ci fosse stato il terreno sempre fertile della corruzione e della criminalità che si pongono come interfaccia della “criminalità” politica?

Che senso ha-o avrebbe- discutere delle sempre reiterate questioni inerenti la cittadinanza attiva , la partecipazione alle decisioni , la gestione virtuosa delle risorse umane e materiali se non passa giorno – non si esclude nessuno, trattasi di uomini che di territori – che non emerge un delitto, un ladrocinio, una ruberia a carico dei soliti mariuoli altolocati, così in alto che per parlargli si deve fare la fila e prenotarti per tempo per essere ammesso alla presenza della augusta e rispettabilissima persona?

Ecco, allora, il senso del nostro scoramento.

Che si ponga fine alla tragicommedia cui siamo costretti ad assistere a giorni alterni. Ora un ladro reso tale per fame; ora un ladro reso tale per vizio; ora un episodio criminoso; ora un arresto di uno spacciatore di quartiere. Vissuti diversi, tutti organici ad una realtà che vive di queste dinamiche, trattate sui due fronti sempre attivi: legalità e illegalità.

Due questioni, chiamiamole così, per rispetto di coloro i quali tutti i giorni ci rimettono la pelle, e se va meglio, l’esercizio della libertà. E per tutti coloro che, a più livelli, fanno da contributo ai primi, a servizio della tutela del patrimonio e della libertà dei molti.

Si tratta di persone, nel senso mariteniano del termine, cui va tributata la cristiana fraterna attenzione, perché le dinamiche sociali vivono di contrasti e per questi, alimentano il sempre reiterato, reinterpretato, scontato divenire.

Napoli, 25 marzo 2017

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