Il Dado è tratto. Cominci la partita.
Il Dado è tratto. Cominci la partita.
di Luigi Antonio Gambuti
Alea iacta est. Il dado è tratto. O meglio, che sia lanciato il dado e cominci la partita.
La dichiarazione di guerra è stata lanciata e non si torna indietro. Se il motto dura da duemila anni nel linguaggio comune, vuol dire che è stato sempre assunto come l’inizio irrevocabile di un percorso dal quale non si può prescindere, pena una sconfitta irreversibile.Una resa.
Cosa che non deve accadere assolutamente, nelle decisioni prese dal Partito Democratico, impegnato a organizzarsi per la campagna elettorale del mese di maggio p.v., con Vincenzo De Luca candidato a Presidente della Giunta Regionale.
Non si torna indietro, non si può tornare indietro, una volta presa la decisione, votata da decine di migliaia di elettori.
Non c’è spazio per nessuna possibilità di ripensamento, a meno di decretare, ab initio, la scomparsa di un partito politico, suicidatosi per non aver saputo gestire uno dei momenti più difficili della sua storia.
Proprio quando vanta a capo del governo il suo Segretario Nazionale e quando, in assenza di interlocutori credibili nel campo avverso, potrebbe fare cappotto del consenso degli elettori chiamati democraticamente ad esprimere le proprie preferenze.
Non esistono mezze vie, mezze adesioni; non si devono più consentire i se e i ma nella adesione a quanto stabilito dalla tornata elettorale di domenica primo marzo u.s.
Da questa consultazione Vincenzo De Luca ha ricevuto il mandato a rappresentare il partito e con esso, ad assumersi le responsabilità della guida regionale.
Se così non dovesse essere, non dovremmo scontare la sconfitta di De Luca, ma la sconfitta del partito.
Ne deriva che a nessuno è consentito, al netto del diritto di critica per tutti garantito, di ragionare e decidere diversamente.
Alea iacta est, appunto, e allora si deve essere pronti a combattere per vincere la sfida.
Tante sono le domande che si potrebbero porre in merito alla vicenda che ha determinato tale scelta. Fra le tante se ne deve porre una: perché Renzi non è intervenuto nelle questioni napoletane? Una delle risposte che forse è la più azzeccata se viene inquadrata nel clima politico che spira nelle segrete del partito locale è quella di Isaia Sales che, sul Mattino di qualche giorno fa ha scritto che se Renzi non è intervenuto nelle vicende campane, è stato per far cadere i capibastone, per consentire l’autodistruzione dei feudatari, per liberarsi poco a poco dai notabili delle periferie dell’impero.
E, dopo, ricompattare il partito.
Non si può non riconoscere che quanto scrive Sales possa piacere alla gran parte dell’elettorato democratico campano, stanco e manovrato- e per tanti versi strumentalizzato e condizionato- dai tanti feudatari e raccoglitori di consenso elettorale (i pacchetti, le tessere, le clientele..); non si può non essere concordi sul fatto che a Renzi piaccia giocare il rischio della rottamazione del notabilato, arroccato nelle poltrone da generazione in generazione.
Tanto per cambiare. Fare piazza pulita potrebbe esser utile per reimpostare una strategia politica di rinnovamento della classe dirigente, responsabile della confusione, per non dire dello sfascio in cui si è mossa la rappresentanza regionale del Partito Democratico.
Fare chiarezza e rivoltare il terreno, potrebbe essere l’avvio di una nuova stagione per reimpostare un nuovo modo di fare politica e di governare persone e territori, per agganciare il treno delle regioni più virtuose e beneficiare delle risorse che una buona amministrazione può far calare sulle esigenze del territorio. Questo può essere il punto di vista, espresso da chi ha a cuore non solo lo sviluppo del Paese e vede in prospettiva la cosiddetta luce in fondo al buio.
Può essere condiviso o no, comunque, oggi non è questo il problema.
Candidato De Luca, bisogna far confluire i consensi su De Luca candidato. Se De Luca è impresentabile per via delle sue vicende giudiziarie, per il suo carattere arrogante e per il suo decisionismo; per l’alterigia che mette nello svolgimento delle sue funzioni, oggi non c’è più tempo per recriminare, distinguere, prendere distanze o cos’altro si riesca ad inventare.
De Luca, candidato alla Regione, è il Partito Democratico che si espone al giudizio elettorale; è il simbolo scelto cui fare riferimento per sostenere le ragioni di quel popolo che lo ha votato per essere da lui rappresentato; è esso stesso la voce che va sostenuta per comunicare i bisogni dei cittadini che si appresta a rappresentare.Tutto ciò che è previsto dalla legge Severino, l’eventuale ricorso al TAR, la sentenza a favore o contro la sua agibilità politica, oggi non ha più ragione di essere trattato.
De Luca è il Partito e come tale va votato. Del resto tale decisione va presa con orgoglio, considerato l’uomo forte che si è posto in gioco, che è portatore di idee chiare, ma anche e soprattutto per uscire dalla “melassa”napoletana che nelle vicende delle primarie non ha mai brillato per chiarezza e correttezza. Sin da quando furono inventate. De Luca non è, né pare che voglia essere, un leader fortemente territoriale, come ha detto Cozzolino; non è un capo tribù ponto dare battaglia contro gli invasori per difendere posizioni di potere.
E’, a suo dire, intenzionato a realizzare una rivoluzione democratica per riportate il partito e le istituzioni a livelli di gestibilità e di rappresentatività del tutto rinnovate per uscire dalle pastoie in cui per molti anni i campani si sono attorcigliati. Fa l’antipolitico perché conosce bene la gente che “fa politica”; fa la voce forte perché sente che l’afonia che lo circonda glielo consente, preda com’è dei rancori antichi e di antiche e mai sopite rivendicazioni.
Nel teatrino dei ricostruttori, della Lega che si spacca ad ogni tornata elettorale, della diaspora di Forza Italia col Cavaliere graziato dalla Cassazione; nel tatticismo inerte e improduttivo dei Grillini; solo il Partito Democratico può far valere le ragioni forti di un grande consenso elettorale. Su De Luca, dunque, perché rappresenta il partito e si è candidato a farsi carico delle istanze più urgenti delle popolazioni campane.
Napoli, 17 marzo 2015