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Emergenza plastica. L’Occidente è con le spalle al muro.

di Martina Tafuro

 

La storia dell’uomo è fondamentalmente un elenco di cose
che non potevano essere fatte, e che poi sono state fatte”.
Boyan Slat

La Cina, dal 1 gennaio 2018, ha fermato l’import della plastica prodotta dall’intero Occidente.

Tutti lo sapevano, gli organi d’informazione avevano lanciato l’allarme, ma come al solito, il decisore politico si fa trovare impreparato.

Correva il mese di luglio dell’anno 2017, la Cina, ufficialmente aveva dichiarato che  non avrebbe più importato plastica da rifiuti dall’Europa a partire dal 1 gennaio 2018.

Ha mantenuto la parola, lo ha detto e lo ha fatto.

I cinesi non potevano più gestire i rifiuti dell’Europa, perché avevano già i loro grattacapi. Guardate il trailer di Plastic China.

E ora? Siamo all’emergenza!

L’Europa, il 16 gennaio 2018, ha adottato una strategia comune europea per proteggere il pianeta, i cittadini e responsabilizzare le imprese.

“La strategia è intesa a proteggere l’ambiente dall’inquinamento da plastica e a promuovere al contempo la crescita e l’innovazione, trasformando così una sfida in un programma positivo per il futuro dell’Europa. Vi è un forte interesse commerciale nel modificare il modo in cui i prodotti sono progettati, realizzati, utilizzati e riciclati nell’UE e assumendo un ruolo guida in questa transizione potremo creare nuove opportunità di investimento e nuovi posti di lavoro. Ai sensi dei nuovi piani, tutti gli imballaggi di plastica sul mercato dell’UE saranno riciclabili entro il 2030, l’utilizzo di sacchetti di plastica monouso sarà ridotto e l’uso intenzionale di microplastiche sarà limitato”.

Il problema non è nato certo oggi, diversi studi avevano già messo in risalto la necessità di adottare misure per l’eccessivo uso di plastica, vedi: La rotta “sporca” della plastica “ della Polieco.

Quindi, la Cina principale importatore e trasformatore di materiali scartati dall’occidente con la sua decisione ha di fatto bloccato ogni arrivo di rifiuti di plastica dall’estero, lasciando al mondo la decisione su come trovare un posto entro il 2030 a 111 milioni di tonnellate metriche di materiale potenzialmente inquinante anche se trattato, montagne di bottiglie, contenitori, oggetti usa e getta, vecchi computer, carcasse di tablet o cellulari e via elencando che dal divieto cinese in poi si vanno accumulando in tutto il sud e sud est asiatico dove non ci sono altrettanti approdi attrezzati come in Cina.

Già a partire dagli anni Ottanta la Cina era diventata una grande importatrice di rifiuti, che riciclava per farne materia prima. I Paesi industrializzati mandavano a Pechino in media la metà o più della loro spazzatura differenziata, come plastica o carta.

La Cina e Hong Kong hanno importato più del 72% di tutti i rifiuti di plastica. Ad un certo punto, però, Pechino ha cominciato a porsi il problema dell’inquinamento. Di qui l’adozione della politica della National Sword.

Una decisione a cui si è arrivati, anche perché molti rifiuti non venivano riciclati, a causa di inefficienze del sistema o perché fortemente contaminati da altri materiali, finendo così nell’ambiente, già fortemente inquinato…non era più un business redditizio.

Il 27 marzo 2019 con 560 sì, 35 no e 28 astensioni l’Unione Europea ha adottato la direttiva sulla plastica monouso.

La legge prevede che dal 2021 vengano banditi quegli articoli monouso per i quali esistono alternative sul mercato: posate, piatti, bastoncini cotonati, cannucce, mescolatori per bevande e aste dei palloncini, oltre che contenitori in polistirolo, anche se realizzati in  plastica oxo-degradabile. Per quei prodotti per i quali non esiste in commercio un valido equivalente, l’Unione Europea chiede alle singole nazioni di individuare sistemi che ne riducano l’utilizzo e di darne conto entro due anni.

Inoltre, l’Unione pone un obiettivo di raccolta del 90% per le bottiglie di plastica entro il 2029 e stabilisce che entro il 2025 il 25% delle bottiglie di plastica dovrà essere composto da materiali riciclati, quota che salirà al 30% entro il 2030.

Viene inoltre rafforzato il principio secondo cui “chi inquina paga”, introducendo un regime di responsabilità estesa per i produttori di tabacco e di attrezzi da pesca, questi ultimi dovranno farsi carico della raccolta delle reti da pesca rotte disperse in mare.

I Paesi dell’Unione dovranno recepire la legge nelle normative nazionali e mettere a punto piani generali per il raggiungimento degli obiettivi, un impegno che non può prescindere dal confronto costruttivo e sistematico “con tutti i portatori d’interesse (produttori, amministrazioni, utilizzatori, associazioni ambientaliste) per accompagnare la transizione e rendere efficace il percorso di de plastificazione”.

 

Per ulteriori informazioni

Great Pacific Garbage Patch . La più grande discarica galleggiante

Come cambiare il nostro modo di usare la plastica?

 

Documenti Unione Europea

Una strategia europea sulla plastica: domande e risposte

Scheda informativa

Strategia sulla plastica

Comunicazione sull’interazione

Quadro di monitoraggio

Proposta sugli impianti portuali di raccolta

Relazione sulle materie prime

Relazione sulle oxoplastiche

Eurobarometro: le PMI e l’economia circolare

Napoli, 1 aprile 2019