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E’ alle porte la Rivoluzione Democratica
di Luigi Antonio Gambuti

Mai come in questi giorni sta facendosi sempre più forte quanto il presidente quattrovolteventi ha preso a slogan della sua avventura politica: l’esigenza di cambiare, cambiare verso, cambiare adesso e cambiare ora, come si legge nella narrazione elettorale di Vincenzo De Luca.
S’è scoperchiato l’ennesimo pentolone della malapolitica, quella che si nutre di corruzione e malaffare, quella che affama ed ha affamato milioni di persone.
Non se ne può più a sentire-e a vedere-certe cose.
E, quel che è più angosciante e disperante, è che non se ne salva nessuno, a destra, al centro e a manca.
Dovunque scavi trovi un verminaio di interessi incrociati per soddisfare la fame di denaro ed esigenze malsane di gruppi di potere organizzati sotto le mentite spoglie di sigle e di bandiere che richiamano la natura pubblica delle mansioni loro affidate.
Del Mose di Venezia; dell’EXPO di Milano; della TAV di Firenze e dei passanti appenninici; delle cosiddette Grandi opere non se ne fanno scappare occasioni per arricchire famiglie e compagni di avventura, per alimentare le caldaie a vapore dei loro squallidi convogli del potere e perseguire interessi lontani dal cosiddetto bene comune.
E a niente vale l’attenzione sull’anticorruzione, quella norma che dovrebbe far tornare di moda l’onestà.
Ne ha detto Mattarella nel suo discorso di saluto appena nominato; ne ha parlato a lungo il Papa-ricordate il calcio da dare dove non batte il sole?-ne parlano tutti oggi più di ieri, con la speranza che si arrivi a porre freno al diffuso malcostume e si faccia qualcosa di serio in materia. E finalmente.
Non è esente l’apparato dei partiti, cornice e terreno di coltura del diffuso malaffare.
I partiti tradizionali tormentati da scissioni, crisi di valori(?) e crisi di sistema, privati della loro rappresentatività sociale per via delle “leggerezze “che ne hanno delegittimato ruoli e funzioni, vanno posizionandosi sullo scacchiere dei consensi elettorali sempre con diffusa incertezza e sempre con difficoltà di posizione. Scomparse le coordinate storiche dei loro posizionamenti, vanno rigenerandosi in ambiti e atteggiamenti sempre nuovi, delegittimando capi e capibastone, correnti, cerchi magici e consorterie.
Nascono così nuovi scenari di aggregazioni sull’esigenza condivisa di cambiare, sì, cambiare visto che l’esistente non soddisfa la domanda di nuovo del Paese. Tra le tante nasce così la “coesione sociale” guidata da Landini che s’affanna a non definirla partito, ma un “soggetto politico “nato per affrontare i problemi del mondo del lavoro messo in crisi dalle riforme del governo Renzi.

Con Landini si sono associati soggetti politici di diversa provenienza che, negli ambiti di appartenenza, si fanno anche essi promotori dell’esigenza di cambiare.
Qualcosa vorrà significare se nel nuovo “soggetto politico “ritroviamo pezzi importanti della società civile: Emergency, Libera, la FIOM, l’ARCI, Libertà e Giustizia, i Comitati della Scuola, costituzionalisti e tanti altri soggetti che nell’apprendista “saldatore”vedono l’uomo capace di dare forza alla voce di coloro i quali, e sono tanti, sono ormai stanchi delle carriolate di annuncite e delle mani sempre vuote di risultati concreti.
Si farà, si sta facendo, si dice, anche se si dovrebbe fare sempre di più e nel concreto, toccando i fili sempre più scoperti delle povertà e degli emarginati, scarti sociali che soltanto il Papa può prendere in seria considerazione.

E sì che Papa Francesco ha lanciato l’Anno Giubilare, quell’Anno Santo straordinario per invitare il mondo alla misericordia,parola pesante per coloro i quali non conoscono il perdono, per fondare la teologia del cuore, là dove si immagina un Dio “simpatico”(Kasper) capace di “patire insieme all’uomo, emozionarsi con lui, capirlo, accoglierlo.
E’, questa, l’unica luce che illumina questi giorni vissuti in chiaroscuro, dove tante sfumature (e non quelle in grigio!) rendono incerto e faticoso il cammino dei cristiani.
In attesa di leggere di nuove regole per partiti e sindacati; della riforma della RAI e della scuola, della possibilità di modificare la legge Severino, dopo l’apertura di Cantone, presidente dell’anticorruzione, di farle il”tagliando“ma dopo la tornata elettorale regionale, facciamo cenno alle vicende nostrane dove Vincenzo De Luca, il candidato alla presidenza della giunta regionale del partito democratico, va calcando le scene provinciali e quelle metropolitane per chiedere il consenso sulle sue proposte programmatiche.
E parla chiaro il personaggio, non privo di coraggio e di voglia di lottare, per costruire un percorso politico-amministrativo che inneschi una realtà nuova, dove non ci siano più cittadini oggetto di pressioni o di ricatti delle istituzioni o di chi gestisce le pubbliche risorse; sarà, la sua,una “rivoluzione democratica”, dove la gente imparerà a scoprire il gusto della libertà; a non avere paura; a non essere obbligata a trovarsi un padrone o un padrino politico.
“Non sarà una passeggiata, ha detto a caldo la sera della vittoria a Santa Brigida, sede del partito; la sfida del governo fa tremare la voce.
Si apre una nuova stagione politica e se Dio vorrà anche nella Regione Campania, realizzeremo una svolta radicale profonda, non solo sul piano programmatico, ma anche nello stile di governo. Della civiltà. Non vi saranno, ha concluso, più clienti davanti alla porta delle istituzioni.”
E sarà ora! Detto da De Luca,  coraggioso e a tratti “spavaldo”contractor politico di primo livello per competenza e dedizione, c’è da confidare che il cambiamento tanto auspicato possa avverarsi anche dalle nostre parti.
Per raggiungere l’obiettivo resta sempre e comunque l’esigenza dell’avviso: uniti si vince, l’Unione fa la forza, la condivisione va messa in campo per garantire il percorso verso un traguardo che sia una risposta per le domande di tutti, nessuno escluso. Che Napoli sorrida confidente, mentre Venezia piange per le beghe interne di un aggregato elettorale che mai si è fatto partito.

Napoli, 26 marzo 2015

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