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Tra socialismo e fascismo. Tre intellettuali nell’Italia del Novecento: Forges Davanzati, Monicelli e Ojetti

Il protagonismo del movimento operaio, il nazionalismo segnato dalla guerra di Libia, l’interventismo e la prima guerra mondiale, il Biennio rosso e quello nero fino alla Marcia su Roma, il consolidarsi del regime con la svolta totalitaria. Le tappe fondamentali della storia italiana del primo Novecento ricostruite attraverso il carteggio tra tre intellettuali dell’epoca: Roberto Forges Davanzati, Tomaso Monicelli e Ugo Ojetti.

di Antonio Senta

Nel 2011 le edizioni trentine Tangram aveva già pubblicato un corposo volume di Daniele D’Alterio, sul sindacalismo rivoluzionario, o meglio sindacalismo “dell’azione diretta” a Roma nei primi anni del Novecento e la figura di Enrico Leone (La capitale dell’azione diretta. Enrico Leone, il sindacalismo “puro” e il movimento operaio italiano nella primi crisi del sistema giolittiano 1904-1907). A sei anni di distanza le stesse edizioni hanno dato alle stampe un altro volume di D’Alterio, ugualmente interessante, ma con un diverso focus: Tre capitoli su politica e cultura nell’Italia del Novecento. Tomaso Monicelli, Roberto Forges Davanzati e i corrispondenti di Ugo Ojetti dall’“egemonia socialista” alla dittatura fascista.

Le oltre settecento pagine contengono tre capitoli che ricostruiscono le vicende umane, politiche e culturali di altrettanti intellettuali, Roberto Forges Davanzati, Tomaso Monicelli e Ugo Ojetti. Lo fanno partendo dallo studio dei carteggi tra i tre che coprono un arco temporale che va dal 1906 al 1930 e che fungono da angolo visuale per analizzare varie fasi e tendenze della società italiana di allora: il protagonismo primonovecentesco del movimento operaio (Monicelli e Forges Davanzati erano sindacalisti rivoluzionari), il nazionalismo segnato dalla guerra di Libia del 1911, l’interventismo e la prima guerra mondiale, il Biennio rosso e quello nero fino alla Marcia su Roma dell’ottobre 1922, il consolidarsi del regime con la svolta totalitaria del 1924-1926, lo zenit del regime negli anni Trenta inoltrati.

Accanto ai carteggi, ulteriori e numerose fonti, tra cui il Fondo Ugo Ojetti, consentono a D’Alterio di analizzare il rapporto tra ceti intellettuali e politica individuandone un passaggio caratteristico, dalla vicinanza con le istanze del socialismo e progressiste a un rapporto sempre più stretto con quelle antidemocratiche e antiparlamentari. L’analisi così si situa a due livelli, quello individuale-biografico e quello collettivo-generazionale, e intreccia i piani della politica, dell’arte e della letteratura.

Il primo capitolo è incentrato sulle vicende biografiche di Forges Davanzati, con il suo tragitto dall’estrema sinistra alla reazione antisocialista e all’adesione all’ideologia nazionalfascista. Il secondo si focalizza invece sulla biografia più sfumata e ambigua di Monicelli, con la sua malferma adesione al fascismo. Il terzo capitolo è dominato dalla diversa figura di Ojetti e dal suo rapporto con il fascismo. Un rapporto biografico e professionale insieme, dal momento che Ojetti visse l’avvento e il consolidarsi del fascismo e fu nel 1926-1927 direttore del Corriere della Sera post-albertiniano, proprio grazie al sostengo del regime. Un case study, questo, della più generale incapacità da parte della maggior parte degli intellettuali di opporsi alla dittatura.
Rispetto al volume del 2011, D’Alterio affianca qui allo studio del sindacalismo rivoluzionario primonovecentesco, l’analisi del nazionalismo a ridosso degli anni Dieci, l’interventismo e il primo conflitto mondiale, l’avvento del fascismo e la dittatura di Mussolini.

Il volume è arricchito da una larga messe di note e un’utile bibliografia ragionata suddivisa per temi e periodi.

25 marzo 2018