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I colori della donna nell’arte
di Martino Ariano

 

coloreI mille colori della femminilità.

È questo il tema che analizzo, in quest’articolo, nella nostra rubrica dedicata alle donne.

Il percorso si è dipanato presentando alcune artiste donne e dopo una selezione di opere d’arte in cui la donna è raffigurata in svariate forme, con l’intento di sdoganare con l’arte i pregiudizi sul fisico e le forme femminili e di dare uno schiaffo al Body Shaming.

Anche in questo caso ho selezionato alcune opere d’arte.

Precisamente opere che fanno della donna una tavolozza di colori.

Ovviamente, come nel caso delle forme, anche i colori, le sfumature, la stesura stessa del colore dipendono completamente dallo stile personale adoperato e scelto dall’artista, dagli stilemi dell’epoca, dai dettami della committenza e/o da date esigenze socio-politiche e culturali.

Con questo ultimo frame voglio farvi notare come il razzismo, il colore della pelle, sia un dato relativo.

E gli artisti hanno giocato tantissimo con i colori, d’altronde il colore è uno degli elementi basi dell’arte.

indexMa se per gli artisti il colore diviene sinonimo
e mezzo di libertà ed espressione,

per gli ignoranti diviene arma e mezzo per denigrare,
giudicare, disprezzare e fare violenza di ogni tipo.index

Inoltre se il razzismo si aggiunge al già difficile gender gap, per la donna diviene un altro peso da sopportare, un’altra zavorra da portare.

Anche se in questo caso in maniera unanime con il suo collega uomo.

Iniziamo il nostro breve viaggio nei colori della femminilità nell’arte:

Marie-Guillemine Benoist, Ritratto di donna nera, 1800, olio su tela, Louvre, Parigi

Marie-Guillemine Benoist, Ritratto di donna nera, 1800, olio su tela, Louvre, Parigi

Iniziamo con Ritratto di una donna nera (1800) della pittrice Marie-Guillemine Benoist.

La rivoluzione nella rivoluzione: una donna nera ritratta da un’artista donna.

Presentato al Salon del 1800, ovviamente causò un profondo scalpore.

Ai nostri occhi forse no, anzi risulta essere pienamente in linea con i canonici ritratti. Ma al tempo fu una vera rivoluzione soprattutto perché la donna rappresentata era di colore, forse una delle domestiche dell’artista.

Le persone di colore fino ad allora nelle rappresentazioni erano delegati a figure marginali e fungevano da elemento esotico.

La Benoist nel 1800 con eleganza e mood neoclassico restituì dignità e rispetto ad una donna di colore.

Restando sempre sul colore nero e in Francia, vi mostro quest’opera

Edouard Manet, Amazzone di fronte, 1882, olio su tela, Thyssen, Madrid

Edouard Manet, Amazzone di fronte, 1882, olio su tela, Thyssen, Madrid

Amazzone di fronte (1882) costituirebbe l’estate in una serie incompiuta sulle quattro stagioni di Édouard Manet.

Incompiuta perché l’artista era gravemente malato. Riuscirà a realizzare pienamente solo il primo dei  dipinti, Primavera.

Per i dipinti posano modelle ed attrici. Per l’opera presa in analisi posa la modella Henriette Chabot.

Il colore principale dell’opera è il nero. Ed è proprio la stesura di quest’ultimo a restituire uno splendido esempio di esecuzione e padronanza del colore di Manet.

Il colore nero insieme al look androgino della donna, ci restituiscono un’Amazzone di eleganza, sensualità e femminilità.

William Merriott Chase, Giovane con vestito giapponese. Il Kimono, 1887, olio su tela

William Merriott Chase, Giovane con vestito giapponese. Il Kimono, 1887, olio su tela


L’altra opera che ho scelto, si allontana nell’ambientazione e ci porta nei colori dell’Estremo Oriente, il Giappone.

L’opera è Giovane con vestito giapponese. Il Kimono (1887) di William Merriott Chase.

Osservando l’opera, la prima cosa che notiamo è l’elemento esotico, giapponese.

L’artista fa pienamente sua l’influenza del Giapponesismo, diffusasi in pieno 800. Infatti, la donna raffigurata non solo ha lineamenti orientali ed indossa un kimono di seta, abito giapponese per antonomasia, ma anche l’ambientazione è a tema, un angolo di un salone giapponese.

In generale i toni cromatici sono cupi, sul marrone/ora, a sottolineare l’atmosfera intima e raccolta, e l’unica nota di colore è data dal giallo limone della fodera e della cintura del kimono.

In quest’opera ritrovo una perfetta rappresentazione della femminilità orientale con tutti i dettagli del caso.

Paul Gauguin, Donne di Tahiti sulla spiaggia, 1891, olio su tela, 69x91 cm

Paul Gauguin, Donne di Tahiti sulla spiaggia, 1891, olio su tela, 69×91 cm

Un’altra opera dal tema esotico che fa del colore la sua arma vincente ce la dona Paul Gauguin.

L’opera in questione è Donne di Tahiti sulla spiaggia (1891), dipinta dall’artista durante il suo soggiorno a Tahiti, dove ritrova il suo habitat ideale.

L’opera vede rappresentate solamente due donne sedute su una spiaggia.

Stilisticamente sono modellate e curate solo nei visi e nelle braccia, delineate da un forte contorno. Gli abiti e il paesaggio sono resi mediante stesure omogenee e veloci, senza chiaroscuro, se non piccole lumeggiate per suggerirne il volume.

L’artista annulla la prospettiva e cambia il punto di vista, sollevandolo leggermente.

La lezione dataci da Chase e Gauguin è quella di averci restituito l’eleganza orientale con occhi occidentali, senza dati superflui o stucchevoli.

La bellezza femminile orientale fatta opera d’arte.

Gustav Klimt, Ritratto di Adele Bloch-Bauer I, 1907, olio su tela, 138x138 cm. New York, Neue Galerie

Gustav Klimt, Ritratto di Adele Bloch-Bauer I, 1907, olio su tela, 138×138 cm. New York, Neue Galerie

Dai colori e suggestioni esotici all’oro.

Una pioggia dorata ci restituisce un ritratto di donna elegante ed eccovi il Ritratto di Adele Bloch-Bauer (1907) di Gustav Klimt.

L’uso dell’oro e delle decorazioni preziose di ogni tipo annullano completamente la prospettiva.

Come la maggior parte dei dipinti di Klimt anche quest’opera abbraccia i principi estetici della Secessione Viennese e dello stile Liberty, oltre che essere chiari rimandi dei mosaici bizantini, con i loro sfondi dorati.

Con quest’opera, infine, Klimt ci restituisce una donna gioiello psicologicamente autonoma, perché forte della sua espressività e femminilità.

Henri Matisse, Donna con Cappello, 1905, olio su tela, 81 x 60 cm

Henri Matisse, Donna con Cappello, 1905, olio su tela, 81 x 60 cm

Da una pioggia d’oro ad una pioggia di colori.

I colori ci restituiscono la Donna con Cappello (1905) di Henri Matisse.

La donna raffigurata altro non è che la moglie dell’artista, Amélie.

Descritto come «una pentola di colori rovesciata in fascia al pubblico» al Salon d’Automne del 1905, è emblema sia del simbolismo cromatico sia del movimento espressionista dei Fauves, che usano il colore come arma d’espressione.

Come si può osservare l’uso del colore è causale ed innaturale, distinguiamo la sagoma solo grazie ad un forte ed irregolare contorno nero. Il volto è privo di contorni ed è il gioco di giustapposizioni dei colori a formarlo e a restituircelo.

Ernst Ludwig Kirchner, Fränzi con una sedia intagliata, 1910, olio su tela, 71 x 50 cm

Ernst L. Kirchner, Fränzi con una sedia intagliata, 1910, olio su tela, 71 x 50 cm

 Sempre con il colore, ma in chiave più aggressiva, violenta ed introspettiva, Ernst Ludwing Kirchner realizza un ritratto, con tutti gli stilemi dell’espressionismo tedesco del Die Brücke, di cui è padre fondatore: Fränzi con una sedia intagliata (1910).

La donna rappresentata è Fränzi, una delle adolescenti che solevano posare per gli artisti.

Ovviamente oltre ad una semplificazione delle forme, quello che più cattura la nostra attenzione è l’uso arbitrario del colore.

La donna dietro la ragazzina altro non è che lo schienale della sedia, che funge da presenza e presagio di futuro, essendo un intaglio stilizzato di una donna adulta.

L’adolescente Fränzi si presenta con la pelle verde, perché l’artista associa il verde alla fase acerba dell’adolescenza, che solo con le esperienze e la crescita, può trasformarsi in un colore roseo, con il raggiungimento della maturità emotiva e personale.

L’espressione e le sensazioni dell’artista vengono così riflesse nell’adolescente, che assume colori innaturali carichi di una forte carica espressività ed emotività.

Georges Braque, Donna con mandolino, 1910, olio su tela, 80,5x54 cm

Georges Braque, Donna con mandolino, 1910, olio su tela, 80,5×54 cm

Dai colori più svariati ed arbitrari passiamo ad un’opera quasi monocromatica.

Mi riferisco alla Donna con mandolino (1910) di Georges Braque.

Quest’opera è un’icona del Cubismo.

L’artista, oltre alla canonica frammentazione delle forme, applica un altro principio del Cubismo, ovvero la riduzione dei colori a una ridotta gamma cromatica. Infatti, i colori dell’opera sono soltanto l’ocra, il grigio e il marrone, seppur coniugati in svariate sfumature grazie alla tecnica divisionista e ad una stesura sciolta.

Robert Delaunay, Donna con l’ombrello, 1913, olio su tela

Robert Delaunay, Donna con l’ombrello, 1913, olio su tela

Da una gamma cromatica ristretta ad una gamma cromatica più vivace e variegata.

L’opera Donna con l’ombrello (1913) di Robert Delaunay ci assale infatti con i suoi colori. Le chiazze rosse, blu, verdi, gialle, bianche e viola delineano, con una più attenta osservazione, una donna con un ombrello.

I contrasti cromatici vogliono essere una risposta coloristica all’assenza di colore proclamato dal Cubismo, che, come abbiamo visto, prediligeva colori cupi, come il grigio.

Pablo Picasso, Ritratto di Dora Maar, 1937, olio su tela, 92x65 cm, Musée National Picasso, Parigi

Pablo Picasso, Ritratto di Dora Maar, 1937, olio su tela, 92×65 cm, Musée National Picasso, Parigi

Ma dal Cubismo, non tardò la risposta coloristica.

E così Pablo Picasso realizza l’opera Ritratto di Dora Maar (1937).

Dora Maar, nome d’arte di Henriette Theodora Markovitch, era una giovane fotografa che l’artista spagnolo conobbe frequentando un circolo surrealista a Parigi.

Otre alle forme innaturali, spigolose e geometriche il ritratto presenta soprattutto per l’incarnato una vasta gamma di colore, predominata dal giallo.

Quest’opera nelle sue forme rimanda alla Guernica, la realizzazione fu fotografata dalla stessa Dora Maar.

Andy Warhol, Green Marilyn, 1962, acrilico e seriografia su lino

Andy Warhol, Green Marilyn, 1962, acrilico e seriografia su lino

indexDa Picasso, che rivoluzionò il modo di VEDERE L’ARTE,
passiamo ad un altro rivoluzionario della storia dell’arte,
che rivoluzionò il modo di FARE L’ARTE: Andy Warhol.
index

Padre della Pop Art, ha introdotto la serialità di tipo industriale nell’arte, sconvolgendo tutti i parametri dell’arte, che voleva l’opera unica ed irriproducibile.

Inoltre, Warhol gioca con la stessa ripetizione seriale, riproducendo su grandi tele moltissime volte la stessa immagine, alterandone i colori.

Prende in giro un altro degli elementi base della tassonomia dell’arte: il colore.

L’opera che ho scelto è Green Marilyn (1962) in cui, oltre all’iconica immagine della Pop Art rappresentata dall’attrice americana Marylin Monroe, troviamo un’alterazione innaturale ed iconica della Pop Art, dei colori.

Non per altro ho scelto come copertina proprio il capolavoro di Warhol, la seriografia di Marylin Monroe.

Marylin Monroe una donna ed icona conosciuta da tutti.

Una donna che grazie al genio di Andy Warhol assume colori sempre nuovi.

Una donna, mille combinazioni di colore.

E quindi come può il colore essere elemento
di discussione, di giudizio, di parametro,
se proprio il colore è una delle tantissime variabili
soggettive che l’occhio, la mente e il cuore umano può produrre?

Oltre al Bianco e al Nero, dovremmo cercare di vedere, di comprendere e soprattutto di vivere le altre migliaia e migliaia di sfumature che ci sono nel mondo.

Basta chiedere alla donna, che fa proprie quelle sfumature e le trasforma dentro di se, trasformandone in una nuova vita.

Il colore può generale emozioni, vita.

Una donna genera vita, è vita.

L’essere umano deve generale, ma soprattutto proteggere la vita e colorare le vite in bianco e nero di altri essere umani.

Sforziamoci nel vivere a colori.

 

Marzano di Nola, 21 marzo 2022