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Renzi e Francesco : le stesse sfide

di Luigi Antonio Gambuti

Rumble, rumble, rumble è il rumore tradotto in lemma dei fumetti disneyani. Evoca il rotolare dei sassi, ilrintronare dei tuoni nelle valli o il lavorio del cervello in cerca di soluzione per qualche problema.
Del rotolare dei sassi e del rimbombare dei tuoni ne abbiamo avuti abbastanza in questi giorni.
Ne ha fatto spese il Sannio telesino e quello fortorino, dove sassi, piene,frane e raffiche di vento hanno devastato animali uomini e cose.
Per quanto riguarda il lavorio del cervello il ritmo del tormentonerichiamato è sempre più incessante.
Si è sempre in cerca di risposte alle tante troppe domande inevase, come una condanna ricorrente che, comunque, dà senso e vita alle nostre scontatissime giornate.
Niente di nuovo, si dirà, se il rotolare dei sassi-massi è la drammatica conseguenza dello sfascio ambientale che l’ uomo ha prodotto violentando la natura, il rotolare dei pensieri ci dispone a valutare eventi ed occasioni che interpellano la mente, inducono comportamenti e cercano soluzioni.
Cosa ci rotola in mente in questi giorni?
Si affacciano questioni, ci aggrediscono domande di senso e di convenienza a cui stentiamo di dare risposte.
La più significativa, quella che mescola il sacro con il profano, quella che mette sullo stesso piano personaggi che dominano la scena nel proprio campo di intervento, è questa: cosa hanno in comune Papa Francesco e Renzi presidente del Consiglio ;o, meglio, cosa li “accomuna”, sì da sistemarli “a rischio “sullo stesso piano di responsabilità, nella doverosa scansione dei loro carichi governativi?
L’uno guida la Chiesa universale,l’altro,il Governo di un moderno paese occidentale.
Personaggi apicali, chiari e sicuri delle capacità di farsi capire, determinati nell’agire,spinti entrambi da una fiducia profonda nelle proprie capacità di vincere le sfide.
Due epigoni, ognuno dei quali impegnato a rinnovare, modernizzare e rottamare il proprio apparato istituzionale, mettendocontinuamente a rischio la propria posizione di comando.
Francesco si è posto in testa di “umanizzare “la Chiesa; di condurla sui sentieri di una modernità priva di orpelli e pregiudizi, aperta al confronto e alla discussione, sempre in ascolto e attenta a non coniugare solo e soltanto il verbo giudicare.
Vuole una chiesa della misericordia e del perdono; una chiesa che accompagni l’uomo tendendogli le braccia e ne motivi le speranze; una chiesa rifugio per le vicende umane, dove il tutto si riconduce all’Uno , Eterno sì, ma anche fratello e compagno di ventura dove, mano nella mano, si dipana il canovaccio della vita.
L’altro, il Matteo, sì è messo all’opera per rottamare i vecchi potentati del sistema -presupponendo che egli stesso non ne facesse parte dominante -, scatenando questioni di disciplina interna al suo partito e forti scosse nella coesione sociale del paese.
Tutti e due,quindi,esposti al giudizio dei destinatari delle loro iniziative.Giudizi non sempre onesti e obiettivi,mirati a scardinarne l’immagine per indebolirne La portata del potere.
L’uno, ilPapa, attaccato dalla Curia gelosa dei suoi privilegi e delle sue obsolete “acconciature”; l’altro, messo alla prova giorno dopo giorno e ostacolato non solo e non tanto dagli avversari di partito, quanto e soprattutto dai componenti della stessa casa politica di provenienza.
Si farà peccato se si indicano l’invidia, larabbia, lo scricchiolio delle seggiole perdute come motori della contestazione-opposizione mossa nei confronti dei due vertici istituzionali?
Che sarebbero, se non opera di delegittimazione, l’outing del monsignor Cheramska,il documento critico dei tredici cardinali conservatori,la messa in giro della malasalute di Bergoglio? Gli avvoltoi, rievocati da Luca e da Matteo, per opera del teologo Mancuso su la Repubblica di qualche giorno addietro, sonochiaramente visibili accanto al corpo del Papa e non basta il modesto risultato acquisito di recente a chiusura dell’evento sinodale, a rassicurare chi di questo Papa è convintamente innamorato.
Francesco ha seminato. C’è solo da pensare se il suo seme non abbia dato fiato ai tromboni della “diversità” fatta bandiera, di coloro i quali un tempo emarginati, oggi si sentono ringalluzziti sino all’offesa del buon senso comune, piattaforma esistenziale della cosiddetta gente normale.
Basta riflettere sull’arrogante strafottenza di un certo cecchipaonismo per rendersi conto del rischio che si corre con il capovolgimento di valori millenari.
Sul crocevia della contestazione mossa dall’interno della famiglia di provenienza-quella contestazione più devastante e pericolosa, perché si avvale di conoscenze private, cose di famiglia, appunto-si incontra Matteo Renzi,quotidianamente messo alla prova, contestato e sollecitato a rivedere i suoi atteggiamenti in merito alla scelta e alla definizione dei suoi interventi governativi.
Non siamo ammiratori incondizionati del nostro Presidente del Consiglio. Tante, troppe le cose che non si condividono del suo frenetico operare, del suo irriverente approccio destabilizzatore.
Ci preoccupa solo ed unicamente la stabilità e la tenuta democratica del sociale, portato allo sbaraglio da coloro i quali sono capaci solo di distruggere e contestare, senza essere dotati di chiari ed efficienti strumenti operativi, figli di profonde ed obiettive riflessioni sullo stato dell’arte del Paese.
Contestare va fatto e fa bene alle dinamiche politico-sociali; fa bene alla Chiesa come fa bene alla politica.
Solo che l’alternativa a ciò che si contesta deve essere chiara,realistica,fattibile.
Cosa che allo stato non si vede, al di là delle solite liturgie contestatrici;gli scambi feroci di vedute,le scissioni e le nascite di nuove aggregazioni, messe in campo per creare spazi dove sistemare i”farlocchi stanchi” in cerca di visibilità e di potere.
E allora?
Lasciamo ai fumetti il rotolio della riflessione e sforziamoci di rasserenare i nostri pensieri.
Non tutti siamo eguali, non tutti siamo perfezione.
Lasciamo lavorare Renzi e Francesco e sforziamoci di condividere la loro politica di rinnovamento degli apparati di cui sono titolari. Dal di dentro, come credenti e come cittadini, sosteniamo i loro sforzi, indichiamo con spirito collaborativo-non aprioristicamente denigratorio-i segnali da cogliere per un cammino virtuoso che costruisca e diffonda il bene comune.
Prepariamo l’alternativa-verrà anche per loro il tempo di mollare!-per una strategia più incisiva e,anzitutto,riconosciamone il potere di indirizzo e di comando, aiutandoli a sostenere il peso che comporta.

Napoli, 30 ottobre 2015