Eucarestia, manna nei deserti dell’anima
Eucarestia, manna nei deserti dell’anima
di frate Valentino Parente
Che cosa accade quando ci nutriamo dell’Eucaristia?
Sant’Agostino diceva: in natura colui che mangia assimila
ciò che mangia, trasformandolo in un certo senso in sé stesso.
Nell’Eucaristia avviene l’opposto: è l’uomo che mangia,
ma è Dio che ci assimila a sé.
Che mistero d’amore! Dio presente in poco pane.
Una vera sfida anche alla nostra smania di grandezza.
anno A – 14 giugno 2020 – Corpus Domini. Deut. 8, 2-3.14b-16. 1Corinti 10,16-17. Giovanni 6, 51-59.
La solennità del SS.mo Corpo e Sangue di Cristo, culmina le celebrazioni del periodo post-pasquale.
Il Corpus Domini (=Corpo del Signore) è una festa piuttosto recente, istituita nel medioevo per sottolineare alcuni eventi miracolosi legati all’Eucaristia e per correggere certe deviazioni dottrinali che contestavano la presenza reale del Signore Gesù nelle specie consacrate del pane e del vino.
È sicuramente una delle solennità più sentite a livello popolare.
Sia per il suo significato, che richiama la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, sia per lo stile festoso della celebrazione.
Infatti fino a non molti anni fa, tale festa, veniva celebrata con una solennità e festosità tutta particolare…
Era l’occasione per i cristiani per esprimere pubblicamente la loro fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia.
Ora tutto è più dimesso e silenzioso.
Nelle nostre città le processioni hanno ceduto il posto ai cortei… Ma se tutto questo servisse ad approfondire il significato del mistero e a una fede più consapevole, avremmo trasformato in guadagno quello che potrebbe sembrare una perdita.
L’origine di questa festa affonda le sue radici nel XIII secolo.
Ci troviamo in Belgio, nella cittadina di Liegi. Qui, la superiora del Monastero del Carmelo, la beata Giuliana di Retìne, nel 1208 ebbe una visione mistica in cui le si mostrava un disco lunare splendente di candida luce ma con una parte in penombra.
Dio stesse le fece comprendere che quella visione significava la Chiesa del suo tempo che ancora mancava di una festa in onore del SS.mo Sacramento.
Così la suora, tramite il suo padre spirituale, fece richiesta al Vescovo di introdurre nella diocesi una festa in onore del Corpo di Cristo.
La richiesta fu accolta e fissata la data al giovedì dopo la festa della SS.ma Trinità. Era l’anno 1246.
L’estensione di questa festa a tutta la Chiesa però dovette attendere ancora circa vent’anni.
La spinta venne dal famoso miracolo eucaristico di Bolsena, in provincia di Viterbo.
Nel 1263, un sacerdote della Boemia di ritorno da un pellegrinaggio a Roma, fu assalito dal dubbio circa la reale presenza di Cristo nell’Ostia consacrata.
Mentre celebrava l’Eucaristia, dall’Ostia uscirono gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino (conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare, ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina.
Impaurito e nello stesso tempo pieno di gioia cercò di nascondere ai pochi presenti quello che stava avvenendo: concluse la celebrazione, avvolse tutto nel candido corporale di lino e fuggì verso la sagrestia.
Ma durante il tragitto alcune gocce di sangue caddero sul pavimento, tradendo la segretezza del prodigio.
La notizia si sparse rapidamente raggiungendo Orvieto, dove, in quei giorni, si trovava papa Urbano IV che organizzò una solenne processione per scortare la preziosa reliquia in modo trionfale tra canti e fiori fino ad Orvieto.
Accertato il miracolo, nel 1264 Urbano IV promulgò una Bolla con la quale istituiva per tutta la Chiesa la Solennità del Corpus Domini.
Fin qui la storia.
La festa del Corpus Domini è inseparabile dal Giovedì Santo, dalla Messa in Coena Domini, nella quale si celebra solennemente l’istituzione dell’Eucaristia.
Mentre nella sera del Giovedì Santo si rivive il mistero di Cristo che si offre a noi nel pane spezzato e nel vino versato, nella ricorrenza del Corpus Domini, questo stesso mistero viene proposto all’adorazione e alla meditazione dei fedeli, i quali, attraverso le processioni e le adorazioni prolungate, celebrate in questa solennità, manifestano pubblicamente la propria fede in questo Sacramento.
La Liturgia della parola si concentra tutta sul tema del cibo, del mangiare, perché l’Eucaristia è caratterizzata proprio da questa dimensione conviviale, in cui il Signore si fa alimento del suo popolo.
La prima lettura è tratta dal cap. 8 del Deuteronomio.
Poco prima che Israele entri nella terra“dove scorre latte e miele”, dopo 40 anni di peregrinazione nel deserto.
Mosè tiene un lungo discorso con cui invita il popolo a ripensare all’esperienza della liberazione dall’Egitto e alla provvidenza con cui il Signore lo ha condotto verso la terra promessa: Ricordati che il Signore ti ha fatto provare la fame, cioè ti ha fatto sperimentare il tuo limite, la tua debolezza, ma non ti ha abbandonato, ti ha nutrito di manna che tu non conoscevi, che nemmeno i tuoi padri avevano conosciuto. E lo ha fatto, continua Mosè, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Ti ha dato da mangiare il pane perché tu capisca che hai bisogno di mangiare la parola di Dio, cioè di assimilare la sua rivelazione.
E veniamo al Vangelo: siamo alla fine del cap. 6 del quarto vangelo.
All’inizio dello stesso capitolo, l’evangelista racconta della moltiplicazione dei pani.
Gesù aveva compiuto questo segno per parlare, di lì a poco, di un altro pane, il pane “che discende dal cielo e dà la vita al mondo”, mettendo nel cuore dei presenti il desiderio di questo pane, anche se ancora non avevano capito.
La richiesta non tarda a venire: “Signore, dacci sempre questo pane”.
Allora Gesù, di fronte allo sbigottimento generale, rivela il progetto del Padre su di Lui: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno, e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Il pane dunque è Cristo: tutto Cristo, la sua parola e la sua carne, cioè il suo Spirito non meno che il suo corpo.
Tutto ciò si svolge nel segno, ma è realtà; perché la realtà stessa del pane è trasformata in corpo di Cristo. “
Il pane è un segno molto importante.
Innanzitutto il pane è cibo, nutre e dà la vita.
Lo stesso pane, dopo la consacrazione, diventa cibo e alimento per la vita eterna: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno (…) La mia carne è vero cibo, il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”.
Feuerbach, un filosofo di fine ”700, senza saperlo, ha dato una straordinaria definizione dell’Eucaristia: “L’uomo è ciò che mangia”…
Infatti l’effetto dell’Eucaristia è di farci diventare ciò che mangiamo.
Grazie ad essa, l’uomo diventa davvero ciò che mangia, cioè corpo di Cristo!
Ma il pane è anche segno di comunione.
Questo secondo segno era molto eloquente, quando, intorno alla mensa, il padre spezzava l’unico pane e ne dava a tutti.
Quale segno di comunione si aveva allora!
Paolo ce lo ha ricordato nella seconda lettura: “Il calice che noi benediciamo non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo?”.
In questo modo, noi, pur essendo molti, diventiamo un corpo solo perché in comunione con Cristo.
Qual’è la conseguenza?
Che non possiamo fare vera comunione con Cristo, se siamo divisi tra noi, se non siamo pronti a riconciliarci.
Non possiamo celebrare l’Eucaristia, se non ci impegniamo a diventare noi stessi eucaristia, cioè pane spezzato e dono per gli altri.
Napoli, 12 giugno 2020