Il contributo cruciale dei lavoratori migranti alla risposta europea del coronavirus
Il contributo cruciale dei lavoratori migranti alla risposta europea del coronavirus
di Martina e Matteo Tafuro
“il nuovo capitalismo tramite la meritocrazia
dà veste morale alle disuguaglianze”.
Papa Francesco
ai lavoratori dell’Ilva di Genova
Eroi, è stata una delle voci che ha caratterizzato questi lunghi mesi di lockdown.
Così sono stati definiti le migliaia di lavoratori e lavoratrici del mondo sanitario che si sono spesi in prima linea nella risposta al coronavirus.
Il loro impegno incessante è stato celebrato, spesso, con lunghi applausi di ringraziamento dai balconi e dalle finestre.
Con il trascorrere dei giorni, però, è emersa un’altra categoria: il lavoratore essenziale.
A questa voce appartengono, tutti coloro che erano e sono impegnati nel garantire a tutto il resto della nazione che la vita possa continuare.
Sono quelle persone che accudiscono gli anziani, i disabili.
Sono le badanti, sono coloro che riforniscono gli scaffali dei supermercati, i lavoratori e le lavoratrici delle imprese di pulizie, i rider e i fattorini che portano cibo o merce a domicilio e i tanti altri addetti che servono ai nostri bisogni.
Ecco che allora, essenziale prende il significato di indispensabile.
Dimenticavo di dirvi, che tutti questi lavoratori e lavoratrici sono in gran parte precari, sottopagati e senza tutele…anche a livello sanitario.
Non è stato un problema sono in Italia, in tutta Europa è venuto a crearsi una massa di lavoratrici e lavoratori, che hanno sorretto il peso di tutta la nostra bella società.
La Commissione Europea ha stimato che circa un terzo del totale di tutti i lavoratori sia inquadrabile nella categoria di key workers, essenziale quindi.
La quota degli immigrati supera il 40 per cento, fra gli addetti alle pulizie e ad altre attività a basse qualifiche nel settore del turismo o nella ristorazione.
Cari italioti, è fuor di dubbio che la soddisfazione del nostro fabbisogno quotidiano dipende ormai in buona misura dagli immigrati extra-Ue.
Mi raccomando, impegnatevi nel cercare di cacciarli, così i gradini più in bassi del nostro mercato del lavoro si ritroverebbero privi delle forze necessarie.
Al di là di queste considerazioni, il dato che in Italia il 18% degli essenziali non è italiano emerge da uno studio realizzato dalla commissione Ue: “The crucial contribution of migrant workers to Europe’s coronavirus response”, effettuato durante la pandemia.
Un dato più alto della media europea, che si assesta al 13 per cento.
Lo studio pubblicato dal Jrc, il Centro comune di ricerca della Commissione Ue mostra come il valore varia molto da nazione a nazione.
A Est, dove gli immigrati sono molto pochi, crolla. Le differenze sono forti anche tra una professione e l’altra, tra collaboratrici familiari, muratori e minatori gli stranieri sono uno su tre.
“Il Covid-19 ha messo in evidenza un fenomeno che faticava a emergere: i migranti con un basso livello di istruzione sono essenziali per far funzionare le società europee, ma sono spesso trascurati nel dibattito sulle politiche migratorie Ue, molto più concentrato sugli stranieri altamente qualificati”, spiega Jacopo Mazza, ricercatore del Jrc e autore dell’analisi insieme a Francesco Fasani, professore associato alla Queen Mary University di Londra.
La direttrice di Odi Europe, Marta Foresti, sul tema della questione migratoria, ribadisce che: “Da un lato, il Covid ridurrà le possibilità di spostamento e fomenterà la paura del diverso, del “clandestino”, che potrà essere sfruttata a fini politici. Dall’altro, credo abbia generato una maggiore consapevolezza: le nostre società ed economie hanno bisogno di lavoratori “essenziali”, stranieri e non”.
Odi Europe, da sempre impegnata sulle politiche migratorie, dall’inizio dell’emergenza ha monitorato le iniziative prese nel mondo per sostenere i migranti.
In Europa se ne contano 30, a livello locale e nazionale.
Il Portogallo ha esteso temporaneamente l’accesso a sanità e welfare a chi è in attesa di regolarizzazione.
Germania, Spagna e Francia hanno facilitato l’accesso alla professione per i medici stranieri.
Il Regno Unito ha rinnovato automaticamente i visti al personale sanitario immigrato e ha organizzato dei voli charter per far arrivare nei campi i lavoratori agricoli provenienti dalla Romania.
Anche l’Italia si è mossa, inserendo nel cosiddetto decreto rilancio un provvedimento di emersione per i lavoratori irregolari impiegati in agricoltura, allevamento, assistenza agli anziani e cura della casa.
In conclusione, mi sembra di capire che ai piani alti nessuno vuol stare sul posto di lavoro, di contro ai piani bassi si sgomita.
È questa la società nuova che dovrebbe prendere forza da questa grave crisi?
Napoli, 1 giugno 2020