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OPEC, DENTRO E FUORI ANTICHE ALLEANZE

Medio Oriente: petrolio fattore strategico di decisioni politiche

di Michele Marsiglia*

Il petrolio e la scoperta di giacimenti petroliferi in un Paese o in un altro l’hanno sempre fatta da padrone nelle dinamiche economiche e politiche degli Stati che dispongono delle risorse minerarie. Oggi però, a seguito di importanti accadimenti come quelli che stanno susseguendosi in Medio Oriente e all’interno delle più importanti organizzazioni petrolifere come l’Opec, assistiamo a uno scenario geopolitico globale che condiziona, manipola e gestisce – a volte con un potere alquanto particolare – i vari accordi decennali di cooperazione bilaterale tra Stati, facendo figurare il petrolio come elemento strategico dominante di un’intera nazione. Una situazione geopolitica molto complessa negli ultimi anni, in cui non sempre si riesce a seguire la velocità dei cambiamenti.

L’indebolimento dell’Opec: una lotta per il potere
Oggi l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio non è più quel cartello che dal 1960 ha definito regole e dinamiche unanimi delle quote di mercato e dei livelli di produzione petrolifera di ogni Stato membro. L’Opec, nata per difendere la produzione petrolifera del Medio Oriente e proteggere le quote di mercato mondiali dei Paesi arabi, un tempo era sinonimo di equilibrio energetico, ma oggi purtroppo evidenzia un indebolimento decisionale. E per salvare il salvabile ha iniziato a dialogare in maniera aperta con la Russia e con i produttori di Shale Oil degli Stati Uniti: un’apertura e una necessità di accordo che non si era mai vista prima.

Tutto ciò si traduce in una lotta interna di potere tra gli Stati membri più forti, in primis tra Arabia Saudita e altri Paesi arabi. Queste situazioni continuano a dominare e a ripetersi: l’energia è usata come pretesto per mascherare dinamiche politiche complesse. Il desiderio di supremazia e le aspirazioni di comando della monarchia saudita, con la complicità di nuovi Paesi che non hanno mai fatto parte di quel club ristretto, oggi sono i motori principali di tali dinamiche. È evidente la necessità per il Medio Oriente di guardare a un futuro globalizzato e di intavolare rapporti politici, economici e commerciali anche con chi non ha mai voluto fare sedere al proprio tavolo.

Qatar: l’uscita dall’Opec
L’uscita del Qatar dall’Opec, annunciata alla fine dell’anno scorso, è certamente una scelta di coraggio e di sfida per uno Stato fondatore di quella che è sempre stata l’Organizzazione petrolifera per eccellenza. Una decisione mascherata sotto la parola gas invece di petrolio, ma che nasconde una voglia di indipendenza politica e finanziaria e il desiderio di allacciare rapporti commerciali e politici con terzi.

Sebbene la produzione di petrolio in Qatar sia scarsa rispetto alla presenza di gas nel sottosuolo, non si può ignorare che il Qatar è un membro fondatore dell’Opec. La sua decisione potrebbe rivelarsi la goccia che fa traboccare il vaso e dare inizio alla crisi di indipendenza e potere dei Paesi arabi. Una resa dei conti che farà da apripista a nuovi scenari geopolitici internazionali.

Russia: un amore ritrovato
Nel frattempo, la Russia è diventata un’ ‘amante segreta’ di diversi Stati e sta riacquistando una voce in capitolo in tema di energia, nonché la riammissione nel club dei Paesi produttori. La Federazione Russa è il baricentro di politiche energetiche internazionali che vedono l’Europa come distante ed estromessa dal tavolo strategico.

Una Russia ambigua, amica e nemica di tutti, che conduce un’attività diplomatica complessa e in continuo cambiamento, che non riesce a viaggiare su un binario parallelo con l’industria e lo sviluppo imprenditoriale e con un tessuto produttivo fatto di investimenti, risorse umane e strategie. Una politica che favorisce le alleanze strategiche, ma indebolisce gli investimenti.

Arabia Saudita: un leader, ma fino a quando?
Per quanto riguarda il settore energetico, l’Arabia Saudita investe da anni anche nelle energie alternative oltre che nel petrolio e nel gas. Il problema sta nell’avere voluto dialogare all’esterno del quadrilatero dorato mediorientale. Questo ha prodotto una necessaria metamorfosi nell’accettare parametri economici e politici altrui, Usa in primis.

L’Arabia Saudita è venuta meno alla complicità con i suoi alleati storici, ragionando come uno Stato a sé. In questo scenario, però, non è da sottovalutare che anche gli altri Paesi hanno adottato politiche solitarie e viaggiano tutti su binari diversi, che un tempo erano paralleli. Tutta la regione ha voluto prendere le distanze dall’emirato del Qatar, evidenziando una diversa visione in ambito religioso, politico ed economico.

Libia e Iran: gli aghi della bilancia
Libia e Iran sono due Paesi che nel loro cammino hanno avuto diversi incidenti di percorso, chi per cause politiche che hanno determinato conflitti bellici che ancora oggi esistono, chi per decisioni politiche radicali. Una Libia a cui tutti sono interessati e che viene osservata con rispetto, senza alcun intervento pressante da parte di altri Paesi arabi, ma che è ufficiosamente terra di conquista per molti. E la Repubblica teocratica degli Ayatollah, tra le montagne russe di embarghi e continue sanzioni, è l’ago della bilancia in un Medio Oriente che continua ancora oggi ad influenzare scelte, alleanze e rapporti politici di diversi Paesi.

Un futuro ricco di sorprese
Sicuramente stiamo assistendo ad un cambiamento generale internazionale mai visto prima. Il cambiamento di usanze, costumi, tradizioni e libertà religiose è un fattore da interpretare come segno di una nuova visione da parte di alcuni signori di forte ortodossia che negli ultimi anni hanno voluto mettere in atto un restyling politico, economico e culturale per far si che l’interesse per il proprio Stato possa essere di gradimento maggiore sulla scena internazionale.

Sul piano energetico abbiamo difficoltà a seguire una roadmap che prima era sicura e che nessun poteva stravolgere, come conseguenza della situazione politica. I prossimi mesi, vista la velocità dei cambiamenti, porteranno altre sorprese e decisioni inaspettate – o meglio non scontate – da parte di territori e regimi politici che dovranno, per una sopravvivenza interna ed esterna, ridefinire e ristrutturare i propri rapporti esteri e di cooperazione bilaterale.

*Presidente della FederPetroli Italia. 

Napoli, 29 gennaio 2019