mar 26 NOVEMBRE 2024 ore 14.52
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Dalla Sacramentalizzazione alla Formazione

di Don Giulio Cirignano

        Per continuare a dare concretezza alla proposta di cambiamento, l’ambito che viene immediatamente in mente è quello di una più consapevole gestione della ricca realtà sacramentale. Come Chiesa siamo immersi in una vasta, abitudinaria prassi di diffusa sacramentalizzazione. E’ una sfida da vincere.

       Per comprendere la necessità di passare dalla sacramentalizzazione alla formazione di coscienze cristiane mature può essere utile richiamare la celebra affermazione paolina che troviamo della prima lettera ai Corinti: “Cristo non mi ha mandato a battezzare ma a predicare il Vangelo” (1,17). L’Apostolo non dice questo perché non stimasse il battesimo. Tutt’altro. Nella lettera ai Romani lascerà a beneficio di tutte le generazioni cristiane un’altissima lezione proprio sul battesimo (Rm. 6,3-14). Paolo aveva grande considerazione per il battesimo ma sapeva anche che al di fuori di una robusta formazione e coscienza dell’identità credente, fuori della comprensione del Vangelo il sacramento perde consistenza e fondamento. Purtroppo la consuetudine del battesimo ai bambini ha fatto smarrire in molti cristiani adulti questa consapevolezza. Ma in questo caso la fede dei genitori e il loro impegno ad educare il figlio supplisce la inconsapevolezza del bambino. E’ chiaro, tuttavia, che solo una adeguata conoscenza dell’ esperienza cristiana conferisce legittimità alla fruizione sacramentale.

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     Siamo tornati al tempo di San Paolo. Una profonda robusta ignoranza regna allegramente incontrastata. In gran parte dei nostri fratelli di fede l’educazione ricevuta nell’infanzia ha lasciato solo labili tracce. Quasi niente si conosce della Parola di Dio, poco si sa della sua natura, cosa dobbiamo chiedere alla Bibbia e cosa non possiamo cercare in essa. Arabo!

        Certo c’è ancora una percentuale di fedeli che ha consapevolezza di cosa va a fare quando va a Messa. Quanti? E’ difficile dire. Il Concilio aveva rimesso al centro della vita cristiana la Parola, l’eucarestia, la riconciliazione, il rapporto fede e vita. Quanti sono in grado di goderne appieno? E’ rispuntato il Catechismo della Chiesa Cattolica: qualcosa ha prodotto certamente. Dobbiamo tuttavia dire che si è privilegiato la scorciatoia al posto dell’autostrada! Non possiamodimenticare positive esperienze di movimenti e associazioni cristianamente ispirate. Ma in che percentuale hanno inciso? Non sono forse esperienze minoritarie? Non solo. Alcune di esse, poi, non sembrano particolarmente rispettose dell’anima evangelica della proposta credente. Sono state messe in fuori gioco dalla irruzione di Papa Francesco. Fingere di non accorgersi di ciò non serve. L’unica cosa seria da fare è prendere atto della novità e della sofferenza che si è seminato nella comunità cristiana privilegiando fragili logiche e problematiche convergenze quali quella tra Vangelo e potere, Vangelo e interessi, Vangelo e arroganza.

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       Altre domande non possiamo evitare di fare: come mai proprio nelle zone tradizionalmente cattoliche del popolo italiano il tasso di idolatria consumistica e quel che è peggio di criminalità organizzata è più alto? Come mai più tenace è la resistenza verso le aperture umanitarie di Papa Francesco? Come mai più ottusa la chiusura verso gli immigrati? Come mai più alta l’idolatria del denaro? Sì, l’ignoranza e l’estraneità al vangelo regnano sovrane.

     Allora guardiamo la realtà con fermezza e senza paure, sicuri che lo Spirito spira dove vuole e come vuole. A noi resta l’obbligo di non illuderci e di non falsificare i dati, premessa fondamentale per privilegiare la formazionenei nostri programmi pastorali.

     Pare che la Chiesa italiana in questi cinquanta anni del post Concilio abbia fatto una scelta diversa. Ossessionata dalla crescente mancanza del clero e arricchita dell’otto per mille ha arruolato un vasto, internazionale bracciantato liturgico cultuale, con il devastante risultato di inchiodare la comunità ecclesiale al ruolo di stazione di servizi cultuali. E tutto ciò, paradossalmente, nel momento in cuiè più alto il bisogno di reimpostare dalle fondamenta un percorso di formazione.Non dobbiamo certo fare di ogni erba un fascio. Lo scambio di sacerdoti può essere un fatto positivo. A patto però che essi vengano seguiti ed accompagnati in un percorso di inculturazione. Ma ciò non è avvenuto a svantaggio sia di chi è ben formato sia di chi lo è meno.

Napoli, 29 aprile 2018