Natura e forma della schiavitù moderna
Natura e forma della schiavitù moderna
di Martina Tafuro
Abbiamo bisogno di cambiare punti di vista, tutti insieme.
La semplicità è mettersi nudi davanti agli altri
La semplicità è mettersi nudi davanti agli altri.
E noi abbiamo tanta difficoltà ad essere veri con gli altri.
Abbiamo timore di essere fraintesi, di apparire fragili,
di finire alla mercé di chi ci sta di fronte.
Non ci esponiamo mai.
Perché ci manca la forza di essere uomini,
quella che ci fa accettare i nostri limiti,
che ce li fa comprendere, dandogli senso e trasformandoli in energia, in forza appunto.
Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà.
Mi piacciono i barboni.
Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle,
sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima.
Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo.
Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore.
Alda Merini
Nohimayu – L’incontro Amazzonia: gli Yanomami e il mondo degli altri. Storia della Missione Catrimani.(EMI editrice)
Papa Francesco, ha detto: “L’Amazzonia è una terra disputata. Voi con la vostra vita siete un grido rivolto alla coscienza di uno stile di vita che non è in grado di misurare i suoi costi. Voi, popoli originari dell’Amazzonia, siete memoria viva della missione che Dio ha affidato a tutti noi: avere cura della casa comune”.
Negli ultimi tempi, si discute molto di popoli indigeni e di come costruire percorsi in grado di dome fermare la depredazione dei loro territori.
Riflettendoci su, però, mi chiedo: “ Quanto mi interessa ciò che loro pensano, ciò che loro sanno?”. La domanda mi nasce dalla riflessione sul fatto che, forse, le loro culture sono state inquadrate nei nostri dogmi perdendo la loro originalità.
Cioè, noi siamo in grado di essere collocati nell’universo simbolico della loro quotidianità?
Chi, di voi, ha contezza di ciò che loro pensano delle nostre azioni per salvaguardare il loro essere popolo?
E, allora: “Perché infastidire gli indios, con le nostre campagne a salvaguardia di chi sa che cosa?”.
Questi sono popoli che vivono in armonia e continuano a vivere felici. Andare a rompere irrimediabilmente l’equilibrio che li ha tenuti in vita fino ai nostri giorni, perché? .
Mons. Servilio Conti, nel marzo 1966, vescovo di Roraima, territorio, divenuto in seguito stato dell’Amazzonia brasiliana, ha cercato di metterci una pezza. Nell’ottobre del 1965, due missionari della Consolata fondarono, tra gli Yanomami, la Missione Catrimani.
La nuova comunità era il frutto di modelli innovativi, non c’era nessuna imposizione neocolonialista, basata sulla condivisione della vita e della cultura, una modalità d’incontro indigena, nohimayu appunto.
Era contro gli invasori di ogni tipo, interessati a impossessarsi, con ogni mezzo, delle ricchezze amazzoniche. La Missione Catrimani è la testimonianza di un nuovo modo di fare Chiesa, rivoluzionario e profetico.
Pierre e Mohamed Algeria, due martiri dell’amicizia (EMI editrice)
Amicizia, martirio e dialogo tra islam e cristianesimo si fondono in una storia conclusasi tragicamente, ma non senza dare frutti.
Pierre e Mohamed, si ispira alla vicenda di monsignor Pierre Claverie, il vescovo cattolico di Orano beatificato da papa Francesco e del suo amico musulmano Mohamed Bouchikhi, assassinati in Algeria l’1 agosto 1996, durante il periodo del terrorismo che colpì anche i monaci di Tibhirine.
Due amici: Pierre Claverie, un vescovo cattolico, Mohamed Bouchikhi, un giovane musulmano.
Il primo ha scelto di restare in Algeria per testimoniare Cristo dentro la violenza del terrorismo. Il secondo ha deciso di diventare il suo autista.
Intorno a questi due personaggi, reali come la vita e la morte, infuria la guerra civile: siamo nell’Algeria degli anni Novanta, 150mila morti ammazzati nello scontro fratricida fra integralisti islamici e militari.
Queste due voci raccontano un’amicizia in grado di vincere, spiritualmente, anche la morte: il vescovo Pierre che resta a fianco del suo popolo come chi rimane “al capezzale di un fratello ammalato, in silenzio, stringendogli la mano”.
Per questo motivo oggi la chiesa lo riconosce martire.
E l’autista Mohamed, ben consapevole del rischio, che resta accanto all’amico cristiano in pericolo di vita.
Fino alla fine, fino a quel drammatico 1 agosto 1996. In queste pagine Pierre e Mohamed, ricostruiti con squisita profondità e impareggiabile delicatezza da Adrien Candiard, ci trasmettono un’incrollabile verità: “Amare non è forse preferire l’altro alla propria vita?
Senza la morte non ci sarebbe nulla da preferire a noi stessi”.
Al funerale di Claverie prende parte una folla di fedeli islamici perché,dicevano, “era anche il nostro vescovo”.
L’amicizia di Pierre e di Mohamed diventa un esempio della forza disarmata dell’umanità che sa sconfiggere la violenza.
Il potere e la ribelle. Creonte o Antigone? Un dialogo.(EGA Edizioni Gruppo Abele)
Questo libro è il frutto di un dialogo tra due giudici, Livio Pepino e Nello Rossi.
Il dibattito si anima sui concetti di legge e di ribellione, uno scontro di personalità fra Antigone, l’eroina disobbediente alle leggi ritenute ingiuste, e Creonte, il potere costituito.
Una tragedia moderna che si ripete nella politica, nella società e nella giustizia di oggi. Di Antigone, la tragedia di Sofocle, nel corso dei secoli si è scritto tanto.
La storia è nota: davanti alla legge emanata da Creonte che negava degna sepoltura al di lei fratello Polinice, lei si rifiuta appellandosi a una legge divina, più alta.
Creonte, colpito nel suo potere politico e temporale, la condanna a morte, per poi tornare sui suoi passi quando ormai era troppo tardi.
Un’opera che mette in scena le questioni di sempre dell’etica e della politica, l’autorità, il potere, la libertà, la giustizia, la ragion di Stato, la pietas. Una tragedia così moderna da aver colpito scrittori e filosofi di ogni tempo.
Il dialogo fra i due giudici avviene da posizioni dichiarate, e si dipana a partire dall’attualità messa a confronto col dramma sofocleo.
“Carola come Antigone!” dice Livio Pepino, in un parallelismo con la capitana della Sea-Watch Carola Rackete.
“Se la metti così, cominciamo male” è la risposta di Nello Rossi, che durante tutto il dialogo cerca di sviscerare le ragioni di Creonte e togliergli la patina di male incarnato che in molti gli hanno attribuito nel corso della storia.
In sei capitoli i due giudici analizzano i miti moderni e i simboli della ribellione al potere, dal tema del Tav alle Ong, che salvano migranti in mare, toccando poi i temi del governo della giustizia, dei giudici e della disobbedienza civile come reazione alle leggi ingiuste.
Antigone è un’eroina o solo una ribelle incapace di progettare un mondo nuovo? Creonte è solo un tiranno, cinico e spietato, o una figura tridimensionale in continua tensione fra la fedeltà alla legge e la responsabilità di applicarla, fra la ragione e il cuore?
”Sullo sfondo resta, evidente, il rapporto tra storia e utopia o, anche, tra riforma ed eresia”.
Chi siamo, nella vita, fra Antigone e Creonte?
Napoli, 4 novembre 2019
Sono Martina Tafuro e ho 22 anni: laureata in Economia Aziendale alla Federico II. Scrivo per cercare di capire chi sono e dove sto andando, per dare sfogo alla mia inquietudine. Il mio desiderio più grande è quello di conoscere il mondo e i suoi meccanismi, partendo dall’indagine dei suoi più piccoli tasselli: le persone. Credo in un mondo più equo, ma sono già follemente innamorato di questo.