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Vivere è un atto di fede, non metterci una pietra sopra
di Matteo Tafuro

“Non desidero una rosa a Natale più di quanto possa desiderar la neve
a maggio: d’ogni cosa mi piace che maturi quand’è la sua stagione”.
William Shakespeare, Pene d’amor perdute

 

Con la venuta delle belle giornate esco prima di casa… già c’è traffico per strada.

Un gran numero di persone partono, arrivano o si spostano semplicemente. Lungo la strada che percorro per raggiungere i mezzi di trasporto che mi porteranno all’università, passo sotto ad un ponte dell’autostrada e sento sfrecciare sopra di me molti autotreni.

personeChe cosa muove tutte queste persone?

Per quale motivo si alzano al mattino presto, si mettono in viaggio, scambiano e trafficano?

La risposta immediata e più semplice e che lo fanno per denaro o per interesse.

Se però rifletto oltre le apparenze, mi accorgo che dietro un uomo che si mette alla guida di un tir, una donna che cerca di raggiungere trafelata il suo ufficio, ci sono figli, mogli, genitori.

In definitiva ci sono esseri umani che vivono con il frutto di quel lavoro, è questo il motore che li fa saltare dal letto appena suona la sveglia, li costringe ad andare a letto tardi, li fa correre durante il giorno?

Ligabue direbbe che vivere e un atto di fede, non è un complimento, un qualcosa che si appella solo alle proprie qualità.

Insomma, qualcuno ha fiducia nell’affidarsi come atto che va oltre, che permette di scorgere un orizzonte e la luce anche nelle notti più cattive.

Ma è un affidarsi continuo, non solo nei momenti esistenziali contrassegnati dal buio.

Ma, occorre lottare contro le sopraffazioni, l’indifferenza civile, perché c’è ancora tanta bellezza da scorgere in ogni momento di vita. Vivere significa assaporare a fondo, ogni giorno, la propria quotidianità.

Quanto sarebbe bello e utile ripulire la vita da tutte le sedimentazioni con cui la vostra civiltà dei consumi l’ha ricoperta e allora sì che dietro i vostri affari ci sarebbe di più, quel di più, spesso oscurato dagli interessi dei pezzenti. 2

“Ho visto tanti giuda tutti in buona fede e ho visto cani e porci fatturare a chi gli crede”, canta il Liga.

I maître a penser dell’economia, invece, guardano nel mondo solo i consumatori che, come degli automi, investono per massimizzare le loro rendite finanziarie.

Economisti di tutto il mondo uscite dai vostri modelli teorici, parlate con la gente in carne e ossa e vi accorgerete che le donne e, perché no, anche gli uomini vanno nei mercati, perché devono fare la spesa e cucinare qualche leccornia per i propri figli o invitare a cena i compagni di liceo: “è tutto scritto ed è qui dentro e viene tutto via con me tu che cosa vedi tu che cosa vedi c’è ancora un orizzonte lì con te, di tutta la vita passata questo e il momento…”.

Ti accorgerai così che tanti individui risparmiano per consentire ai figli di studiare in una buona università o per lasciargli qualcosa.

4E poi scoprirai che dietro a chi lascia i propri figli in un altro continente per occuparsi dei vostri figli o dei vostri genitori c’e molto, moltissimo altro.

Siate ancora capaci di vederli guardando negli occhi la gente: “c’e ancora un orizzonte li con te vivere e un atto di fede mica un complimento… questo e il mio atto di fede”.

Gli economisti dovrebbero incontrare l’economia di chi cucina per la famiglia, fa lezione in classe, di chi ogni mattina apre l’edicola e cosi si libererebbero dal potere dell’asfissiante economia immaginata.

Se riuscissimo a vedere l’economia dell’oncologa alle prese con i suoi malati, la scopriremo piena di umanità e di vita. E se tutto questo lo chiamassimo amore?

Nola, 6 aprile 2025